venerdì 29 gennaio 2016

Una curiosità:la visita di Ghandigi In Italia

Gandhi visita l'Italia]
Gandhi a Roma con i "balilla"
 Gandhi compì un breve viaggio in Italia nel 1931: arrivò a Milano dalla Svizzera l' 11 dicembre, sostò due ore in stazione e ripartì subito per Roma. Faceva freddo, ovviamente, ma lui aveva indosso il suo solito dhoti bianco di khadi, forse di cotone, forse di lana.  
Il Duce aveva creduto di cogliere qualche analogia tra la politica gandhiana dello swadeshi, l' autosufficienza, e la sua "autarchia".Nella capitale, dove sosta per due giorni, Benito Mussolini approfitta della visita per cercare di impressionarlo con l'apparato militare del regime, accogliendolo con tutti gli onori assieme a molti gerarchi fascisti. Di Mussolini Gandhi scriverà:
« Alla sua presenza si viene storditi. Io non sono uno che si lascia stordire in quel modo, ma osservai che aveva sistemato le cose attorno a sé in modo che il visitatore fosse facilmente preda del terrore. I muri del corridoio attraverso il quale bisogna passare per raggiungerlo sono stracolmi di vari tipi di spade e altre armi. Anche nella sua stanza, non c'è neppure un quadro o qualcosa del genere sui muri, che sono invece coperti di armi. » (Gandhi sorrise ma mormorò «disgusting»)

Il desiderio di Gandhi sarebbe stato incontrare Papa Pio XI. Ciò però non avvenne: secondo i rapporti fascisti, egli si sarebbe rifiutato di ricevere Gandhi perché «non adeguatamente vestito»; secondo altri in realtà le vere motivazioni sarebbero state di carattere diplomatico (perché il Pontefice non voleva attirarsi critiche dall'Inghilterra) o religiose, visto le dichiarate simpatie per il Mahatma da parte di alcuni prelati protestanti.

Anni prima, nel '25, il Mahtama aveva scritto :« L'ultima guerra è stata una guerra espansionistica, per entrambe le parti. È stata una guerra per spartirsi il bottino dello sfruttamento delle razze più deboli – chiamato eufemisticamente mercato mondiale... Prima che cominci in Europa un disarmo generale - che prima o poi dovrà essere realizzato, se l'Europa non vuole andare incontro al suicidio – qualche nazione deve avere il coraggio di procedere autonomamente al proprio disarmo, accettando i gravi rischi che ciò comporta. »

mercoledì 27 gennaio 2016

Saul fia (Il figlio di Saul)

La voce dei sommersi nelle mani

Questo libro sfata il mito tragico del silenzio degli innocenti e la convinzione ancora più radicata che i "corvi neri" dei crematori fossero ebrei che avevano deciso di collaborare con i nazisti per distruggere i loro fratelli, rende la parola ai "sommersi", fa sentire la loro voce di testimoni integrali. Essi hanno scritto con la precisa consapevolezza di essere i soli cronisti che avrebbero potuto rendere conto dell'orrore, là dove l'orrore era assoluto
Il volume conteneva gli scritti di alcuni membri del Sonderkommando di Auschwitz: il corpo speciale, formato da ebrei, addetto allo “smaltimento” dei cadaveri dalle camere a gas alle fornaci. Anche coloro che facevano parte del gruppo venivano, a loro volta, sterminati ogni tre o quattro mesi, per non lasciare testimonianza degli orrori commessi dal regime nazista.

La rivolta del sonderkommando di Auschwitz]

L'episodio più importante (e forse più conosciuto) di resistenza dei sonderkommando avvenne il 7 ottobre 1944 quando i membri del sonderkommando di Auschwitz – nell'imminenza di una preventivata fine dovuta all'esaurirsi della deportazione degli ebrei ungheresi – si ribellarono alle SS uccidendone tre e facendo saltare un forno crematorio (Krematorium IV) con dell'esplosivo ottenuto grazie alla collaborazione di alcune donne "civili" polacche impiegate presso le fabbriche di munizioni dei dintorni.

La rivolta si risolse in un bagno di sangue, i deportati ribelli vennero sterminati e le SS intrapresero una serie di ricerche su coloro che avevano collaborato a procurare l'esplosivo e aiutato a farlo pervenire all'interno del campo. Il risultato di tali ricerche fu l'impiccagione di quattro donne polacche il 6 gennaio 1945: Ròza Robota, Ella Garner, Estera Wajcblum e Regina Safirsztajn

Il regista ungherese László Nemes ha ricavato questo film d’intense, crude emozioni, in cui la civiltà  e la religiosità di Saul tentano , sia pur vanamente,di resistere con ostinazione , a rischio della personale vita, che del resto sa destinata anch'essa all'olocausto, cercando in tutti i modi di dare onorata sepoltura al corpo del (presunto) figlio, opponendosi al primcipio della barbarie razionalizzata nazista delle camere a gas in cui si smaltivano   masse di corpi di ebrei  , zingari , ecc.nell’assoluta mancanza di rispetto dell’identità umana.


.https://youtu.be/I6MJZnDV27U

martedì 26 gennaio 2016

Film recentissimi per la memoria

Trailer

domenica 24 gennaio 2016

La memoria. Un secolo d'esilio, deportazione, sterminio



Si può pensare  che i grandi massacri degli armeni durante la Prima guerra mondiale all’interno dell’Impero ottomano siano stati un elemento fondante per ciò che successe poco dopo: il reciproco massacro  di greci e turchi provocato dall’invasione greca dell’Anatolia. Il Trattato di Lausanne che ha organizzato la successiva deportazione dei cristiani in Grecia e dei musulmani in Turchia è stato poi il precedente esplicitamente richiamato per tutte le grandi deportazioni e “scambi di popolazione” successive che hanno distrutto la natura varia e ricca dell’Europa orientale e poi del Vicino Oriente. .a essere colpiti dalla violenza di stato dei Giovani turchi furono non solo comunità cristiane ma anche i circassi e gli albanesi musulmani…. 
Anche concretamente: Mustafa Kemal Atatürk ha costruito un grande ceto medio imprenditoriale/militare etnicamente turco, impossessandosi dei beni di armeni e greci e passandoli ai suoi amici. 


