lunedì 30 maggio 2016

2 giugno:la Repubblica italiana, settantanni fa il voto

Referendum del 1946, Scalfari: "Perché votai per il re"
Il ricordo del fondatore de 'la Repubblica', che all'epoca aveva 22 anni. "Ero liberale e crociano. E Croce riteneva che soltanto la monarchia avrebbe potuto arginare la pressione del Vaticano"



"Perché ho votato per la monarchia? Ero liberale e crociano. E Croce riteneva che soltanto la monarchia avrebbe potuto arginare la pressione del Vaticano". Era già maggiorenne Eugenio Scalfari il 2 giugno del 1946. Ventidue anni, neolaureato in Giurisprudenza, appassionato lettore del filosofo napoletano. Quel referendum segnò la storia d'Italia ma anche la sua storia personale, l'ingresso nell'età adulta che l'avrebbe condotto nel cuore della vicenda repubblicana. Seduto sotto un prezioso dipinto veneziano, nella luce della sua casa affacciata sui tetti di Roma, s'abbandona a un racconto dove la vita privata scivola fatalmente in quella pubblica, e viceversa.

Così il futuro fondatore de "la Repubblica" scelse la monarchia.
"Croce era convinto che l'istituto monarchico offrisse maggiori garanzie di laicità rispetto alla repubblica guidata dalla Democrazia cristiana. Per molti cattolici l'Italia era 'il giardino del Vaticano'".

Temevate l'egemonia scudocrociata?
"Sì, ne discussi anche con Italo Calvino, che votò per la Repubblica. Lo ricordo bene perché fu l'ultima lettera, quella che chiuse il nostro scambio epistolare".

Fu questo voto divergente a intiepidire i rapporti?
"No, più semplicemente si era esaurita l'intimità adolescenziale. Eravamo ormai due persone adulte con una diversa esperienza alle spalle: Italo aveva fatto la guerra partigiana in Liguria; io ero rimasto a Roma dove la Resistenza era quella dei Gap, agguerrite formazioni comuniste a cui ero estraneo. Così per ripararmi dai tedeschi avevo trovato rifugio dai gesuiti, alla Casa del Sacro Cuore in via dei Penitenzieri. Rimasi lì dal marzo alla fine di aprile del 1944: un mese e mezzo di esercizi spirituali durissimi, fatti in ginocchio con le mani davanti agli occhi".

Insomma, il tuo vissuto era diverso da quello di Calvino.
"Sì, ma non eravamo distanti. Anche Italo temeva una preponderanza democristiana, ma era convinto che il quadro politico si sarebbe evoluto in meglio. Però non riuscì a convincermi".

Anche Luigi Einaudi votò a favore della monarchia per poi diventare due anni dopo presidente della Repubblica.
"Era un liberale, come lo ero io. In realtà eravamo repubblicani. E infatti subito dopo il voto mi sentii lealmente schierato con la Repubblica".

Ma non fu subito chiaro a chi appartenesse la vittoria.
"In un primo momento circolò la voce che avessero vinto i monarchici: al Sud il loro voto era stato di gran lunga prevalente. C'era una grande confusione, anche il timore che la votazione non si fosse svolta in modo regolare".

Hai mai creduto all'ipotesi dei brogli orditi per favorire la Repubblica?
"Mah, il sospetto fu smentito con prove".

Un "miracolo della ragione", così Piero Calamandrei accolse la vittoria repubblicana. Fece notare la novità storica: non era mai avvenuto che una Repubblica fosse proclamata per libera scelta di un popolo mentre era sul trono un re.
"Sì, aveva ragione. Devo dire che io mi trovavo in una condizione molto strana. In fondo mi consideravo anche io un miracolato. E a salvarmi, tre anni prima, era stato il vicesegretario del partito nazionale fascista. Nell'inverno del 1943 ero ancora fascista, come la massima parte dei miei coetanei. Ed ero contento di esserlo, tra mitografie imperiali, la divisa littoria che piaceva alle ragazze, il lavoro giornalistico su
 Roma fascista. Finché fui cacciato dal Guf per un articolo in cui denunciavo una speculazione dei gerarchi. Se Carlo Scorza non mi avesse espulso, avrei vissuto il post-fascismo da fascista".



