sabato 27 febbraio 2016

Fuocammare


La terra è di tutti i viventi,chi abita da generazioni in una parte d'essa ha stabilito radici più profonde, certamente..Fuocammare,i l film documentario di Rosi  premiato con l'Orso d'oro a Berlino narra le vite parallele degli abitanti di Lampedusa, che vivono della loro pesca, le donne cucinano meravigliosi spaghetti con sugo di pomodoro e molluschi appena tratti dal mare..e i ragazzini:Samuele tira con la fionda che si costruisce ,fa bersagli con i cactus quando non con gli uccellini..a scuola rimastica rudimenti d'inglese...ma ha qualche problema:un occhio"pigro",che deve esercitare, coprendosi quello buono;il mal di mare per cui il nonno lo invita ad esercitare lo stomaco sul pontile, quando ci sono le onde; e un affanno respiratorio,forse un'ansia per l'assenza dei genitori(di cui i l film non dice) o per la situazione dell'isola?
E poi i migranti,visti attraverso sequenze sempre più preoccupanti:prima recuperati a mare, rivestiti e nutriti; poi che fanno un rap epico sulla loro stessa storia,,che ha attraversato la morte e le sofferenze del deserto, delle prigioni libiche e del mare, ma loro-volontà di Allah!-sono i sopravvissuti, grati a dio per questa anabasi. Poi improvvisano una Coppa di calcio dei migranti, dove si sfidano Somalia ed Eritrea, Siria e Libia...I salvati ..e i sommersi:si vedono i disidratati,  gli ustionati.
gli asfissiati,.infine si rivelano i cadaveri, coperti da teloni.. Nella scena finale Samuel non tira più agli uccellini, ma fa confidenza con un piccolo in uno scambio di fischi e trilli..


video.repubblica.it/edizione/firenze/fuocammare-50-lettori.../228318


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martedì 23 febbraio 2016

Italia dal Risorgimento alla Resistenza



Il  Risorgimento italiano  fu un movimento patriottico ,politico e militare ,che si compì fra le guerre d’indipendenza dell’Ottocento e l’annessione di Trento e Trieste del 1919, sotto la direzione monarchico-liberale moderata  avviata dai Savoia con Cavour, con il concorso di varie componenti sociali,politiche, cultural-ideologiche(Mazzini, Garibaldi ecc).