Dalla Russia, dopo la vittoria dell'armata bolscevica guidata da Trotskij, un gran numero dello sconfitto esercito dei Bianchi ,  aristocratici, borghesi ecc.ingrossa le file dell'emigrazione verso la vicina Turchia, la Germania e la Francia, le cifre stimate parlano di circa 600.000 persone giunte in Germania.


Con l’affermarsi della dittatura fascista in Italia , fin dall'inizio degli Anni Venti, si verificò l’esodo quando molti militanti dovettero imboccare la via dell'esilio per sfuggire alle persecuzioni dello squadrismo, che puntava all'eliminazione fisica degli avversari o quanto meno a rendere loro la vita impossibile nei luoghi di residenza e di lavoro. Questo tipo di emigrazione riguardava soprattutto lavoratori ed esponenti locali dei partiti antifascisti, di politici e uomini di cultura – socialisti, comunisti, cattolici, repubblicani, anarchici, militanti del nascente movimento di Giustizia e Libertà, oltre a un numero rilevante di personalità che al pensiero politico liberale facevano riferimento per elaborare originali sistemi teorici diversi da quelli socialista, comunista, cattolico, democratico-cristiano – verso la Francia, la Svizzera, l’Inghilterra, gli Stati Uniti, e altri Paesi .
Vittime del fascismo italiano:
I 42 fucilati nel ventennio su sentenza del Tribunale Speciale.
Coloro che subirono 28.000 anni di carcere e confino politico. 
I 45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno.
I 640.000 internati militari nei lager tedeschi di cui 40.000 deceduti ed i 600.000 e più prigionieri di guerra italiani che languirono per anni rinchiusi tra i reticolati, in tutte le parti del mondo.
I 110.000 caduti nella Lotta di Liberazione in Italia e all'estero. 
Gli 80.000 libici sradicati dal Gebel con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani.

I 700.000 abissini barbaramente uccisi nel corso della impresa Etiopica e nelle successive "operazioni di polizia". I combattenti antifascisti caduti nella guerra di Spagna

Anche in Urss si ebbero prime deportazioni ordinate da Stalin, nel 1932, contro 150mila famiglie polacche e tedesche. A questa prima catastrofe, che colpì mezzo milione di persone, seguì nel '37 la deportazione di 175mila coreani in Uzbekistan. Così come alle prime deportazioni di estoni, lettoni e lituani nel 1940, Stalin e Berja imposero, nel febbraio 1944, le già menzionate deportazioni di ceceni e tatari: 496mila uomini, donne e bambini stipati su vagoni-bestiame e condotti a marcire in Kazakistan.

In quanto ai cittadini sovietici,lo spietato dittatore aveva prima sottoposto contadini e 'Kulaki' russi: dal 1929 al '32 Stalin fece deportare circa 10 milioni di cosiddetti Kulaki, spedendone oltre 2 milioni nei Gulag;
nelle cosiddette 'purghe' del 1937/38, Stalin liquidò un milione di cittadini sovietici; in tutto, sino alla sua morte nel '53, ne fece deportare 6 milioni ( 3 milioni dei quali per „attività controrivoluzionaria“), costringendone 16 o 17 milioni ai lavori forzati.
 Holodomor , noto informalmente anche come Genocidio ucraino, o Olocausto ucraino, è il nome attribuito alla carestia, che si abbatté sul territorio dell'Ucraina[2] dal1929 al 1933, che causò milioni di morti. Il termine Holodomor deriva dall'espressione ucraina , che significa "infliggere la morte attraverso la fame.Nel marzo 2008 il parlamento dell'Ucraina e 19 nazioni indipendenti hanno riconosciuto le azioni del governo sovietico nell'Ucraina dei primi anni Trenta come atti di genocidio

Viene storicamente indicato col termine retirada (o «esilio repubblicano spagnolo») l'esodo dei combattenti e antifascisti della guerra civile di Spagna (1936-1939). I primi esuli cominciarono ad affluire in Francia, attraverso i Pirenei, subito dopo la caduta della Catalogna in mano franchista (gennaio 1939) e proseguirono sempre con maggiore intensità per diverse settimane. In totale le persone coinvolte nella retirada furono almeno 500 000 persone tra antifascisti combattenti e civili al seguito.
114.000 vittime (le ultime indagini accademiche parlano di almeno 140.000) della dittatura franchista (1936-1977) che include il mistero aberrante dei 30.000 bambini figli di oppositori repubblicani scomparsi, per essere consegnati a orfanotrofi e famiglie “cristiane” per la loro rieducazione.Desaparecidos, come accadrà anni dopo il argentina, Cile.

Nel gennaio 1933 in Germania vivevano circa 522,000 Ebrei – classificati come tali in base alla loro religione. Più della metà, circa 304.000, emigrarono durante i primi sei anni della dittatura nazista, facendo così scendere il numero di Ebrei in Germania (in quelli che erano i suoi confini nel 1937) alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, a circa 214.000.Negli anni tra il 1933 e il 1939, il regime nazista aveva messo in atto cambiamenti radicali molto inquietanti per la comunità ebraica tedesca, in materia sociale, economica e in altri aspetti della vita comunitaria. Sei anni di legislazione nazista avevano emarginato e privato dei diritti civili i cittadini ebrei, che erano stati espulsi da tutte le professioni e dalla vita commerciale. All’inizio del 1939 solo il 16 per cento degli Ebrei con un qualunque tipo di reddito possedeva un impiego stabile. Migliaia di Ebrei furono inoltre internati nei campi di concentramento, in particolare dopo gli arresti di massa seguiti alla Kristallnacht (Notte dei Cristalli) nel novembre del 1938. Nell’autunno e nell’inverno 1939-1940, ufficiali della RSHA coordinarono la deportazione nel Governatorato Generale di circa 100.000 Ebrei provenienti dal territorio polacco annesso alla Germania. Tra l’ottobre e il dicembre del 1941, le autorità tedesche deportarono verso i ghetti di Lodz, Minsk, Kovno (Kaunas, Kovne) e Riga circa 42.000 Ebrei provenienti dalla cosiddetta Grande Germania. Gli Ebrei tedeschi mandati a Lodz nel 1941, insieme a quelli trasferiti nella prima metà del 1942 a Varsavia, nei ghetti di transito di Izbiva e Piaski e in altre località nel Governatorato Generale, vennero poi deportati con gli Ebrei polacchi nei centri di sterminio di Chelmo (Kulmhof), Treblinka e Belzec.