Avresti potuto scoprire il tuo antifascismo in altro modo.
"Fu dopo la cacciata dal Guf che cominciai a gravitare negli ambienti più illuminati di Giuseppe Bottai, fucina del dissenso per molti antifascisti".

Ti ho chiesto del voto referendario. Ma com'era l'Italia del Dopoguerra?
"Un Paese massacrato che però voleva dimenticare le ferite della guerra. Per rilanciare il turismo il governo consentì l'apertura di case da gioco. L'organizzazione di molte sedi dipendeva da mio padre, così gli proposi di occuparmene. "Sei matto?". Alla fine riuscii a convincerlo. E nel giugno del 1946 ottenni il mio primo lavoro: direttore amministrativo del casinò di Chianciano. Grande divertimento, due smoking con giacca nera e bianca. E anche il
 dinner jacket che mi faceva sentire una specie di Cary Grant".

Durò solo quattro mesi e poi la tua vita sarebbe stata molto diversa. Se dovessi scegliere un volto per illustrare una tua storia della Repubblica di questi settant'anni?
"Domanda imbarazzante. Però non mi sottraggo: i busti di Riccardo Lombardi e Antonio Giolitti".

Il simbolo più alto del riformismo italiano. Ma è vero che il primo governo di centrosinistra ebbe vita nel salotto di casa tua?
"Non esageriamo. Però è vero che nel 1963, agli albori di quella nuova stagione, ospitai una sera a cena Riccardo Lombardi, mio carissimo amico, e Guido Carli, allora Governatore della Banca d'Italia. Lombardi era stato incaricato da Nenni, vicepresidente del Consiglio, di preparare le grandi riforme. Così venne a casa per sottoporre a Carli alcune di quelle proposte - la nazionalizzazione dell'industria elettrica, la riforma dei suoli urbani e la nominatività dei titoli - ma ricevette un sacco di critiche, specie sulle due ultime questioni. Lombardi era arrivato da noi molto prima di Carli: non riusciva a camminare perché gli si era rotta una stringa delle scarpe. Quindi la nostra prima preoccupazione fu risolvere il problema dei lacci".

Poi quella stagione riformista tramontò. Qual è stata l'altra grande occasione mancata della storia repubblicana?
"La grande riforma che aveva in mente Moro: rifondare lo Stato con l'indispensabile appoggio del partito comunista. I colpi di mitra dei brigatisti glielo impedirono. Pochi giorni prima del sequestro mi aveva mandato a chiamare. Non ci sentivamo da dieci anni perché lui mi aveva fatto condannare ingiustamente al processo per la campagna dell'
Espresso contro il golpe del generale De Lorenzo. Ma fu un colloquio molto denso. E io ne avrei pubblicato il resoconto dopo la sua morte".

Con gli inquilini del Quirinale hai avuto rapporti alterni, molto polemici - Segni e Leone - o molto amichevoli, ad esempio con Scalfaro, Ciampi e l'attuale presidente Mattarella. Con chi hai avuto maggiore intimità?
"A Pertini mi legava un'amicizia perfino imbarazzante, che il presidente ostentava senza reticenza. Interveniva per telefono anche alle riunioni mattutine de '
la Repubblica', e la sua voce energica portava allegria. Con Francesco Cossiga invece era finita malissimo. Quando era presidente del Consiglio, ogni mercoledì mattina, avevamo l'abitudine di fare la prima colazione insieme. E l'amicizia durò anche al Quirinale, finché cominciò a togliersi i famosi "sassolini dalla scarpa". Dopo le due prime esternazioni, gli chiesi di essere ricevuto con la massima urgenza. "Non puoi smantellare i principi del patto costituzionale, tu sei il garante della Carta". E lui non volle più vedermi. Soffriva di ciclotimia, psichicamente fragile".

E il rapporto con Giorgio Napolitano?
"Nel corso della sua presidenza l'ho sempre sostenuto, ma non quando ha tollerato in silenzio la pugnalata di Renzi contro Letta. Tra noi c'è un rapporto di amicizia, che non comporta essere d'accordo su tutto: sull'attuale riforma costituzionale abbiamo pareri molto diversi".