Ma proprio sul piano sociale ed economico, culturale,  sappiamo che rimase incompiuto, critico , per varie ragioni. : il Risorgimento divenne una  rivoluzione mancata, nel senso di mancata riforma agraria, di estraneità delle masse popolari e in particolare delle contadine, di irrisolta, anzi tendenzialmente accentuata divaricazione fra Nord e Sud. Alla “questione meridionale” si era anche aggiunta  una “questione cattolica”, dopo la frattura con il Papa.
Dopo Cavour e i tentativi dei Governi della Destra e Sinistra storica, nel primo decennio del XX secolo parve una ripresa del Risorgimento avvenisse con i governi di Giolitti.
La Prima guerra mondiale,con l’irredentismo, conteneva aspetti del Risorgimento, tuttavia prendevano il sopravvento  componenti imperialiste che ne avrebbero minato il senso di giustizia. 
Anche per questo poi ci furono vent’anni di dittatura fascista, fino alla disastrosa Seconda guerra mondiale.
Il fascismo, per suo conto, aveva politicamente e storiograficamente cercato di accreditarsi lui, nella sua componente nazionalista da Gentile a Volpe a Rocco, come il vero realizzatore rivoluzionario dei destini risorgimentali, e questo  fra l’ apologia crociana del Risorgimento liberale, sua opposta revisione critica da parte dei Gramsci e dei Gobetti, nuovo protagonismo nazionale dei cattolici e della Chiesa dopo Partito Popolare e Patti Lateranensi
Ma il fascismo, fra le altre sue caratteristiche, era diventato interprete  di un imperialismo italiano  che non poteva avere a che fare se non con un’idea aberrante di Risorgimento
Il fascismo al potere nel segmento storico fra quel primo e quel secondo Risorgimento, poteva essere giudicato come  una malattia irrazionalmente sopravvenuta in un corpo sano come voleva la storiografia liberale, Croce in testa, ovvero l’inevitabile destino delle fallimentari classi dirigenti prefasciste cosiddette liberali, ovvero ancora l’espressione di un sovversivismo intrinseco alle classi dirigenti italiane, come l’aveva definito Gramsci
Per questo il fenomeno della Resistenza, da Matteotti fino alla Costituzione della Repubblica Italiana, poté essere definito come la continuazione vera e propria del Risorgimento. Durante i venti mesi di guerre partigiane ,poi,si  manifestò quella che Giorgio Bocca ha definito una “italianità eccezionale”, una mobilitazione che avvenne in un periodo in cui “fu veramente possibile superare i legami del censo, della religione, delle etnie per essere semplicemente uomini liberi”
 Nella sua opera “Guerra civile”, Aldo Pavone ha messo in luce la particolare complessità della Resistenza, al cui interno confluivano tre correnti distinte, corrispondenti a tre guerre differenti: patriottica, civile e di classe, ciascuna sorretta dalle proprie motivazioni
Quel che prevalse nell’interpretazione storica della Resistenza come ‘secondo Risorgimento’ fu la sua istanza di un profondo rinnovamento sociale e politico, della fondazione di una patria che si auspicava intrinsecamente rinnovata nei rapporti sociali e nelle istituzioni.
Secondo la definizione degli esponenti del “Partito d’azione” (Rosselli, Parri),si espresse  l’idea che l’antifascismo stesso costituisse un secondo appello all’insorgenza per risorgere (fondamentale, la guerra di Spagna rispetto al contesto europeo)
Con i Quaderni di Gramsci il PCI puntava ad accreditare se stesso e la classe operaia quali eredi della grande tradizione liberale del Risorgimento, dagli Spaventa a De Sanctis fino all’approdo di quella tradizione – con Antonio Labriola – nel marxismo e nel socialismo. Su questa linea, è noto, Togliatti era giunto ad esprimere un giudizio storicamente positivo sulla stessa politica di apertura ai socialisti praticata nel primo Novecento da quel Giolitti che era sempre stato la tradizionale bestia nera della cultura salveminiana, gobettiana e ordinovista; e ciò Togliatti aveva fatto non solo in polemica politica contro l’ostracismo democristiano alle sinistre, ma anche con l’obiettivo storiografico di sottrarre Giolitti all’apologia e in sostanza appropriazione neoliberale operatane da Croce.

Era stata davvero la Resistenza il compimento del Risorgimento nazionale? E se sì, erano state davvero le avanguardie della classe operaia forza propulsiva e trainante della Resistenza come la borghesia più avanzata lo era stata del Risorgimento? Era questa una condizione essenziale per interpretare storicamente il fallimento e la caduta del fascismo come sconfitta storica delle tradizionali classi dirigenti borghesi e come fine dell’egemonia borghese, e per accreditare di conseguenza la classe operaia come nuova classe trainante ed egemone, come la nuova classe nazionalmente dirigente. Tanto che Togliatti – più culturalmente sensibile al momento risorgimentale – ispirava una storiografia molto attenta alle analogie e alla continuità Risorgimento-Resistenza.
Sempre in questo senso, nell’aprile del 1945 da una rivista napoletana, «Aretusa»: «L’Italia in cui viviamo non è pensabile – ammoniva Ginzburg − senza il Risorgimento. Sorto da un impellente bisogno di adeguare il nostro paese … alla moderna cultura e vita politica europea, mentre gli Stati italiani erano tanti cadaveri dissepolti che al contatto dell’aria sarebbero andati in polvere …
A sua volta, il liberale Guido Dorso, in certe sue straordinarie pagine del 1944 sulla Teoria politica dei “partigiani”, aveva a sua volta avvertito: «Un nuovo incontro di Teano non appare probabile, poiché questo tipo di eventi storici presuppone l’assenza delle masse e la tendenza delle élites rivoluzionarie a transigere. Oggi, invece, il movimento partigiano si sviluppa attraverso il popolo, e ciò dovrebbe essere sufficiente a preservarlo da adulterazioni. Tutto il processo storico, iniziatosi col Risorgimento e limitatosi finora all’indipendenza nazionale, pare voglia concludersi con un nuovo Risorgimento, che artificiosamente si vorrebbe limitare al riacquisto dell’indipendenza, ma che in effetti … deve espandersi all’affermazione dell’autogoverno come unico mezzo per l’effettivo acquisto e garanzia della libertà». Mettiamo insieme le parole del torinese Ginzburg e del meridionale Dorso, il Risorgimento di quello con il nuovo Risorgimento di questo, e sarà chiaro quale destino di scontro politico dovesse attendere – repubblica, costituzione, strategie economico-sociali
Da parte del cattolicesimo si  proponeva invece la delaicizzazione e clericalizzazione del Risorgimento per sottrarlo all’egemonia interpretativa e marxista e liberale, così come nel 1955 – decennale della Liberazione – c’era stato un notevole e non banale sforzo (Malvestiti sul «Popolo» e storiograficamente Passerin d’Entreves su «Civitas» di Taviani) di cattolicizzare la Resistenza, enfatizzandone la dimensione religiosa