in Ucraina fra il 29 e il 30 settembre del 1941nazisti aiutati dalla polizia collaborazionista ucraina massacrarono 33.771 civili ebrei. Nei due anni seguenti circa 90.000 ucrainizingari e comunisti furono massacrati nel fossato di Babij Jar .

Dopo l’ottobre del 1942, le autorità tedesche deportarono la maggior parte degli Ebrei rimasti in Germania direttamente nei centri di sterminio di Auschwitz-Birkenau o di Theresienstadt.
Nel maggio 1943, le autorità naziste annunciarono che il Reich era “judenrein” (“liberato dagli Ebrei”). A quel punto, le deportazioni di massa avevano lasciato meno di 20.00 Ebrei in Germania. 
In tutto, i Tedeschi e i loro alleati uccisero tra i 160.00 e i 180.000 Ebrei tedeschi durante l’Olocausto, inclusa la maggior parte degli Ebrei deportati fuori dalla Germania. Da aggiungere gli ebrei italiani, quelli francesi, ungheresi,cechi, rumeni ecc.

In Francia ,Il Rastrellamento del Velodromo d'inverno (stadio e circuito per gare di ciclismo di Parigi ), fu il maggiore arresto di massa contro ebrei sul suolo francese durante la seconda guerra mondiale. Esso fu operato dalla polizia francese nell'intera città di Parigi, il 16 e 17 luglio del1942. L'operazione, nota con il nome in codice Opération Vent Printanier ("Operazione Vento Primaverile"), fu condotta su iniziativa delle stesse milizie francesi.Adolf Eichmann, che non l'aveva richiesto, si limitò ad autorizzarlo alcuni giorni dopo.Secondo i dati della prefettura di polizia, vennero arrestate 13.152 persone e imprigionate nel Vélodrome d'Hiver e nel campo di internamento di Drancy, e successivamente trasportati con il treno ad Auschwitz per lo sterminio.

Dopo l'armistizio di Cassibile, il 10 settembre del 1943 la Wehrmacht occupò l’Istria e la Dalmazia
 Le forze armate del Partito fascista repubblicano nell’Adriatesches Küstenland-Litorale Adriatico, dipendenti operativamente dai tedeschi svolsero un ruolo mostruoso: quello di consegnare ai tedeschi i loro concittadini; qui più che altrove, essi svolsero opera di fiancheggiamento nelle operazioni di rastrellamento e di fucilazione delle popolazioni civili 
 Il 31 ottobre 1944 la città di Zara fu conquistata dall'armata partigiana jugoslava e iniziarono  rappresaglie verso gli italiani considerati occupanti e collaboratori dei tedeschi. Un numero imprecisato di italiani venne arrestato e poi annegato in mare. Tali episodi vengono considerati tra i primi veri e propri eccidi delle foibe.
L'arrivo, nella primavera del 1945, delle forze jugoslave preluse a una nuova fase d'infoibamenti: furono eliminati, non soltanto militari della RSI, poliziotti, impiegati civili e funzionari statali, ma, in modo almeno apparentemente indiscriminato (e cioè lucidamente terroristico) civili di ogni categoria, e furono uccisi o internati in campi tutti coloro che avrebbero potuto opporsi alle rivendicazioni jugoslave sulla Venezia Giulia compresi membri del movimento antifascista italiano. Tali azioni spinsero la maggior parte della popolazione di lingua italiana a lasciare la regione nell'immediato dopoguerra. L'esodo era comunque già iniziato prima della fine della guerra per diversi motivi che andavano dal terrore sistematico provocato dai massacri delle foibe, annegamenti, deportazioni dei civili italiani in campi di sterminio operato dalle forze di occupazione jugoslave, al timore di vivere sottomessi alla dittatura comunista in terre non più italiane
A partire dal maggio del 1945 iniziò l'esodo massiccio degli Italiani da Fiume e dall'Istria.Da Fiume se ne andarono, nel periodo 1946-1954, oltre 30.000 abitanti.
Ma la storia dell'orrore e del terrore  non si è fermata, nei 50 anni successivi,nè nel nuovo secolo, fino all'attuale esodo di profughi dalla Siria...





Come una tempesta, cade la neve
Hajji Musa, non mi uccidere,
è colpa mia
tu sei curdo e io sono armena
se tagli la mia testa con un rasoio
se strappi le mie carni con una tenaglia,
non appoggerò la mia testa di nuovo sul cuscino di un musulmano

