domenica 24 novembre 2013

Juan Ginés de Sepúlveda Non uomini ma “omuncoli”

"Confronta ora le doti di prudenza, ingegno, magnanimità, temperanza, umanità, religione di questi uomini [gli spagnoli] con quelle di quegli omuncoli, nei quali a stento potrai riscontrare qualche traccia di umanità, e che non solo sono totalmente privi di cultura, ma non conoscono l’uso delle lettere, non conservano alcun documento sulla loro storia […] E se, a proposito delle loro virtù, vuoi sapere della loro temperanza e mansuetudine, che cosa potresti aspettarti da uomini abbandonati ad ogni genere di intemperanza e nefanda libidine, molti dei quali si nutrivano di carne umana? Non credere che prima della venuta dei cristiani vivessero in ozio, nello stato di pace dell’età di Saturno cantata dai poeti, ché al contrario si facevano guerra quasi in continuazione, con tanta rabbia da non considerarsi vittoriosi se non riuscivano a saziare con le carni dei loro nemici la loro fame portentosa; crudeltà che in loro è tanto più straordinaria quanto più distano dalla invincibile fierezza degli Sciiti anch’essi mangiatori di corpi umani: infatti sono così ignavi e timidi che a mala pena possono sopportare la presenza ostile dei nostri, e spesso sono dispersi a migliaia e fuggono come donnette, sbaragliati da un numero così esiguo di spagnoli che non arriva neppure al centinaio. [...] Così Cortés, all’inizio, per molti giorni tenne oppressa e terrorizzata, con l’aiuto di un piccolo numero di spagnoli e di pochi indigeni, una immensa moltitudine, che dava l’impressione di mancare non soltanto di abilità e prudenza, ma anche di senso comune. Non sarebbe stato possibile esibire una prova più decisiva o convincente per dimostrare che alcuni uomini sono superiori ad altri per ingegno, abilità, fortezza d’animo e virtù, e che i secondi sono servi per natura. Il fatto poi che alcuni di loro sembrino avere dell’ingegno, per via di certe opere di costruzione, non è prova di una più umana perizia, dal momento che vediamo certi animaletti, come le api e i ragni, costruire opere che nessuna attività umana saprebbe imitare. Per quanto concerne la vita sociale degli abitanti della Nuova Spagna e della provincia di Messico, già si è detto che sono considerati i più civili di tutti, e loro stessi vantano delle loro istituzioni pubbliche, quasi fosse non piccola prova della loro industria e civiltà il fatto di avere città edificate razionalmente e re nominati non secondo un diritto ereditario e basato sull’età, ma per suffragio [voto] popolare, e di esercitare il commercio come i popoli civilizzati. Pensa quanto si sbagliano costoro, e quanto la mia opinione dista dalla loro: giacché secondo me la maggior prova della loro rozzezza, barbarie e innata servitù è costituita proprio dalle loro istituzioni pubbliche, che sono per la maggior parte servili e barbare. Infatti che abbiano case e alcuni modi razionali vita in comune e i commerci ai quali induce la necessità naturale, che cosa altro prova, se non che costoro non sono orsi o scimmie del tutto prive di ragione?
Ho parlato del carattere e dei costumi di questi barbari; che dire ora dell’empia religione e nefandi sacrifici di tale gente, che venerando il demonio come Dio, non trova di meglio per placarlo che offrirgli in sacrificio cuori umani? Questa sarebbe una cosa buona, se per “cuori” si intendessero le anime immacolate e pie degli uomini; ma loro riferivano questa cessione non allo spirito che vivifica (per usare le parole di san Paolo) ma alla lettera che uccide, e ne davano una interpretazione stolta e barbara, pensando che si dovessero sacrificare vittime umane: e aprendo i petti degli uomini ne strappavano i cuori e li offrivano sulle are nefande, credendo così di aver fatto un sacrificio secondo il modo stabilito e di aver placato gli dei. Essi stessi poi si cibavano delle carni degli uomini immolati. Questi crimini, che superano ogni umana perversità, sono considerati dai filosofi tra le più feroci e abominevoli scelleratezze. E quanto al fatto che alcune di quelle popolazioni, secondo quanto si dice, manchino completamente di ogni religione e di ogni conoscenza di che altro è questo se non negare l’esistenza di Dio e vivere come le bestie? Non vedo cosa si potrebbe escogitare di più grave, di più turpe, di più alieno alla natura umana. Il genere di idolatria più vergognoso è quello di quanti venerano come dio il ventre e le parti più turpi del corpo, considerano religione e virtù i piaceri carnali, e come porci tengono sempre lo sguardo fisso a terra, quali non avessero mai visto il cielo. A costoro soprattutto si applica quel detto di san Paolo: la loro fine è la perdizione, il loro dio il ventre, giacché attribuiscono valore alle cose terrene. Stando così le cose, come potremmo porre in dubbio l’affermazione che questa gente così incolta, così barbara, contaminata da così nefandi sacrifici ed empie credenze, è stata conquistata da un re eccellente, pio e giusto quale fu Ferdinando [Ferdinando II “Il Cattolico” (1452 – 1516) re di Aragona, Sicilia, Sardegna e Napoli] ed è attualmente imperatore Carlo [Carlo V (1500-1558) re di Spagna (1516-1556) e imperatore del Sacro Romano Impero (1519 – 1556)], e da una nazione eccellente in ogni genere di virtù, con il maggior diritto e il miglior beneficio per gli stessi barbari? Prima della venuta dei cristiani avevano il carattere, i costumi, la religione e i nefandi sacrifici che abbiamo descritto; ora, dopo aver ricevuto col nostro dominio le nostre lettere, le nostre leggi e la nostra morale ed essersi impregnati della religione cristiana, coloro – e sono molti – che si sono mostrati docili ai maestri e ai sacerdoti che abbiamo loro procurato, si discostano tanto dalla loro prima condizione quanto i civilizzati dai barbari, i dotati di vista dai ciechi, i mansueti dagli aggressivi, i pii dagli empi e, per dirla con una sola espressione, quasi quanto gli uomini dalle bestie."