Direttore, un'ultima domanda azzardata. Ma non è che nella scelta del nome "la Repubblica" per il tuo giornale abbia inciso anche il desiderio inconsapevole di espiare il voto monarchico di trent'anni prima?
"Ma
 no, me l'ero scordato del tutto. Scelsi il nome 'la Repubblica' perché volevo dare al giornale un carattere politico e nazionale. Il voto monarchico non era stato frutto di passione. Ero in realtà un repubblicano, e lo sarei ridiventato subito dopo".


Referendum 02/06/1946 | Area ITALIA

Elettori28.005.449
Quesito
1.REFERENDUM SULLA FORMA ISTITUZIONALE DELLO STATO
Votanti24.946.87889,08%Voti validi23.437.143
Schede bianche1.146.729Schede non valide (bianche incl.)1.509.735
Repubblica12.718.64154,27%Monarchia10.718.50245,73%

lunedì 23 maggio 2016

L'azione femminile nella tragedia greca

Siracusa, l'azione femminile nella tragedia greca...alcuni dei bellissimi lavori degli studenti del Liceo Gagini... Alcesti, Antigone,Elettra.....Clitennestra, Elena,Fedra,Medea....


Alcesti, il saluto

L'abbraccio fra Elettra e Oreste, finalmente ritrovati..









Elettra e Oreste accusano e uccidono la madre Clitennestra(con l'amante Egidio) , colpevoli dell'assassinio di Agamennone...Clitenenstra accusava, e fa uccidere Agamennone, colpevole di aver sacrificato la figlia più amata,Ifigenia...nei miti e nelle tragedie greche, ogni colpa ha una motivazione in una colpa precedente...

lunedì 16 maggio 2016

Jose e Davide, dalle Langhe al Lago.

Siamo ritornati fra i banchi, e con gli studenti abbiamo rivisitato le sensazioni dopo lo spettacolo di sabato.Proposto in forma anonima un questionario di valutazione dall'1 al 5(la scuola non si smentisce mai del tutto..), ne è risultata una media di gradimento del 4,34/5.
Fra i commenti più lusinghieri:
"bello,interessante e originale;bella voce del narratore; testi molto belli, basi musicali molto ritmate e coinvolgenti";
"è stata una rappresentazione che ha saputo trasmettere la bellezza degli scritti di Fenoglio .L'attore è riuscito ad intepretare molto bene tutti i ruoli.E'stato molto chiaro ed ha reso facile capire la trama della storia.La musica è stata spettacolare!Ho apprezzato moltissimo i testi delle canzoni.Il cantante è stato molto bravo,ma anche gli altri musicisti hanno fatto un ottimo lavoro";
"la musica e i testi delle canzoni erano perfettamente coerenti. Portava gioia e interesse in qualcosa che a volte potrebbe sembrare noioso,che assolutamente non è stato.Il sound era eccellente,le canzoni  erano varie e diverse le strumentazioni"
Un "Bravo!" ancora, dunque, a Mauro,Augusto, Andrea, , Francesco,Maurizio,Paolo...ed Edoardo, e a ricordo caro di Beppe Fenoglio, di Agostino, Jose, del partigiano Johnny..






intanto ricevo da Mauro:

E’ stata davvero una bella soddisfazione. Grazie ai professori (Oriana Abbiati, Maria Grazia Pia, Marco Nifantani) e ai dirigenti dell’Istituto superiore Cobianchi di Verbania per l’invito e la magnifica accoglienza. In particolare al prof. Dario Varini che ha fortemente voluto questo evento. Un saluto a tutti gli alunni che ci hanno ascoltato con grande attenzione e coinvolgimento. Mi auguro che l’esperienza si potrà ripetere in altre scuole, vista l’ottima risposta da parte degli studenti. A quel punto potremo intitolare al Cobianchi la nave rompighiaccio.
A presto. Mauro e gli Estronauti (Maurizio Bongioanni, Andrea Gavuzzo, Augusto Grinzi, Francesco Bordino) con Paolo Tibaldi.

sabato 14 maggio 2016

Scuola e festa, non sempre un ossimoro

Una mattinata di festa che abbiamo creato insieme  e insieme  potuto condividere.Per credere che la Scuola è fatta anche di momenti   come questi, in cui la poesia ,la letteratura,la musica  si possono comunicare ... di momenti di vissuto, di estetica, di un bello che trasmette una saggezza , com'è avvenuto per i sentieri delle Langhe e del Levante ligure...un augurio che il viaggio  continui....





martedì 10 maggio 2016

14 maggio, Mauro Carrero e gli Estronauti, Jose e Davide, Beppe Fenoglio a Verbania

foto di Jose e Davide.