https://youtu.be/OG2XcWpFNt8

sabato 23 gennaio 2016

Fogazzaro e D'Annunzio

Fogazzaro, le storie (e anche la Storia), le sapeva raccontare davvero. Io - che sono uno studioso di d'Annunzio (1863-1938) e che so quanto la ricerca narrativa dannunziana sia importante, tra novelle e romanzi, tra anni Ottanta e Novanta dell'Ottocento, tra Terra vergine (1882) e Le vergini delle rocce (1896) - penso che il Vate di Pescara sapesse scrivere da Dio e che sniffasse l'aria dei tempi (e non solo) da sensibile antenna intellettuale qual'era, ma che non sapesse raccontare propriamente le storie, né la Storia: troppo preso da sé stesso, scriveva sempre più romanzi-saggi che romanzi-romanzi e metteva in scena un suo mondo, filtratissimo, piuttosto che il mondo tout court. E con ciò non voglio certo dire che quel suo mondo non fosse (e non sia) di un interesse e di un fascino davvero sommi, né che Fogazzaro non fosse preso da sé stesso, dal suo saggismo, dalle sue idee, oscillanti, che so, tra spiritismo ed evoluzionismo cristiano.* Solo, il vicentino non vi sacrificava del tutto le immagini, il racconto, almeno non fino al punto in cui arrivò via via a sacrificarle e a sacrificarlo Gabriele d'Annunzio (non senza qualche eccezione, anche più tarda, di grande rilievo)
 Certo, c'è il rovescio della medaglia. D'Annunzio, checché se ne sia detto, non è mai dove si pensa di trovarlo: alla ricerca costante di sé stesso, è abilissimo a giocare a nascondino con gli altri, con i lettori e con, soprattutto, le lettrici e le eroine dei suoi libri. E tende a giocare fino all'ultimo e in seno a quel nuovo e così diverso secolo XX che si appresta a far un sol boccone del vecchio Ottocento, dei suoi più o meno piccoli mondi, messi a ferro e fuoco, tutti quanti, durante la prolungata guerra civile europea (1914-1945)
 Ma proprio per questo d'Annunzio è predisposto a entrare (e pure a vivere, e non solo biologicamente) nel Novecento, mentre Antonio Fogazzaro resta ancorato per molti versi all'Ottocento; e specie per la sua tetralogia, per la sua arte di raccontare storie che si fanno ciclo da sé, naturaliter, senza l'infinita progettualità del titolare dannunziano .

*Una volta divenuto convinto assertore di un evoluzionismo cristiano, la sua concezione trovò collocazione in una più ampia panoramica teorica secondo la quale l’amore è metro dell’evoluzione umana, che dall’istinto sessuale porta all’affermazione dello spirito sul corpo secondo un vasto progetto divino.

                                               Per un non cauto omaggio a Fogazzaro.
Nel centenario della morte (1911-2011)

di Luciano Curreri
(Université de Liège)                   

venerdì 15 gennaio 2016

Le sconcertanti parole di Gesù

Nel settembre dell'anno appena archiviato,  è stato pubblicato il libro  "Le pietre d'inciampo del Vangelo.Le parole scandalose di Gesù"ad opera del Cardinal Gianfranco Ravasi 

L'opera intende far riflettere su passi dei Vangeli che evocano  sconcertanti espressioni verbali e concettuali da parte di Gesù, secondo i racconti degli evangelisti..

Fra le tante  cito soltanto le seguenti  :"Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra:sono venuto a portare non pace, ma spada!"; (Matteo, 10,34) "; "Se uno viene da me e non odia suo padre, sua madre..e perfino la propria vita,non può essere mio discepolo" (Luca, 14,26), .Esse inducono ad una riflessione, che provo a sintetizzare.

Vi è un fondamentalismo che accomuna le tre religioni  monoteiste,e che non può essere riconosciuto esclusivo detrimento  della religione islamica, come si desume dai passi  sopra citati.Passi di Gesù, o dei suoi apostoli, passi di Maometto...

Il concetto di Jihad non è una novità unicamente della storia  dell'Islam,sia quello originario, sia quello dell'attuale Califfato o Isis,Daesh.
 Nel messaggio  della religione ebraica, come in quella cristiana, passi autorizzavano questa direzione, che il Cristianesimo ha praticato con la conquista e la sottomissione di popoli pagani, dei continenti extraeuropei, con l'Inquisizione e persecuzioni varie.

Come andiamo ripetendo, la differenza rispetto all'Islam è che l'avvento di illuminismo, liberismo, socialismo in Europa e America del nord hanno condotto il Cristianesimo . soprattutto dopo il nazismo, su vie di pacificità e non violenza, quali quelle interpretate oggi da Papa Francesco.

Diremmo"finalmente!" e lo speriamo,senza dimenticare che per secoli Cristianesimo e Potere,così come Islam e Potere, hanno avuto come scopo la conquista del Mondo, l'integralismo e l'intolleranza per le culture e civiltà differenti.


martedì 12 gennaio 2016

Spartacus e la rivoluzione del novembre 1918 in Germania

 La Lega Spartachista si dichiarava favorevole ad una dittatura del proletariato, intesa come controllo democratico da parte dei lavoratori dei mezzi di produzione e delle aziende. Esprimeva una forte solidarietà con la rivoluzione d’ottobre, ma non si considerava un'élite o partito d’avanguardia sul modello bolscevico. Bensì come custode dell’ideale socialdemocratico prebellico e come propugnatore della sua realizzazione: suo scopo dichiarato era la liberazione mondiale dalla “dominazione schiavistica del capitalismo”. I suoi principi si richiamavano al Manifesto del Partito Comunista pubblicato nel 1848 da Karl Marx e Friedrich Engels.

La Rivoluzione di Novembre 1918 in Germania  ebbe origine dalla rivolta dei marinai a Kiel. Questi si ribellarono spontaneamente contro un proseguimento della guerra considerato insensato da un punto di vista militare, occupando le navi ed eleggendo o nominando consigli degli operai e dei soldati senza essere guidati da partiti di sinistra. Presupposto essenziale per questa solidarietà tra operai e soldati fu un importante sciopero dell’industria degli armamenti nel gennaio del 1918. In quell’occasione avevano fatto la loro comparsa dei “rappresentanti rivoluzionari” apartitici, sebbene vicini all’USDP, che ora portavano la rivoluzione nelle grandi città. In tutta la Germania questi nuovi consigli dei lavoratori si richiamano ad alcuni degli obiettivi della Lega Spartachista, senza che questa avesse potuto esercitarvi un’influenza diretta, o intervenire nella loro organizzazione, essendo stata fino ad allora vietata .Il 5 gennaio 1919 i “rappresentanti rivoluzionari” delle industrie di armamenti berlinesi, che erano vicini all’USPD e che già erano stati organizzatori dello sciopero di gennaio, incitarono una sollevazione armata contro il licenziamento del Capo della Polizia di Berlino Emil Eichhorn. La Kpd si unì alla rivolta e tentò, nel corso di quelle che vengono erroneamente chiamate Rivolte spartachiste, di spingere i consigli di soldati di Berlino ad abbattere il governo di transizione di Friedrich Ebert. Questo tentativo fallì e la ribellione fu soffocata da unità dell’esercito imperiale insieme ai Corpi Franchi di nuova costituzione.