Costruttivamente critica era la visione proveniente dagli ambiti del Partito d’Azione: « Ora è tempo di agire : ma non si deve credere di essere quello che non siamo e di non essere stati quello che fummo. Non si passa facilmente dalla tirannia, che fu in gran parte quella delle nostre miserie e delle nostre passioni, alla libertà propria dei popoli che posseggono un costume che noi non abbiamo ancora conquistato ». In queste parole, pronunciate da Mario Bracci, vi era tutta la consapevolezza che l’azionismo ebbe del fatto che la ricostruzione non poteva coinvolgere solo gli assetti politici e istituzionali, ma doveva riguardare un piano più ampio, concernente la rigenerazione morale di un intero paese
Per concludere ,possiamo certamente definire la Resistenza come secondo Risorgimento dipanatosi in quella fase storica così decisiva e drammatica per tutte le forze politiche che avevano costituito il CLN.
Ma come per il Risorgimento, anche la Resistenza trovò dei limiti. In un popolo avvezzo a vent’anni di fascismo, rimaneva una parte non minima di  acquiescenti passivi ,confusi, indifferenti,  diffidenti, quando non ostili,per interessi personali o di ceto ,timorosi dei cambiamenti .Essi  avevano passivamente assistito e considerato la caduta del Fascismo ,l’avevano magari applaudita superficialmente, ma non a caso,nel referendum del’46 più di 10 milioni e mezzo si espressero per la conservazione della monarchia (contro i 12 milioni e mezzo per la Repubblica)
Come per altri aspetti, ancora una volta si produsse una distanza e differenza fra Sud e Nord, perché nel territorio meridionale non vi fu che breve tempo di partecipazione, subito  a ridosso della liberazione/occupazione americana, mentre fu a settentrione che gli italiani(di tutte le regioni,occorre dirlo)espressero con coraggio l’identità patriottica e civile. A seguito i limiti più importanti furono  quelli politici, esterni e internazionali, ma anche interni ai partiti prodotti dalla Resistenza.   La decrepita Carta albertina era stata sostituita da una Costituzione coraggiosa, limpidamente democratica, forse fin troppo preoccupata di imbrigliare ogni potere in un giuoco di contrappesi e di equilibri. Il suo impatto veniva però attenuato da studiati rinvii, da cautele interpretative e da vere e proprie lacune d’applicazione. Nel corso del primo decennio repubblicano il centrismo di De Gasperi,, artefice della politica atlantica in Italia, ebbe, infatti, quale effetto sul piano giudiziario quello di congelare la massa di processi contro i crimini di guerra e di rendere, di contro la Resistenza perseguibile di reati di violenza, animando un acceso dibattito sulla legittimità della guerra partigiana. Certamente pesarono le condizioni imposte dal clima di “guerra fredda”e dall’essere il nostro Paese sotto controllo internazionale americano.
Nel 1947, la rivista « Il Ponte » dedicava un suo fascicolo alla Crisi della Resistenza: Salvemini e Calamandrei la inserivano in un contesto internazionale mutato che faceva sì che le forze unite nella Resistenza si stessero combattendo mettendo in pericolo la pace mondiale ; sul piano nazionale si lamentava la mancata sistemazione, da un punto di vista legislativo, delle conquiste ottenute. Anzi Peretti Griva e Galante Garrone denunciavano come l’avere lasciato in vigore la legislazione vecchia consentisse di trasformare in atti criminali di « ribelli » le azioni partigiane. Erano questi i frutti della mancata epurazione la quale per essere efficace, notava Arturo Carlo Jemolo, avrebbe dovuto colpire 100 nomi e non di più. Vittorio Foa, infine, retrodatava la crisi della Resistenza all’estate del 1944, quando le scelte politiche nazionali e internazionali che erano seguite allo sbarco alleato in Occidente e alla liberazione della Francia e di Roma, avevano gettato i semi della futura sconfitta delle speranze resistenziali.

