,Leo Valiani.
Nato a Fiume nel 1909 sotto l'Impero austro-ungarico ora in Croazia, in una famiglia di origine ebraica, si chiamava all'anagrafe Leo Weiczen e il suo cognome fu italianizzato in Valiani nel 1927. Avverso al fascismo sin da ragazzo, fu mandato al confino (1928) nell'isola di Ponza, dove aderì giovanissimo al Partito comunista d'Italia. Successivamente (1931) fu condannato a cinque anni di carcere per la sua attività cospiratoria nelle file del Pcd'I.
Fuggito in Francia, collaborò al settimanale del partito Il Grido del Popolo e al quotidiano filocomunista La Voce degli Italiani, diretto da Giuseppe Di Vittorio, ma si avvicinò anche ad ambienti marxisti eterodossi e strinse amicizia con Aldo Garosci e Franco Venturi, militanti di Giustizia e Libertà. Ruppe con il Pcd'I dopo il patto Molotov-Ribbentrop, nel 1939, e fu internato nel campo di concentramento di Vernet d'Ariège allo scoppio dellaseconda guerra mondiale.
In prigionia conobbe un altro ex comunista, Arthur Koestler, che divenne suo amico e gli dedicò un bel ritratto nel suo libro La schiuma della terra. Nel 1940, dopo l'invasione tedesca della Francia, Valiani riuscì ad evadere e rifugiarsi in Messico. Rientrato in Italia nel 1943, divenne esponente del Partito d'Azione nel C.L.N.A.I., organizzando, insieme a Pertini e ad altri esponenti della resistenza antifascista, l'insurrezione dell'aprile 1945.
Dopo la guerra fu deputato nell'Assemblea Costituente e quando il Partito d'Azione si sciolse, si ritirò dalla politica attiva e divenne giornalista. Aderì successivamente (1956-1962) al Partito Radicale e, negli anni ottanta, al Partito Repubblicano Italiano (come indipendente). Tornato al giornalismo, collaborò con "Il Mondo", "L'espresso" e il "Corriere della Sera". Fu nominato senatore a vita nel 1980 da Sandro Pertini.Morì a Milano, 18 settembre 1999
Franco Venturi
Nato nel 1914 a Roma, trasferitosi a Torino con la famiglia,Franco
Venturi studiò nel Liceo Massimo
d'Azeglio, frequentato da un gruppo di giovani antifascisti raccolti intorno alla figura del professore Augusto Monti e fu arrestato con altri alla fine del 1931 e presto rilasciato
Nel 1932 Lionello Venturi,il padre, si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà
al fascismo e si trasferì con la famiglia a Parigi dove Franco s'iscrisse alla Facoltà di arte della Sorbona,
conobbe numerosi esponenti dell'emigrazione antifascista e aderì al movimento Giustizia e
Libertà di Carlo Rosselli
A Parigi si sviluppò l’interesse di Venturi
per l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, in un ambiente cosmopolita come
reazione al fascismo e al nazismo e rappresentava una novità all’interno del
panorama storiografico italiano. Erano temi su cui non solo il fascismo, ma
tutta l’« ideologia italiana » avevano imposto una sorta di damnatio
memoriae., malgrado – come ha osservato Gianpasquale Santomassimo – il
vero e proprio culto, presente in Croce e in Fortunato, dei martiri della
rivoluzione napoletana del 1799 .Nodo fondamentale la « continuità tra
l’ansia illuminista di libertà, di giustizia e di verità sul mondo e le
risposte che a questa diedero i movimenti socialisti, politici e intellettuali,
nell’Ottocento e nel Novecento
Nel 1939 la sua famiglia si era già trasferita a New York e Franco, quando cercò di raggiungerla, dopo l'occupazione tedesca di
Parigi, fu arrestato in Spagna e detenuto per quasi un anno nel sotterraneo di un
convento adibito a carcere. La fame sofferta gli suggeriranno di assumere il
soprannome Nada (niente, in spagnolo) nella lotta antifascista.
Consegnato alle autorità italiane nel marzo del 1941, fu incarcerato a Torino e poi trasferito ad Avigliano. Qui rimase fino
alla caduta di Mussolini.
Nella primavera del 1942,
Venturi aveva ottenuto il permesso di trascorrere nella casa torinese di Luigi
Salvatorelli una licenza dal confino fascista di circa un mese. Qui ebbe
l’occasione di incontrare i fondatori del gruppo clandestino del Partito d’Azione
di Torino. Tra di loro vi era Alessandro Galante Garrone, che ha raccontato
come la loro amicizia nacque anche all’insegna della scoperta del comune
interesse verso Filippo Buonarroti, un interesse figlio del medesimo
« spirito politico […] : la fiamma dell’emblema di Giustizia e
Libertà, accompagnato dal motto rosselliano di “Insorgere per risorgere” ».
( Galante Garrone gli dedicherà, nel dopoguerra, il suo volume su Buonarroti e Babeuf, con
cui la ricostruzione della figura di Buonarroti si profilava con più nettezza
come il vero e proprio « anello mancante » tra la rivoluzione
francese e quelle origini risorgimentali del socialismo italiano al centro
degli studi di Nello Rosselli.)
Testimone privilegiato della chiusura del mondo in due
blocchi contrapposti divenne Franco Venturi, quando fu per tre anni (dal 1947 al 1950) addetto
culturale dell’ambasciata italiana a Mosca, retta in quel periodo da Manlio
Brosio. Quando egli giunse a Mosca si stava completando il trapasso dalla fase
della collaborazione tra le potenze antifasciste a quella della guerra fredda.
L’ombra dello zdanovismo incombeva sempre più minacciosa su una cultura che si
richiudeva in se stessa. Nelle lettere inviate ai suoi amici azionisti torinesi
e a Leo Valiani, Venturi descriveva come una grande occasione perduta la
chiusura reciproca che si avviava a stabilirsi fra i due sistemi, e si
adoperava in ogni modo per combatterla. In questo modo egli esprimeva la
sua doppia appartenenza di rappresentante diplomatico dello Stato italiano e di
ambasciatore della Resistenza. C’era una « tela strappata » da
ricucire, e ogni « piccolo filo » poteva essere utile. Di qui
l’impegno, che affiora dalle sue lettere, a far conoscere le opere sulla
Resistenza italiana. Come hanno notato Aldo Agosti e Giovanni De Luna, la
cultura appariva a Venturi come una sorta di grimaldello per forzare la
chiusura del « muro contro muro » dello scontro ideologico, ma anche
come un modo di affermare una particolare accezione dell’identità nazionale,
che assumeva un valore ideale superiore a quello delle singole formazioni
politiche contingenti, in un tentativo di riscatto dell’ignominia e della
vergogna che era poi quello che aveva alimentato la scelta partigiana dei
giorni successivi all’8 settembre 1943. La volontà di Venturi e di Brosio non
riuscì ad avere però ragione dei limiti insormontabili incontrati in questa
direzione da una diplomazia ufficiale che nei suoi vertici restava pesantemente
segnata dalle sue complicità dirette con il fascismo
Per quarant'anni lavorò intorno
all'Illuminismo italiano ed europeo, pubblicando i cinque
volumi e quattro tomi del Settecento
riformatore, usciti dal 1969 al 1990, Franco Venturi morì
il 14 dicembre 1994
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