Il 15 gennaio Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht vennero catturati, sottoposti a duri maltrattamenti e uccisi da appartenenti alla Garde-Kavallerie-Schützen-Division, una divisione dell´esercito. Da quel momento finì la storia della Lega Spartachista e iniziò quella della KPD nella Repubblica di Weimar.

domenica 10 gennaio 2016

Oil & Gas in Medio Oriente, gli intrecci complicati fra grandi e piccole potenze (+Isis)

L’escalation delle tensioni fra Arabia Saudita e Iran ha fatto emergere anche sui media mainstream i motivi di fondo dei conflitti in corso in  Medio Oriente: gli interessi energetici e geopolitici, al di là degli storici, innegabili antagonismi religiosi fra Sciiti e Sunniti accampati fino ad oggi come unici moventi. Un “paravento religioso dietro il quale c’è la guerra del petrolio”, spara il Messaggero (3/1/06).  “Le guerre energetiche tra Iran-Russia e Usa-Arabia Saudita”, titola un’analisi puntuale su Formiche.net , una delle  più chiare.  
Sono solo due esempi. 
  
Le forze in campo sono in realtà più numerose - così come lo sono gli interessi in gioco, di lunga data, che riguardano petrolio e gas, nonché e i futuri oleo/gasdotti, e si accentrano in tre aree : il Golfo, l’Iraq (col Kurdistan iracheno) e il Golan, con le recenti scoperte di petrolio a cui si affiancano le scoperte di giacimenti di gas nel Mediterraneo. 
  
Che la situazione stesse per precipitare William Engdahl sembrava averlo intuito: già a dicembre un suo postgià dal titolo - "Erdogan, Salman and the coming ‘Sunni’ War for Oil "  - preconizzava un inasprirsi delle tensioni e additava una scacchiera più complessa, a quattro dimensioni.    
  
“Il primo gruppo comprende l’ultra conservatore regno dell’ Arabia Sauditasotto Re Salman e il suo influente, erratico figlio ministro della Difesa, il 31enne Principe Mohamed Bin Salman; la Turchiadel presidente Recep Tayyip Erdogan, già pronta alla guerra, col ruolo chiave del capo del MIT, l’intelligence turca, Hakan Fidan; il Qatar apparentemente defilato ; e Daesh ovvero il sedicente Stato Islamico che non è altro che un’estensione camuffata della wahabita Arabia Saudita, finanziato da soldi Sauditi ma anche del Qatar, e sostenuto e addestrato dal MIT di Fidan".  
  
“Il secondo gruppo consiste nel legittimo governo di Siria di Bashar al-Assad e di altre forze Sciite: l’ Iran, ossessionato dallo stesso IS, i libanesi sciiti diHezbollah che spalleggiati dall’Iran combattono Daesh e altri gruppi terroristi; la Russia, da poco unita a questo gruppo" - di cui è alleato non da oggi.  
  
“Il terzo protagonista secondo Engdahl è l’ Israele di Netanyahuche non appare mai ma persegue la sua agenda in Siria e Iraq .  Israele ha recentemente reso pubbliche le sue alleanze strategiche con l’Arabia di Salman e la Turchia di Erdogan" - coi quali del resto condivide la forte disapprovazione per l’accordo sul nucleare che ha rimesso in gioco l’Iran, che per Israele resta il nemico n.1, come ha spesso dichiarato.  
A ciò si aggiunge la recente scoperta di ‘grandissime’ riserve di petrolio nelle alture del Golan, dovuta, come vedremo, a  una nuova società americana  'molto neocon’, Genie Energy. E di ancor più grandi riserve di gas nelle sue acque territoriali, aggiungiamo. Una novità non da poco.  
  
Il quarto gruppo - secondo il nostro - giocherebbe il ruolo più astuto e ingannevole. "Guidato da Washington, utilizza l’ingresso attivo nella guerra di Siria di Regno Unito, Francia e Germania" - che sembra resistere, mentre la Francia, appare attiva in nome di antichi interessi ma contraddittoria e spaesata, bersaglio di Daesh.   L’Europa come sempre latita, presa in mezzo e incapace di fare i propri interessi.
  
Washington – secondo   Engdahl - starebbe preparando una trappola ai danni dei Sauditi e dei suoi alleati Turchi in una devastante sconfitta in Siria e Iraq che verrà  annunciata come “vittoria contro il terrorismo” e “vittoria  del popolo Siriano”.   Intanto con la recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU 2254 sulla road map di pace in Siria gli Usa sono riusciti a ottenere che il futuro cessate il fuoco riguardi i firmatari, fra cui Russia e alleati, ma non Daesh e al-Nusra,  che resteranno liberi di occupare i territori chiave nella ‘guerra energetica’. 
  
Trappola? Mah. E però che la Casa Bianca conduca una politica oscillante e ambigua viene da tempo sottolineato, mentre è noto il sostegno di neocons rep e falchi dem – nonché neoconservatori britannici - per i gruppi 1 e 3.  
L’ambivalenza degli Usa, abili nel condurre proxi-guerre, si spiega bene del resto con le diverse linee al loro interno di cui Underblog ha spesso scritto, perfino tra Pentagono e governo e CIA (svelati dal noto giornalista investigativo  Seymour Hersh in un controverso post) e con gli interessi contrastanti  sul terreno che ci accingiamo ad esaminare ricapitolandone la storia, che si sovrappone ai conflitti.  
  