Così Pasolini ebbe a definire, negli anni’50 ,che erano rimaste solo”le ceneri di Gramsci” e la Resistenza veniva tradita nelle sue istanze di defascistizzazione delle strutture statali e dell’apparato burocratico, di radicalità laica, di rinnovamento dei rapporti sociali e democratici come lo si era embrionalmente vissuto nei CLN settentrionali.
Eppure,prima e dopo lo snodo del ’48, venne rilanciato ancora lo spirito militante della Resistenza nel ’56,  con l’opposizione di popolo al torbido tentativo Tambroni di riportare i neofascisti nell’area di governo e di bloccare la nascita del centro-sinistra .Per arrivare alla fine degli anni ’60, quando un grande movimento intraprese anche in Italia , come in tutto  Mondo occidentale,il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, degli studenti, delle donne, delle minoranze e differenze-
Infine, possiamo ben dire che in Italia, Risorgimento, Resistenza,  non han mai finito di compiere il loro percorso, e paiono alternarsi a periodi di reazione da parte delle forze antidemocratiche, oscurantiste del progresso.


(sintesi da interventi  sul tema da parte di Umberto Carpi,Giovanni Felice,Guido Levi,Aldo Pavone, Giorgio Bocca, Michela Ponziani, Leonardo Casalino)