da J. G. de Sepúlveda, Democrates alter, sive de justis belli causis apud indos, in La scoperta dei selvaggi, Principato, Milano 1971, pp. 259-260.

4 commenti:

  1. Attenzione speciale:questo testo fa formazione per la prossima verifica di Italiano/Storia ! ( a seguito, spiegazioni in classe ...)

    RispondiElimina
  2. In questo brano vengono descritti gli indios come dei selvaggi, animali, ignoranti (riferimenti al fatto che si nutrono di carne umana)… mi sembra di capire che l’autore, dal modo così disprezzante con cui li descrive, sarebbe disposto a prendere grandi provvedimenti per poter portare questi popoli a una mentalità più civile, anche far uso di armi se necessario.

    Mi aveva colpito molto quando in classe lei ci aveva parlato dei sacrifici umani e dei molti dei che la gente di quel tempo adorava… per quanto riguarda i sacrifici l’ho trovata una cosa così barbarica, e il fatto di adorare molti dei una cosa stupida e superficiale…

    Molto bello per me è il riferimento fatto in questo testo dall’autore sulle cose che possono fare, nel loro piccolo, dei minuscoli insetti come i ragni e le formiche e che invece questi popoli anche se, in teoria, più evoluti non riescono a fare!

    RispondiElimina
  3. Leggiti gli altri brani sul testo, la parte del capitolo di storia che li riguarda, comincia a compararli...questa la via per la verifica di giovedì prossimo.

    RispondiElimina
  4. Questo documento viene scritto per mettere in luce le differenze tra i conquistatori, ovvero gli europei con i sottomessi indigeni. Gli occidentali a seguito della scoperta di nuovi territori, si insediarono e ne sfruttarono popolazione e territorio. Gli americani erano ritenuti barbari, selvaggi e inferiori. Gli vengono attribuiti tali aggettivi in quanto avevano usi e culture diverse, avevano meno conoscenze ed erano diversi da loro, nuovi. I conquistadores attuarono una sorta di sterminio dei popoli nativi di quelle terre ed erano loro dovere trattarli come schiavi. Dal punto di vista religioso un rito delle popolazioni native consisteva nell’ uccidere uomini per estrapolarne il cuore e compiere quindi un sacrificio per il loro Dio. Ciò lo ritengo sciocco, come ritengo strano il fatto che lo scrittore lo definisca un massacro, mentre non osa neppure pensare che ciò che hanno fatto gli europei sia forse peggiore. Ci si rivolge addirittura alla parola di S.Paolo e si riesce anche ad attribuirle un significato completamente opposto e a usarlo come conferma e giustifica delle loro azioni. Il brano è un susseguirsi di comparazioni tra le due fazioni e un continuo elogio dei vincitori. I sottomessi vengono continuamente sminuiti: non usavano vestirsi, se non coprire le parti intime e hanno una burocrazia che si basa su istituzioni pubbliche. Nella prima parte del brano chi scrive sembra quasi divertito all’idea che gli indigeni provino paura e scappino come femminucce dinanzi a una piccola parte di europei i quali avevano armature, armi, cavalli e molto altro che erano agli avversarsi sconosciuto. Sempre all’inizio troviamo un piccolo complimento, poi sminuito, ovvero la presenza di costruzioni edilizie degne, come ad esempio il particolare tipo di piramidi a gradoni. Addirittura vengono paragonati ad animali e non sono degni di essere sotto il controllo di imperatori e gente europea. Ritengo che questi brani sono molto forti e oggi ci sembra assurdo: nel 2013 viviamo in un mondo dove convivono varie forme di culture, idee, religioni diverse e anzi proprio la diversità diventa una ricchezza. Oltre a tutto ciò che possiamo imparare da ciò che è diverso da noi, pensiamo ad una città come New York: una delle sue caratteristiche è proprio il fatto che vi sono persone provenienti da ogni parte del mondo e una delle cose che ci affascinano di questa immensa città è il fatto che rappresenta un po tutta la Terra e che ogni cittadino,lì, si sente a casa. Queste forme di discriminazione si sono susseguite in tutta la storia; in alcuni casi in maniera meno forte, in altre più sentite (sterminio degli ebrei) ed è riconducibile a ciò che accade ancora oggi, con la discriminazione, questa volta, degli africani. Non si può certo negare che gli indigeni erano più arretrati rispetto agli europei e che di certo non si può fare una guerra e sottomettere un territorio con il sorriso e senza versare una goccia di sangue.

    RispondiElimina