IL GOLFO, I DUE GASDOTTI e l’OPEC DEL GAS.  Nel Golf Persico il South Pars e il North Dome rappresentano le maggiori riserve di gas al mondo,  le prime in acque territoriali dell’Iran (il 36% delle riserve iraniane, il 5.6% di quelle mondiali), le seconde, ancor più vaste, in quelle del Qatar (il 99% delle sue riserve).   
Il nodo sono i futuri gasdotti verso il Mediterraneo, che mirano ad esportare in Europa, inducendola a diversificare i suoi approvvigionamenti di gas, oggi Russia-dipendenti : i due gasdotti in competizione sono il Qatar-Turchia e quello Iran-Siria soprannominato ' gasdotto islamico' qui). Entrambi oggi fermi per i conflitti in corso. Istruttive le loro vicende.
  
LA SVOLTA. Il Qatar progetta il gasdotto che dal Golfo Persico dovrebbe attraversare Arabia Saudita, Giordania, Siria e Turchia (per arrivare poi in Bulgaria).  Ma nel 2011 Assad rifiuta la proposta del Qatar di far passare il gasdotto  in  Siria. Forse su pressioni della Russia, che voleva salvaguardare il suo export di gas, forse invece no, visto il rifiuto di Putin alle più recenti profferte del saudita Bandar Bin Sultan che prometteva di proteggere gli interessi Russi, quelli economici ma non quelli geopolitici per Putin  evidenntemente più importanti.  
Fatto sta che – come ha scritto Nafeez Ahmed sul Guardian – quello di Assad fu uno “ schiaffo in faccia” al Qatar. Un gesto  gravido  di conseguenze.  


La risposta è immediata. Nel luglio 2011 una parte dell'esercito Siriano diserta e  dà vita al  movimento di ribelli chiamato Free Syrian Army (FSA) . "E' la fine della protesta fino a quel momento non violenta e l'inizio della guerra in Siria", secondo questo post di dicembre di un blog  che non conoscevamo.
  
Nel 2012 Assad firma un accordo con l’Iran per un gasdotto alternativo da $10 miliardi che attraverso Iraq e Siria raggiungerebbe direttamente il Mediterraneo sulla costa siriana bypassando sia Arabia che Turchia.   
  
Non a caso, osserva il professore di Harvard Mitchell Orensten su Foreign Affairscitato a lungo qui, l’Iran si mette ad aiutare Assad  fornendo armi e soldati all’esercito Siriano.   Mentre il Qatar tra il 2011 e il 2013 finanzia gruppi anti-Assad con $3 miliardi.  Il conflitto Siriano si era allargato a Damasco e Aleppo dalla firma del memorandum Siria-Iran, segnalava Nafeez Ahmed.  
  
Nel 2013 i ribelli siriani sembravano sconfitti, l’attacco al sarin non riesce a indurre gli Usa a bombardare per l’intervento di Putin, poco dopo Daesh emerge alla ribalta con la sua campagna di sgozzamenti e le sue minacce  all’Occidente. 


La Turchia fin dall'inizio sostiene l'opposizione anti-Assad (compreso Daesh) in vari modi. Ma secondo il post di cui sopra comincia ad avere un ruolo attivo quando i Curdi guadagnano terreno nel nord della Siria, protetti dall'aviazione Usa. Chiede una buffer zone ai suoi confini. Preoccupatissima dalla possibile formazione di un  Stato Curdo unificato che, secondo il post, distruggerebbe anche ogni spazio per il gasdotto Qatar-Turchia.  Se non che, come vedremo, gli Usa pur alleati dei Turchi sembrano appoggiare la formazione di un Kurdistan, a loro vicino.
  
Quanto al 'gasdotto islamico' Iran-Siria, avrebbe dovuto essere pronto nel 2016, ma è fermo.  E però, dopo l’accordo sul nucleare e l’imminente fine delle sanzioni l’Iran conta di cominciare prestissimo l’estrazione di gas e petrolio, anche se dovrà rinnovare i suoi impianti.  E offre alle multinazionali  buone condizioni. Non solo. 
  
L’’ESCALATION. Come racconta il post di  Formiche,net  – Iran e Russia, i due colossi mondiali per produzione e riserve di gas, sono stati fra i promotori del Gas Exporting Countries Forum tenuto a Teheran il 24 novembre scorso. Un ‘ OPEC del gas’di cui fa parte un lungo elenco di paesi. Compreso Qatar e Emirati Arabi Uniti, ma non l’Arabia Saudita. Non per caso: “l’impatto geopolitico di questa organizzazione ribalta  il ruolo storico dell’Arabia Saudita nel condizionare le strategie mondiali in fatto di produzione e prezzo del petrolio, facendo saltare il collegamento automatico fra oil e gas”.   E ancora:  
  
“Il raccordo Russia-Iran in prospettiva è dirompente per gli Usa, se si considerano le intese tra paesi BRICS e soprattutto la possibilità di decidere le modalità di pagamento del gas con monete alternative al dollaro, dall’euro all’ yuan fino all’oro”. Cosa che per gli Stati Uniti che da decenni hanno profittato dell’afflusso di petrodollari, sarebbe intollerabile.  
  
L’Arabia Saudita e i suoi alleati non sono da meno. Il 15 dicembre scorso – racconta Engdahl - il ministro della Difesa Saudita, il principe Bin Salman,  ha dato vita a Ryad a una ‘ Coalizione Islamica contro il terrorismo” di 34 stati.Nella quale significativamente spicca l’assenza degli stati Sciiti, Iran, Iraq e ovviamente la Siria di Assad, mentre il nome stesso della coalizione sembra fatta apposta per escludere la Russia.  Una Nato mediorientale, si è arrivati a chiamarla.  
  
I player principali in questa coalizione secondo Engdahl sono Turchia e Arabia Saudita. Il loro obiettivo, secondo Engdahl, è ridisegnare i confini del 1916 per proporsi  come potenze rispettate dal mondo  (un progetto simile è  quello non nuovo di neocon e falchi Usa , vedi qui Underblog : ma i due piani coincidono? Forse no,  guardando le ambiguità americane...) .  
  