domenica 21 febbraio 2016

Gli antifascisti:Amadeo Bordiga,comunista eterodosso

Amadeo Bordiga (Ercolano, 13 giugno 1889  Formia, 25 luglio 1970) è stato un politico italiano. Fu a capo della principale corrente (quella degli astensionisti del PSI) che portò alla fondazione del Partito Comunista d'Italia dopo la scissione avvenuta al Congresso di Livorno del PSI nel 1921. Da militante rivoluzionario, lottò apertamente contro l'egemonia stalinista nella Terza Internazionale e "contro le degenerazioni del movimento rivoluzionario mondiale
La formazione di Bordiga fu di carattere scientifico. A differenza della quasi totalità dei politici moderni, egli, abbracciando il marxismo, sottopose fin da ragazzo la teoria politica a una visione scientifica .
L'ambiente familiare fu fondamentale nella formazione del giovane rivoluzionario, che seppe fondere la scienza con l'arte, come ebbe a dire nel 1960 a proposito dell'intero movimento rivoluzionario. Con queste premesse, Bordiga si laureò in ingegneria al Politecnico di Napoli nel 1912.Nel 1910 aveva aderito al Partito Socialista Italiano.
L'opposizione dei socialisti radicali alla guerra italo-turca lo vide in prima linea nelle assemblee e in piazza, come registrano i rapporti di polizia.
Allo scoppio della guerra, nel 1914, si distinse per la sua campagna rigorosamente antimilitarista. Nel 1915 fu chiamato alle armi e dovette sospendere l'attività aperta contro la guerra. Esonerato dal servizio attivo per grave miopia, riprese l'attività politica presentando nel partito, nel 1917, una mozione contro la formula ambigua e fuorviante di "né aderire né sabotare". Allo scoppio della Rivoluzione d'ottobre nell'ottobre del 1917, aderì al movimento comunista internazionale e formò la "Frazione Comunista Astensionista" all'interno del PSI. Al congresso socialista di Bologna del 1919 Amadeo Bordiga, aderente ai principi della Rivoluzione d'ottobre, in cui vedeva la corretta rotta che avrebbe dovuto seguire il Partito Socialista Italiano, propose di cambiare il nome del partito con quello di "Partito Comunista" e di espellerne i moderati "socialisti riformisti" di Filippo Turati. Infatti Bordiga, convinto dell'incompatibilità tra socialismo e democrazia, riteneva che "il proletariato poteva davvero impadronirsi del potere politico solo strappandolo alla minoranza capitalista con la lotta armata, con l'azione rivoluzionaria", e pertanto il partito non avrebbe nemmeno dovuto partecipare alle elezioni. La sua corrente fu definita "comunista astensionista".
Fu questa corrente, alla quale si affiancò quella torinese de L'Ordine Nuovo di Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, a uscire dal PSI a Livorno nel gennaio1921 per formare il Partito Comunista d'Italia (Pcd'I). Era l'epilogo di una lunga divisione interna ai socialisti, che fin dal 1919 si erano trovati nel dilemma se accettare o meno interamente le condizioni poste da Lenin per entrare nella Terza Internazionale.
Nonostante l'appoggio di Lenin ai comunisti italiani contro i riformisti del PSI, le posizioni astensioniste di Bordiga furono criticate dallo stesso Lenin in L'estremismo: una malattia infantile del comunismo (cui Bordiga rispose negli anni cinquanta con un saggio contro i falsificatori di Lenin). Sotto la guida carismatica di Bordiga, il Partito Comunista d'Italia si avviò ad essere un organismo assai dissimile dagli altri partiti che avevano aderito all'Internazionale
Bordiga fu eletto nel Comitato centrale del Pcd'I e vi rimase fino al suo arresto nel 1923. Nel giugno egli e gli altri dirigenti arrestati vennero sostituiti alla direzione del partito per ordini di Mosca. Assolto al processo, rifiutò di entrare nel comitato esecutivo. Nel 1926 partecipò al Congresso clandestino di Lione, dove la Sinistra fu messa in minoranza dai centristi allineati a Mosca (Gramsci, Togliatti, Terracini, tra gli altri, si erano schierati con il campo che si stava delineando come stalinista) con vari espedienti, nonostante disponesse ancora della stragrande maggioranza dei voti congressuali.
Subito dopo il Congresso di Lione fu arrestato e inviato al confino nell'isola di Ustica, dove con Gramsci contribuì a organizzare la vita dei prigionieri. Al rilascio fu sempre più emarginato dall'attività politica finché il 20 marzo 1930 venne espulso per aver difeso Lev Trotsky nonostante le divergenze con lui
Per diversi anni non poté più svolgere politica attiva, controllato notte e giorno dalla polizia fascista.
Bordiga aveva un rapporto quasi paterno e protettivo nei confronti del giovane Gramsci, fisicamente poco adatto alla dura lotta politica del tempo, in ambiente di guerra civile. Cercava di assecondare come poteva "il suo lento evolvere dall'idealismo filosofico al marxismo". Gli fu amico anche nei momenti di dura polemica.
Quando il gruppo gramsciano si avvicinò alla Sinistra, reputò "leale" il titolo della sua rivista, che non parlava di Classe, Stato e Società come facevano i comunisti, ma genericamente di "Ordine Nuovo". Alla fine del 1926, nel confino di Ustica, nel quale si trovarono insieme per qualche tempo, Bordiga e Gramsci organizzarono una "scuola di partito" per prigionieri dove nessuna "materia" era esclusa. Di comune accordo, tenevano a turno "lezioni" in cui l'uno esponeva la materia secondo le tesi dell'altro.
In seguito allo sbarco alleato e allo spostamento al Nord del fronte di guerra nel 1944, intorno a Bordiga si raccolsero i vecchi compagni del 1921. Con la guerra ancora in corso, furono presi contatti clandestini con i compagni del Nord. Nell'immediato dopoguerra vi furono le prime riunioni congiunte, ma Bordiga rifiutò di far parte del partito se fosse rinato nuovamente sulle basi della vecchia Internazionale degenerata. Iniziò quindi a collaborare al periodico "Battaglia Comunista" (1945), organo del neo-costituito Partito Comunista Internazionalista.
Dal 1945 partecipò, alquanto dall'esterno, all'organizzazione del Partito Comunista Internazionalista. che in seguito a un'ulteriore scissione, avvenuta nel 1964, acquisirà la denominazione di Partito Comunista Internazionale.
Il nuovo organismo si basava sul "centralismo organico", già rivendicato negli anni venti, e ora più significativo che mai, nel senso di un rifiuto del modello organizzativo della Terza Internazionale ("centralismo democratico"). Continuava comunque a denunciare "da sinistra" l'Unione Sovietica, rimanendo fedele almarxismo e a Lenin, criticando e denunciando lo stalinismo come corollario orientale degli Stati Uniti nella controrivoluzione mondiale.

