venerdì 1 maggio 2015

Friedrich Hölderlin






Hölderlinldër-›, Friedrich. - Poeta tedesco (Lauffen am Neckar 1770 - Tubinga 1843). Ebbe vita infelice: aveva due anni quando gli morì il padre; qualche anno più tardi la madre sposò in seconde nozze il borgomastro della non lontana Nürtingen, e ivi si trasferì; ma già nel 1779 era di nuovo vedova. Avviato agli studî teologici, H. fra il 1784 e il 1788 studiò nei seminarî di Denkendorf e Maulbronn, indi all'università di Tubinga, ove si legò d'amicizia con Hegel e Schelling. Nel 1793 ottenne il titolo abilitante all'esercizio dell'ufficio di pastore, ma, per motivi ideologici, si rifiutò sempre di assumere un simile incarico. Per interessamento di Schiller, divenne precettore in casa di Charlotte von Kalb, a Waltershausen; ma fu una breve e non fortunata esperienza. Esito ancor più doloroso conseguì l'esperienza di un contatto diretto a Jena e a Weimar, con Herder, Schiller e Goethe. Nel gennaio 1796 riprese l'attività di precettore, trasferendosi a Francoforte sul Meno in casa del ricco banchiere J. Fr. Gontard; e qui visse il grande amore della sua vita, innamorandosi, ricambiato, della ventiseienne moglie del banchiere, Susette, cantata col nome di Diotima. Fu l'unico periodo felice della sua esistenza, troncato nell'estate del 1798, dopo umiliazioni subite da parte dell'ingelosito banchiere e continue crisi di coscienza. Dopo il distacco, H. di nascosto riuscì ancora a rivedere qualche volta Susette, che morì consunta dal dolore da lì a due anni. All'inizio del 1802 era a Bordeaux, quale precettore in casa del console di Amburgo; ma già nel maggio dovette abbandonare l'incarico. Tornato a Nürtingen in preda a un grave e persistente stato di agitazione e di confusione, per le cure della madre e per la dedizione dell'amico Sinclair riuscì in parte a recuperare lucidità se non proprio serenità. Nell'estate del 1804, col sostegno del fedele amico Sinclair, H. era a Homburg vor der Höhe, per assumervi la carica di bibliotecario; ma dopo un inizio che dava adito a speranze di miglioramento, il male prese sempre più il carattere della cronicità insanabile; e anche Sinclair dovette infine arrendersi di fronte all'evidenza. Nel settembre del 1806 accompagnò il demente a Tubinga; dimesso come incurabile, H. visse sino alla morte in una non lontana torre. Spirito nativamente ripiegato in un'interiorità avversa a ogni logica concettuale, durante la sua formazione H. avvertì l'influsso di Klopstock, Kant, Schiller, Rousseau, infine dei greci. Da giovane, studente a Tubinga, sentì fortemente il richiamo del verbo rivoluzionario propagato dalla Francia; il richiamo all'azione che H. avvertì vigoroso e continuo, si trasformò in lui, negato all'azione, in un motivo di dissidio interiore. Anche per ciò la poesia gli divenne rifugio, reazione contemplativa al mondo circostante, appello alla natura. Cominciò a scrivere, giovanissimo, inni ed elegie schillerianamente patetiche nel tono e idealizzanti nel contenuto (An die Menschheit, An die Schönheit, An die Freiheit e simili). Ma l'amore per la sua terra natale, unito al nascente culto della grecità, lo portò ben presto a espressioni inconfondibilmente sue, riprese da modelli classici ma insieme animate da una totale partecipazione. Quel genio greco cantato nel giovanile inno An den Genius Griechenlands (1790) come "primogenito" della natura è insistentemente evocato a dare il senso dell'armonia del cosmo, che è armonia divina che dall'alto compenetra tutto il creato. È lo stesso genio che, a insanabile contrasto con l'ottuso oscurantismo del presente, è in grado di ridonare all'umanità lo smarrito senso del divino. Per la sua virtù il paesaggio bello della Germania meridionale non fu più soltanto tale, ma si trasformò in un paesaggio grecizzato. Datano dagli anni di Francoforte (1796 - parte del 1798) le prime liriche del tutto personali, alcune esplicitamente dedicate a Diotima, altre illuminate dalla sua presenza (An Diotima, Ihre Genesung, Die Fluten des Himmels, An den Aether, Der Wanderer, Der Mensch). Il distacco da Diotima fu esperienza di una dolorosità mai più cancellata; ma, pure nel distacco, il mondo