  “L’ Arabia, la cui variante wahabita dell’Islam è un’ideologia beduina pre-feudale simile a quella di Daesh,” non considera Daesh un gruppo terrorista, e nemmeno al Nusra: i ‘veri terroristi’ sono i sostenitori del regime di Assad . Il piano dei Saud prevede di usare Daesh per la pulizia etnica delle popolazioni siriane   e irachene nelle   zone ricche di petrolio e in quelle cruciali nel futuro gasdotto Qatar-Turchia. E poi confinare l’IS nelle zone deserte  della Siria prive di petrolio”.  
  
Quanto alla Turchia, gioca un ruolo chiave nella coalizione anti-Assad col suo esercito e soprattutto col capo dell’intelligence Fidan, che ha apertamente dichiarato che Daesh è una realtà che “va accettata: non si può sradicare un’istituzione popolare e ben organizzata come l’IS . (Engdahl)

Ankara mira a distruggere il regime di Assad ma anche a controllare i campi petroliferi, in particolare quelli nel nord Irak di Mosul e Kirkuk - reclamati dai Curdi Iracheni , che Kirkuk se la sono già presa.
  
Il prof. Oresten sottolinea anche come la Turchia dipenda oggi dal gas della Russia, con la quale aveva pianificato un gasdotto, il Tukish Stream, progetto saltato dopo l’abbattimento del jet russo Su-24 (i cui piani di volo sarebbero stati forniti ai Turchi dagli Usa: diabolico Fidan? ). Ha dunque anche interessi energetici propri. 
Oltre ad agire come ariete degli interessi sauditi. E del Qatar.
  
Il 18 dicembre la Turchia ha annunciato che costruisce una base militare Turca in Qatar, che ospiterà 3000 soldati e forze aeree e navali.  
  
2. IL NODO DEL KURDISTAN IRACHENO e la doppia politica USA.  
Non meno complicata è la situazione fra Iraq e Kurdistan iracheno.   
In Iraq maggiori giacimenti di petrolio sono oggi nel sud sciita, intorno a Bassora. Ma altri campi, e le riserve di gran lunga più cospicue, sono nella Regione Autonoma del Kurdistan, il KRG, in particolare intorno a Kirkuk, zona contesa, poi occupata da Daesh, infine da poco conquistata dai peshmerga curdi .  
  
Il KRG (la a cui autonomia è stata concessa a detti stretti nel 1991 da Saddam  sconfitto nella guerra del Golfo) è presieduto da Massoud Barzani, stretto alleato dell’Occidente e segnatamente degli Usa dal tempo di suo padre Mustafa. E   nella sua capitale Erbil protetta da forze speciali americane ospita già una folla di compagnie petrolifere, occidentali e non solo, fra cui svetta Exxon Mobil. (qui Underblog),  
  
  Un’idea del peso di questi interessi la fornisce la recentissima ‘ Kurdistan-Iraq oil and gas Conference and Exibition’ svoltasi a Londra i l 30 novembre-2 dicembre 2015. Un mega evento con 800 partecipanti fra i quali molte società fra cui Exxon, principale sponsor, Chevron ma anche la russa Gazprom e Genel Energy,   una petrolifera britannica già turca, comprata dall’ex BP (cacciato dopo il disastro del Golfo del Messico) Tony Hayward, con l’ex Goldman Sachs Julian Metherell   e il banchiere Nat Rothschild, notizia ghiotta per vari blogger.  La base operativa è rimasta in Turchia. 
 
  
Notare che, accanto al primo ministro Nechervan Barzani (nipote del presidente) e vari ministri esponenti del KRG non ve ne fosse nessuno del governo dell’Iraq. Non casuale, vista la disputa tra i due governi, quello centrale e quello locale, sui proventi petroliferi della regione che il KRG -che aspira fare del Kurdistan un vero Stato, includendo curdi siriani e turchi   ed è tra i più attivi ed efficaci combattenti  contro Daesh -   rifiuta di versare al governo dell’Iraq.  
  
Un problema che si intreccia a vari altri, dagli oleodotti da riparare/costruire all’attuale traffico occulto di petrolio. Come arriva infatti il petrolio curdo al Mediterraneo?  Oleodotti ne esistevano, ma hanno avuto molte traversie. 
  
GLI OLEODOTTI IRAKENI E IL PETROLIO 'RUBATO'. L’oleodotto strategico dal Sud Irak verso la costa Siriana (il Bassora-Banyascon un tratto aggiuntivo verso Kirkuk) aperto nel lontano 1952 è stato danneggiato dagli Usa dopo l’invasione dell’Iraq. Quanto all’oleodotto Kirkuk–Ceyhan, porto petrolifero nel sud della Turchia, dal 2003 è stato più volte sabotato.  
  
Anche qui è in atto una competizione.   Dopo che un accordo Siria-Iraq nel 2010 per due nuovi capaci oleodotti è stato disatteso,  il governo dell’Iraq nel 2013 si offre di costruire un oleodotto federale da Bassora a Ceyhan. Ma il KRG insiste nel pretendere di costruire un suo oleodotto autonomo Kirkuk –Ceyhan,malgrado l’intervento del segretario di Stato John Kerry su Barzani.  
Una pressione debole, evidentemente.  
  
Gli Usa in Iraq hanno da sempre una politica ambigua (come segnalavaVoxnel 201 4 , qui Underblog), di sostegno al governo sciita dell’Iraq ma anche, soprattutto, al rivale KRG, l'aspirante Stato del Kurdistan, visto come il fumo negli occhi dalla Turchia, come abbiamo detto. Nel frattempo il KRG una tratta dai giacimenti di Taq Taq sfruttati da Genel fino al confine turco l’ha costruita, ma di ridotte capacità. Insufficiente per tutti.   
  