Nel 1964-66 fissò in ulteriori tesi quelle che avrebbero dovuto essere le basi storiche e organizzative del partito rivoluzionario, coadiuvate dall'intenso lavoro di "difesa del programma" e di "restaurazione teorica" iniziato nell'immediato dopoguerra. Morì il 25 luglio del 1970.

sabato 20 febbraio 2016

Gli antifascisti: Lelio Basso e Sandro Pertini

Lelio Basso nacque nel 1903 a Varazze da una famiglia della borghesia liberale.
Nel 1916 i Basso si trasferirono a Milano, dove il giovane Lelio frequentò il liceo classico Giovanni Berchet. Nel 1921 si iscrisse alla Facoltà di Legge dell'Università di Pavia e aderì al Partito Socialista Italiano. Studiò la dottrina marxista e fu al fianco di Piero Gobetti durante il breve periodo di pubblicazione della rivista politica La Rivoluzione liberale.
Lavorò per diversi giornali e riviste, tra cui  Avanti!,  che diresse nel 1928, inizialmente da Genova e poi da Milano.
Nell'aprile 1928 fu arrestato a Milano ed internato sull'isola di Ponza, dove studiò per la sua laurea in Filosofia.
Tornò a Milano nel 1931 e mentre faceva pratica da avvocato si laureò con una tesi su Rudolf Otto. Nel 1934 tornò a fare politica in qualità di direttore del Centro interno socialista. Questo impegno fu però interrotto da un ulteriore arresto e la successiva reclusione nel campo di concentramento di Colfiorito (Perugia) dal 1939 al 1940.
Dopo lunghi, segreti preparativi, fu presente a Milano alla fondazione del Movimento di Unità Proletaria (MUP) il 10 gennaio 1943. Dopo il 25 luglio il movimento si unì al Partito Socialista Italiano (PSI) per formare il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), in cui Basso rappresentava una delle figure dirigenti[. Nel 1943Basso rifiutò la politica partitica per fondare il giornale clandestino Bandiera rossa e nel 1944 avanzò, tra l'altro, la proposta di una Camera dei consigli che affiancasse la Camera dei deputati
Nel periodo precedente la Liberazione Basso fu membro attivo della Resistenza, ed insieme a Sandro Pertini eRodolfo Morandi fondò Alta Italia, il corpo esecutivo segreto dello PSIUP, che egli aveva la responsabilità di dirigere.
Dopo la Liberazione Lelio Basso fu eletto vicesegretario del PSIUP e, nel 1946, divenne deputato dell'Assemblea CostituenteIn sede diAssemblea costituente italiana si oppose alla tesi della continuità dell’ordinamento giuridico e della continuità in democrazia degli apparati burocratici alimentati dal fascismo, esprimendo una posizione minoritaria alla quale sarebbe rimasto fedele anche in seguito.
Dal 1946 al 1968 fu costantemente eletto alla Camera dei deputati. Fu eletto quindi senatore nel 1972 e nel1976.
Nel 1946 fondò la rivista Quarto Stato-
Al momento della scissione di Saragat (1947), Basso divenne Segretario del PSI, un ruolo che occupò fino al Congresso di Genova nel 1948. In quella veste, unitamente a Pietro Nenni rispedì "sdegnosamente al mittente" l'appello di Riccardo Lombardi, assieme ad Ignazio Silone e Giuseppe Romita per una riunificazione tra Psi,Psli e Partito d'Azione.
Nel 1950 non fu rieletto a livelli dirigenziali, per via delle sue visioni contrarie all'inclinazione stalinista del partito a quel tempo.
Basso fu uno dei leader del nuovo partito e ne fu presidente dal 1965 fino al 1968, quando, a seguito dellaPrimavera di Praga, le truppe del Patto di Varsavia invasero la Cecoslovacchia. Basso non approvò infatti la decisione del PSIUP di non condannare l'invasione ed abbandonò pertanto il partito: anni dopo definirà un errore aver partecipato alla scissione del 1964 e i "bassiani" finiranno per rientrare nel PSI dopo lo scioglimento del PSIUP.
Lelio Basso fondò e scrisse per numerose pubblicazioni internazionali. Era famoso in tutta Europa in qualità di avvocato penalista.
Sedette nel Tribunale Russell, il tribunale internazionale creato e presieduto da Bertrand Russell per giudicare  i crimini di guerra americani commessi nella guerra del Vietnam.
Nel 1973 lavorò per costituire un secondo Tribunale Russell per esaminare la repressione portata avanti inAmerica Latina e lavorò inoltre per fondare il Tribunale Permanente dei Popoli (costituito dopo la sua morte, nel 1979). Nel 1973 fondò inoltre la "Fondazione Lelio e Lisli Basso" a Roma e, nel 1976, la "Fondazione Internazionale" e la "Lega Internazionale per i Diritti e la Liberazione dei Popoli".
Morì a Roma il 16 dicembre 1978.