Finalmente avremo la possibilità e l’onore di portare Jose e Davide in una scuola. Al suonar della campanella dell’intervallo di sabato mattina, all’Istituto superiore Cobianchi di Verbania, daremo ai ragazzi una scossa a suon di Folk-Rock langhigiano, più di un caffè doppio con merendina. 
Come sempre mi auguro che il nostro concerto possa essere un modo per approfondire ancor di più la figura e l’opera di Beppe Fenoglio, soprattutto per le giovani leve. 
Anche se Jose e Davide è ispirato a una storia del cosiddetto “filone contadino” di Fenoglio, e non alla sua produzione Resistenziale, non è certo un caso che l’invito ci sia stato rivolto da una scuola di Verbania. Sarà infatti anche una sorta di gemellaggio tra quelle che furono le gloriose “Repubblica dell’Ossola” e quella dei “ventitré giorni”. Così come un “incontro” tra due località ricche di fascino storico e paesaggistico.
Tutto questo sarà possibile grazie all’interessamento e alla grande passione del prof. Dario Varini, che voglio ringraziare pubblicamente per la caparbietà e la dedizione con cui ha organizzato l’evento, sapendo che non è affatto facile riuscire a portare un concerto in una scuola.
Un dovuto ringraziamento anche all'Amministrazione comunale di Verbania e ai dirigenti e professori dell'Istituto. 
Io e Gli Estronauti (Maurizio Bongioanni, Augusto Grinzi, Francesco Bordino, Andrea Gavuzzo) e Paolo Tibaldi, alla voce narrante, siamo ormai al conto alla rovescia. A presto Verbania, Mauro Carrero.

lunedì 9 maggio 2016

Il cammino della decolonizzazione

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Nel lungo e difficile cammino della decolonizzazione, molti furono i militanti asiatici , africani, sudamericani che s'impegnarono   e sacrificarono  in una lotta per l'indipendenza dei propri popoli e nazioni dallo sfruttamento delle grandi potenze coloniali. Da Ghandi a Mandela, molti sono i nomi noti, lo è meno il giovane leader congolese che subì una terribile fine. Spiace dover considerare che sovente questa lotta servì solo per passare dallo sfruttamento operato dai paesi tradizionalmente imperialisti a dittature locali operanti al servizio di nuovi colonialismi contemporanei.