rimane ancora popolato dagli dei, che l'umanità di oggi non è più in grado di vedere, ma che il poeta, il vate, avverte a sé vicini, non più solo e non più tanto come generatori della luce di cui la terra è ricolma, quanto piuttosto come attivi depositarî dei decreti del destino; sicché il divino continua ad essere esaltato e amato ma insieme esige anche di essere rispettato e temuto. Sono degli anni 1798-1800, trascorsi in raccoglimento a Homberg, alcune liriche fra le più compiute, per ricchezza e novità di messaggio e per armoniosità di eloquio, che mai siano state scritte in lingua tedesca: Menons Klage um Diotima, Geh unter, schöne Sonne, Abendphantasie, Der Main, Der Neckar, Heidelberg. E ancora Mein Eigentum, Rückkehr in die Heimat, Der Tod fürs Vaterland, Buonaparte, Menschenbeifall, Die Launischen, An unsere grossen Dichter, Die scheinheiligen Dichter, An die jungen Dichter. Intanto, fra il 1797 e il 1799, era uscito in due piccoli volumi il romanzo epistolare Hyperion oder/">oder Der Eremit in Griechenland: è un romanzo lirico di magica bellezza, tutto traversato da un anelito, gioioso e insieme disperato, di partecipare della divina immensità del tutto. Hyperion, personaggio integralmente autobiografico, trova in Diotima, personificazione di ciò che di divino sulla terra può manifestarsi, l'ispirazione per presagire e cantare una nuova età beata, pur nella dilacerazione senza prospettive del momento, che lo rende esule nella patria Grecia fattasi ignara degli dei e nella Germania ancora ampiamente barbarica. Così, in una contaminazione fra piano storico e piano utopistico, H. prende anche coscienza dei problemi del momento, sulla scia dei principî mutuati dalla Rivoluzione francese (è rimasta famosa la denuncia feroce della miseria della nazione tedesca), sicché Hyperion diviene la più tormentata testimonianza sulla situazione tedesca al tramonto del secolo. H. non riuscì invece a conchiudere l'altra sua opera dal composito disegno, la tragedia Der Tod des Empedokles, che iniziò nel 1797. Teatralmente improponibile, ma liricamente quasi per intero all'altezza delle sue migliori cose, la tragedia riprende la leggenda della morte del filosofo di Agrigento gettatosi nel cratere dell'Etna, trasvalutandola come sacrificio espiatorio per una rigenerazione religiosa dell'umanità. Nell'ultima fase, cioè dal 1800 in poi, caratteristica nuova è l'accentuazione dell'elemento cristologico, in un appassionato e disperato tentativo di sincretismo religioso, in vista di un futuro dell'umanità ambìto e insieme temuto. Anche questa fu una stagione eccezionalmente felice per il poeta, pur se, nel frattempo, la personalità dell'uomo andava progressivamente sfaldandosi. Am Quell der Donau, Die Wanderung e Germanien tracciano il disegno di una grandiosa sintesi della storia spirituale, essenzialmente religiosa, dell'umanità, riservando alla Germania una sacralizzata centralità. Nel ditirambo Wie wenn am Feiertage, prima testimonianza del crescente influsso di Pindaro, si sublima la funzione mediatrice e come tale terribile del vate (tema ripreso in Deutscher Gesang). Le tre grandi elegie Heimkunft, Die Herbstfeier e Brot und Wein, interpretabili anche come triade unitaria, cantano la festa dei frutti della terra generosa in spirito insieme dionisiaco e cristologico. Gli inni Versöhnender, der du nimmergeglaubt e Der Einzige (cui tiene dietro il più diffuso e più complesso Friedensfeier) esprimono la profetica certezza di una generale conciliazione fra gli uomini in spirito religioso. L'inno cristologico per eccellenza, Patmos, la più poderosa fra tutte le composizioni di H., assume il rilievo di un testamento spirituale. Dopo, H. continuò ancora a scrivere liriche talora bellissime (da ricordare, scritta forse nel 1803, la stupenda Andenken, oltre le traduzioni da Sofocle); ma poco dopo subentrò il silenzio, interrotto solo da squarci che in nessun modo si elevano al piano della precedente produzione. A lungo H. dovette aspettare prima di ottenere i riconoscimenti che si è unanimi oggi nel ritenere a lui dovuti, come a uno dei sommi della poesia europea.

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