Alessandro Pertini, detto Sandro (San Giovanni di Stella, 25 settembre 1896  Roma, 24 febbraio 1990), è stato un politico, giornalista e partigiano italiano. Fu il settimo Presidente della Repubblica Italiana, in carica dal1978 al 1985, secondo socialista (dopo Giuseppe Saragat) e primo esponente del PSI a ricoprire la carica.
Durante la prima guerra mondiale, Pertini combatté sul fronte dell'Isonzo, e per diversi meriti sul campo gli fu conferita una medaglia d'argento al valor militare nel 1917. Nel dopoguerra aderì al Partito Socialista Italiano e si distinse per la sua energica opposizione al fascismo. Perseguitato per il suo impegno politico contro la dittatura di Mussolini, nel 1925 fu condannato a otto mesi di carcere, e quindi costretto a un periodo di esilio inFrancia per evitare una seconda condanna. Continuò la sua attività antifascista anche all'estero e per questo, dopo essere rientrato sotto falso nome in Italia nel 1929, fu arrestato e condannato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato prima alla reclusione e successivamente al confino.
Nel 1943, alla caduta del regime fascista, fu liberato. Partecipò alla battaglia di Porta San Paolo nel tentativo di difendere Roma dall'occupazione tedesca. Contribuì poi a ricostruire il vecchio PSI fondando insieme a Pietro Nenni il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Nello stesso anno fu catturato dalle SS e condannato a morte; riuscì a salvarsi grazie a un intervento dei partigiani delle Brigate Matteotti.
Divenne in seguito una delle personalità di primo piano della Resistenza italiana e fu membro della giunta militare del Comitato di Liberazione Nazionale in rappresentanza del PSIUP. Da partigiano fu attivo soprattutto a Roma, in Toscana, Val d'Aosta e Lombardia, distinguendosi in diverse azioni che gli valsero una medaglia d'oro al valor militare. Nell'aprile 1945 partecipò agli eventi che portarono alla liberazione dal nazifascismo, organizzando l'insurrezione di Milano, e votando il decreto che condannò a morte Mussolini e altri gerarchi fascisti.
Nell'Italia repubblicana fu eletto deputato all'Assemblea Costituente per i socialisti, quindi senatore nella prima legislatura e deputato in quelle successive, sempre rieletto dal 1953 al 1976. Ricoprì per due legislature consecutive, dal 1968 al 1976, la carica di Presidente della Camera dei deputati, infine fu eletto Presidente della Repubblica Italiana l'8 luglio 1978, fino al 1985..
Dopo aver giurato, nel suo discorso d'insediamento Pertini ricordò il compagno di carcere ed amico Antonio Gramsci, e sottolineò la necessità di porre fine alle violenze del terrorismo ricordando, tra l'altro, la tragica scomparsa di Aldo Moro. Nel periodo della sua permanenza al Colle contribuì a fare della figura del Presidente della Repubblica l'emblema dell'unità del popolo italiano. La sua statura morale contribuì al riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni, in un momento difficile e costellato di avvenimenti delittuosi come quello degli anni di piombo.

Pertini morì  nel  febbraio 1990, all'età di 93 anni