Il 17 gennaio 1961 nella regione secessionista del Katanga (al sud della Repubblica Democratica del Congo) veniva assassinato Patrick Emery Lumumba, giovane (aveva 36 anni) leader congolese - era stato tra giugno e settembre del 1960 - primo ministro della neonata Repubblica Democratica del Congo (ex Congo Belga, poi Zaire e oggi ancora R.D. del Congo). Con l'omicidio di Lumumba si è ucciso sicuramente uno dei più brillanti fautori della lotta di liberazione africana e del panafricanismo, ma al tempo stesso si sono forse interrotte per sempre le speranze di emancipazione di un intero continente.
Lumumba era nato a Onahua (Sankuru-Kasai) il 2 luglio 1925 da una famiglia di contadini cattolici di etnia baTetela. Educato prima nella scuola cattolica e poi in quella protestante gestita dagli svedesi, nel 1941 frequenta la scuola infermieri di Ciumbe Sainte Marie, senza conseguire il diploma. Brillante studente, è interessato alla letteratura e alla filosofia occidentale. Si trasferisce prima a Kindu dove frequenta icircoli degli evolues. Nel 1948 dopo aver conseguito il diploma viene assunto come impiegato alle poste di Leopoldville (oggi Kinshasa). Nel 1951 si sposa con Pauline Opangu e in quegli anni diventa molto attivo all'interno di associazioni di congolesi, culturali e di mutuo soccorso, dove iniziano a circolare idee anticoloniali. Nel 1954 si trasferisce a Stanleyville (oggi Kisangani) dove fonda la sezione provinciale del Partito Liberale e dove, in veste di membro del Circolo Liberale, incontra Re Baldovino in viaggio in Congo.
Nel 1956 su invito del Ministro delle Colonie compie un viaggio studio in Belgio.
Nel 1957 lavora come direttore della ditta "Polar di Stan", mentre l'Associazione dei Bakongo (Abako) guidata da Kasavubu diventa il movimento nazionalista a carattere tribale più importante. Nel 1958 nasce l'Azione Socialista, il primo partito congolese a carattere nazionale (successivamente diventerà il Partito del Popolo), guidato dal sindacalista Alphonse Nguvulu. In ottobre del 1958 Lumumba fonda il Movimento Nazionale Congolese (MNC) , interetnico, che si pone come obiettivo l'abbattimento del regime coloniale e l'accesso all'indipendenza. A fine del 1958 Lumumba sarà il capo delegazione congolese alla Conferenza Panafricana di Accra, dove viene a contatto con il movimento panafricano. Il 1959 è segnato fin dai primi giorni dagli scontri in Congo. In poco tempo la rivolta si estende all'intero paese. Sciolto l'Abako (si riformerà come Partito Democratico Congolese) vengono arrestati i leader politici. Tra scissioni politiche all'interno dei partiti congolesi e richieste di indipendenza il 1959 giunge al 30 ottobre, quando la polizia spara contro la folla a Stanleyville. Vi saranno 30 morti e 100 feriti. Il giorno dopo Lumumba viene arrestato e sarà rilasciato il 26 gennaio, in tempo per partecipare a Bruxelles alla Tavola Rotonda (assieme a tutti i leader congolesi) , che durerà fino al 20 febbraio, che decide l'indipendenza per il 30 giugno 1960. Prevale la tesi di Lumumba che è quella unionista, contro spinte secessioniste di altri leader politici.
Il 22 maggio 1960 si svolgono le elezioni in Congo. L'MNC di Lumumba ottiene 41 dei 137 seggi, il PNP 21, il PSA 12, l'Abako 10, il Cerea 8, MNC di Kalonji (scissionisti) 8, il Conokat di Ciombè 8, Il Balubakat 7, il Puna 7. La frammentazione è forte. Lumumba viene eletto in Parlamento con 84.602 preferenze.
Il 23 giugno Lumumba è nominato Primo Ministro e Ministro della Difesa. Il giorno dell'indipendenza Lumumba nel suo intervento continua a spingere per l'unità del Paese e prendere le distanze dal regime di corruzione che i belgi avevano instaurato. Secondo alcuni firma quel giorno la sua condanna a morte.
Passano infatti solo pochi giorni e l'11 luglio la ricca regione mineraria del Katanga, guidata da Mosè Ciombè e appoggiata dalla compagnia mineraria Union Minierè e dai Belgi (che gli avevano giurato vendetta) dichiara la secessione. E' il caos. Scoppia quella che sarà nota come la Crisi Congolese. Le Nazioni Unite con il segreteraio generale Dag Hammarskjold (che morirà durante una missione proprio per la crisi congolese il 18 settembre 1961 proprio in un incidente aereo, le cui cause non sono mai state chiarite, in Zambia) tentano una mediazione.
Lumumba non scende a patti con l'ex potenza coloniale e cerca solidarietà dai governi africani indipendenti e negli Stati Uniti (dove però il presidente Eisenhower, su consiglio dei servizi segreti, si rifiuta di incontrarlo). A fine luglio, Lumumba firma la sua definitiva condanna a morte. Chiede infatti l'intervento dell'Armata Rossa a Krusciov per sedare la ribellione in Congo. Da allora la CIA (che lo spiava) decretò che andava eliminato per impedire l'ingerenza russa in Africa Centrale. A fine settembre il Presidente Kasavubu destituisce Lumumba (grazie alle forze militari guidate da Joseph Mobutu), mentre il Parlamento, appoggiando Lumumba, revoca l'incarico a Kasavubu. E' un vero e proprio colpo di stato e le Nazioni Unite non intervengono.
Il 2 dicembre 1960 Lumumba viene arrestato da Mobutu e dopo esser stato consegnato ai secessionisti del Katanga, il 17 gennaio 1961 - una volta avuto il benestare della CIA - viene fucilato (assieme ai suoi collaboratori Joseph Okito e Maurice Mpolo). I loro corpi vengono ridotti a pezzi e sciolti nell'acido delle batterie per auto. Ad eseguire l'ordine saranno gli uomini dell'ufficiale belga Gerard Soete. (link con la sua intervista sull'assassinio)
Con l'assassinio di Lumumba - oltre ad eliminare un idealista e un sostenitore acceso del Panafricanismo - si stroncò l'idea che i Paesi africani potevano veramente essere indipendenti ed affrancarsi dagli ex paesi colonizzatori o dalle grandi potenze.