Di qui il traffico lungo le strade verso la Turchia, dove le autobotti curde si mescolano e si confondono con quelle dell’ISIS, come scritto da vari blog.  
“Perché Washington non ha mai riconosciuto che /ISIS/ISIL /Daesh vende petrolio rubato alla Siria che trova il modo di raggiungere la Turchia? “ si chiedeva   a dicembrel’analista e blogger Pepe Escobar?  
  
  “Perché la priorità era consentire alla CIA – nell’ombra – di gestire una ‘ rat line’ (una ‘rotta sporca’ potremmo dire) che armava un branco di invisibili  ribelli ‘ moderati’”, risponde . E’ la rotta autorizzata nel 2012 – e che corre attraverso la regione dei Turkmeni, per far arrivare armi e munizioni dalla Libia alla ‘opposizione’ Siriana, secondo un altro post di Seymour Hersh,  linkato da Escobar.   E ci fermiamo qui per non andare fuori tema.  
  
  Più pertinente l’altro motivo citato. “Se il petrolio che Daesh ruba alla Siria è illegale, non lo è meno quello che il KGR ruba all’Iraq.   Entrambi non possono passare dal territorio controllato da Damasco, né da quello dell’Iraq sciita. Resta solo la Turchia.  Entrambi seguono lo stesso schema: gli interessi energetici dei soliti sospetti che hanno lo sguardo lungo, ovvero controllare ogni asset perolifero nel Kurdistan Iracheno di oggi come della Siria ‘liberata’ di domani. E qui Escobar parla di Genel, di cui sopra”.  
  
  (Sul traffico illegale di petrolio di Daesh (e Curdo) fatto emergere con clamore dalla Russia che ne ha bombardato i convogli   e mostrato le immagini da satellite, un traffico che coinvolge il figlio e il cognato di Erdogan, vedi ben quattro post di Zerohedge, molto documentati ( qui il quarto Zerodedge,  qui un post italianoqui Nafeez Ahmed) . Fra gli acquirenti del petrolio a basso prezzo vi sarebbero stati europei, e Israele che comprerebbe dalla Turchia il 75% del petrolio iracheno/curdo. (Mentre appare strano che navi cisterna sarebbero approdate negli Usa).  
  
3. GLI INTERESSI DI ISRAEL E IL GOLAN:  Dal 1948, da quando esiste, Israele aspira a rispristinare l’antico oleodotto Mosul-Haifa che dal lontano 1935 collegava la città curdo-irachena di Mosul (oggi in mano a Daesh) al porto dell’allora Palestina sotto mandato britannico. Dal 1948 infatti l’Iraq rifiuta di pompare e l’oleodotto, che aveva una diramazione verso Tripoli, in Libano,  e l'oleodotto venne fatto arrivare in Siria. Salvo essere bombardato, come abbiamo visto, dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003.  
  
Dal 1948, specie dagli anni '80,  i tentativi israeliano-americani per dar vita a un oleodotto dall’Iraq del nord, poi dal KRG - a Israele – verso Haifa ma via Golan, verso Aqaba, verso Hadithah e il confine giordano, da Mosul o da Kirkuk – sono stati molti, sempre falliti, come racconta con molti dettagli un post del 2006 (aggiornato) di Gilles Munier, strano personaggio francese (“ uomo ombra, attivista della causa araba e palestinese”) sicuramente molto informato.


A suo dire sono stati proprio quei fallimenti a convincere il governo Usa di George W. Bush ad adottare la strategia del “regime change” in Iraq e in Siria, con tutto quello che ha comportato. “Il processo di destabilizzazione della Siria diventa molto chiaro alla luce dei piani di Usa-Israele per il trasporto del petrolio iracheno.  Lo stesso vale per la Francia”, scrive Munier. 


“Risuscitare l’oleodotto verso Haifa potrebbe alleviare ad Israele gli alti costi delle forniture via nave del gas russo” spiegava (nel 2003) del resto ad Haarezil ministro israeliano delle infrastrutture Joseph Paritzky”, in un post diCounterpunchcitato da Munier, intitolato "Il ministro israeliano sogna già il petrolio iracheno- L'oleodotto verso Haifa"ora leggibile solo qui,   
  
Israele punta ancora a un oleodotto Mosul/Kirkuk -Haifa?   
Magari non più, dopo le recentissime scoperte di giacimenti di petrolio e gas che potrebbero addirittura farne un esportatore. 
  
  ‘Grandissime’ riserve di petrolio sono state trovate nelle alture del Golan. Una scoperta dovuta ad una società petrolifera poco nota affiliata a Israele ma basata in New Jersey, Genie Energy, nel cui board figurano l'ex vicepresidente Usa Dick Cheney, Lord Jacob Rothschild e l’ex capo della CIA James Woolsey.  E ancora, l’editore-magnate Rupert Murdoch, e Larry Summers, già segretario al Tesoro americano. Altra notizia ghiotta per i blog  complottisti, questa società neocon.  
C’è solo l’intoppo che il Golan è un territorio che Israele ‘occupa’ dalla guerra del 1967. Illegalmente, secondo alcuni fra i quali Engdahl. 
  
Nelle acque di Israele sono invece i giacimenti di gas scoperti negli anni scorsi ( Tamar field nel 2009, Leviathannel 2010) mentre l’adiacenteAphrodite fieldsi trova in quelle di Cipro. E, lo scorso agosto nelle acque dell’Egitto il supergiant Zhor field, è stato scoperto dall’ENI, che fa la spola per indurre a cooperare Israele, Egitto e magari anche Cipro.   Mentre Israele con un’intesa fra Netanyahu-Putin  ha assegnato alla russa Gazprom la concessione di una parte del Tamar field (20/10/2015). 
 
  
Una scoperta, quella del giacimento di gas egiziano, che “minaccia di sovvertire la diplomazia energetica del Medio Oriente” ha scritto il NYTimesa fine ottobre scorso.  
  
Solo la diplomazia?

Maria Grazia Bruzzone, da La Stampa