sabato 7 maggio 2016

Gli studenti italiani protestano per l'alto costo delle tasse universitarie

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Tasse universitarie, salate in Italia: tra le più alte in Europa dopo Regno Unito e Olanda

Il premier Renzi ha da poco annunciato "novità" nei calcoli ma gli studenti propongono la loro ricetta: no tax area fino a 28mila euro di Isee e maggiori tutele per gli iscritti part-time
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TASSE universitarieeccessivamente salate in Italia e gli studenti propongono la propria ricetta. Mercoledì scorso, nell'ambito di una serie di interventi sulla fiscalità generale, il premier Matteo Renzi ha annunciato anche "novità" sulla tassazione universitarie. In estrema sintesi: il governo sta lavorando a un progetto che preveda una "no tax area" al di sotto di una certa soglia, legata al profitto. In altre parole, le famiglie meno abbienti non pagheranno le tasse universitarie se i loro figli supereranno almeno un numero minimo di esami (crediti).

E sul tema intervengono anche i diretti interessati: gli studenti. "A dispetto di quanto la ministra Giannini ha più volte affermato - dichiara Alberto Campailla, portavoce di Link coordinamento universitario - l'università italiana è tra le più costose d'Europa.

E ora pare che il presidente del Consiglio abbia intenzione di affrontare il problema di accesso alla formazione superiore e ha annunciato ieri misure sulla tassazione universitaria". I dati dell'Ocse - che si riferiscono all'anno accademico 2013/2014 - raccontano una realtà piuttosto preoccupante. In nove dei sedici paesi europei - Norvegia, Danimarca, Finlandia, Svezia, Turchia, Repubblica Slovacca, Slovenia, Estonia e Ungheria - censiti dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico le tasse universitarie per l'accesso agli atenei pubblici non sono contemplate. In altri quattro paesi - Svizzera, Belgio, Francia e Austria - le tasse in media non superano i mille dollari Usa equivalenti e l'Italia - con 1.602 dollari a studente si piazza al terzo posto, dopo Regno Unito (9.019 dollari Usa) e Olanda (2.300 dollari).

Al momento, in parlamento sono state depositate due proposte di legge: una a firma della dem Emanuela Ghizzoni e l'altra del grillino Gianluca Vacca. "Anche gli studenti però hanno una proposta - continua Campailla -. Abbiamo lanciato la campagna 'don't tax me now', una proposta completa in tema di tassazione che è uno dei cardini del nostro programma in vista delle prossime elezioni per Consiglio nazionale studenti universitari, previste il 18 e 19 maggio". Di che si tratta? "La nostra proposta - spiegano gli universitari - vuole da un lato assorbire il forte aumento della tassazione derivato dall'introduzione del nuovo Isee dall'altro rendere l'università italiana davvero accessibile a tutti".

Gli studenti, in particolare chiedono una no tax area fino a 28mila euro di Isee che significherebbe esentare il 39 per cento degli studenti come avviene in molti paesi europei. A conti fatti, "il costo dell'operazione è pari a 650 milioni di euro", che verrebbero meno nelle casse universitarie e potrebbero essere recuperate con un "incremento del Fondo di funzionamento ordinario" che lo Stato eroga agli atenei. "Chiediamo inoltre una tassazione realmente progressiva e maggiori tutele per gli studenti part-time". "Come sempre - conclude Campailla - già ci siamo attivati negli atenei al momento dell'approvazione dei regolamenti tasse". E alcuni hanno già accolto alcune richieste degli studenti "riducendo sensibilmente la tassazione per gli studenti meno abbienti".