Hölderlin ‹hö′ldër-›,
Friedrich. - Poeta tedesco (Lauffen am Neckar 1770 - Tubinga 1843). Ebbe vita
infelice: aveva due anni quando gli morì il padre; qualche anno più tardi la
madre sposò in seconde nozze il borgomastro della non lontana Nürtingen, e ivi
si trasferì; ma già nel 1779 era di nuovo vedova. Avviato agli studî teologici,
H. fra il 1784 e il 1788 studiò nei seminarî di Denkendorf e Maulbronn, indi
all'università di Tubinga, ove si legò d'amicizia con Hegel e Schelling. Nel
1793 ottenne il titolo abilitante all'esercizio dell'ufficio di pastore, ma,
per motivi ideologici, si rifiutò sempre di assumere un simile incarico. Per
interessamento di Schiller, divenne precettore in casa di Charlotte von Kalb, a
Waltershausen; ma fu una breve e non fortunata esperienza. Esito ancor più
doloroso conseguì l'esperienza di un contatto diretto a Jena
e a Weimar, con Herder,
Schiller e Goethe. Nel gennaio 1796 riprese l'attività di precettore,
trasferendosi a Francoforte sul Meno in casa del ricco banchiere
J. Fr. Gontard; e qui visse il grande amore della sua vita, innamorandosi,
ricambiato, della ventiseienne moglie del banchiere, Susette, cantata col nome
di Diotima. Fu l'unico periodo felice della sua esistenza, troncato nell'estate
del 1798, dopo umiliazioni subite da parte dell'ingelosito banchiere e continue
crisi di coscienza. Dopo il distacco, H. di nascosto riuscì ancora a rivedere
qualche volta Susette, che morì consunta dal dolore da lì a due anni.
All'inizio del 1802 era a Bordeaux, quale precettore in casa del console di Amburgo;
ma già nel maggio dovette abbandonare l'incarico. Tornato a Nürtingen in preda
a un grave e persistente stato di agitazione e di confusione, per le cure della
madre e per la dedizione dell'amico Sinclair
riuscì in parte a recuperare lucidità se non proprio serenità. Nell'estate del
1804, col sostegno del fedele amico Sinclair, H. era a Homburg vor der Höhe,
per assumervi la carica di bibliotecario; ma dopo un inizio che dava adito a
speranze di miglioramento, il male prese sempre più il carattere della
cronicità insanabile; e anche Sinclair dovette infine arrendersi di fronte
all'evidenza. Nel settembre del 1806 accompagnò il demente a Tubinga; dimesso
come incurabile, H. visse sino alla morte in una non lontana torre. ▭ Spirito
nativamente ripiegato in un'interiorità avversa a ogni logica concettuale,
durante la sua formazione H. avvertì l'influsso di Klopstock, Kant, Schiller,
Rousseau, infine dei greci. Da giovane, studente a Tubinga, sentì fortemente il
richiamo del verbo rivoluzionario propagato dalla Francia;
il richiamo all'azione che H. avvertì vigoroso e continuo, si trasformò in lui,
negato all'azione, in un motivo di dissidio interiore. Anche per ciò la poesia
gli divenne rifugio, reazione contemplativa al mondo circostante, appello alla
natura. Cominciò a scrivere, giovanissimo, inni ed elegie schillerianamente
patetiche nel tono e idealizzanti nel contenuto (An die Menschheit, An
die Schönheit, An die Freiheit e simili). Ma l'amore per la sua
terra natale, unito al nascente culto della grecità, lo portò ben presto a
espressioni inconfondibilmente sue, riprese da modelli classici ma insieme
animate da una totale partecipazione. Quel genio greco cantato nel giovanile
inno An den Genius Griechenlands (1790) come "primogenito"
della natura è insistentemente evocato a dare il senso dell'armonia del cosmo,
che è armonia divina che dall'alto compenetra tutto il creato. È lo stesso
genio che, a insanabile contrasto con l'ottuso oscurantismo del presente, è in
grado di ridonare all'umanità lo smarrito senso del divino. Per la sua virtù il
paesaggio bello della Germania meridionale non fu più soltanto tale, ma
si trasformò in un paesaggio grecizzato. Datano dagli anni di Francoforte (1796
- parte del 1798) le prime liriche del tutto personali, alcune esplicitamente
dedicate a Diotima, altre illuminate dalla sua presenza (An Diotima, Ihre
Genesung, Die Fluten des Himmels, An den Aether, Der
Wanderer, Der Mensch). Il distacco da Diotima fu esperienza di una
dolorosità mai più cancellata; ma, pure nel distacco, il
mondo rimane ancora popolato dagli dei, che l'umanità di oggi non è
più in grado di vedere, ma che il poeta, il vate, avverte a sé vicini, non più
solo e non più tanto come generatori della luce di cui la terra è ricolma,
quanto piuttosto come attivi depositarî dei decreti del destino; sicché il
divino continua ad essere esaltato e amato ma insieme esige anche di essere
rispettato e temuto. Sono degli anni 1798-1800, trascorsi in raccoglimento a
Homberg, alcune liriche fra le più compiute, per ricchezza e novità di
messaggio e per armoniosità di eloquio, che mai siano state scritte in lingua
tedesca: Menons Klage um Diotima, Geh unter, schöne Sonne, Abendphantasie,
Der Main, Der Neckar, Heidelberg.
E ancora Mein Eigentum, Rückkehr in die Heimat, Der Tod
fürs Vaterland, Buonaparte, Menschenbeifall, Die
Launischen, An unsere grossen Dichter, Die scheinheiligen Dichter,
An die jungen Dichter. Intanto, fra il 1797 e il 1799, era uscito in due piccoli volumi il romanzo
epistolare Hyperion oder/">oder Der Eremit in Griechenland:
è un romanzo lirico di magica bellezza, tutto traversato da un anelito, gioioso
e insieme disperato, di partecipare della divina immensità del tutto. Hyperion,
personaggio integralmente autobiografico, trova in Diotima, personificazione di
ciò che di divino sulla terra può manifestarsi, l'ispirazione per presagire e
cantare una nuova età beata, pur nella dilacerazione senza prospettive del
momento, che lo rende esule nella patria Grecia
fattasi ignara degli dei e nella Germania ancora ampiamente barbarica. Così, in
una contaminazione fra piano storico e piano utopistico, H. prende anche
coscienza dei problemi del momento, sulla scia dei principî mutuati dalla
Rivoluzione francese (è rimasta famosa la denuncia feroce della miseria della nazione
tedesca), sicché Hyperion diviene la più tormentata testimonianza sulla
situazione tedesca al tramonto del secolo. H. non riuscì invece a conchiudere
l'altra sua opera dal composito disegno, la tragedia Der Tod des Empedokles,
che iniziò nel 1797. Teatralmente improponibile, ma liricamente quasi per
intero all'altezza delle sue migliori cose, la tragedia riprende la leggenda
della morte del filosofo di Agrigento
gettatosi nel cratere dell'Etna, trasvalutandola come sacrificio espiatorio per
una rigenerazione religiosa dell'umanità. Nell'ultima fase, cioè dal 1800 in
poi, caratteristica nuova è l'accentuazione dell'elemento cristologico, in un
appassionato e disperato tentativo di sincretismo religioso, in vista di un
futuro dell'umanità ambìto e insieme temuto. Anche questa fu una stagione
eccezionalmente felice per il poeta, pur se, nel frattempo, la personalità
dell'uomo andava progressivamente sfaldandosi. Am Quell der Donau, Die
Wanderung e Germanien tracciano il disegno di una grandiosa sintesi
della storia spirituale, essenzialmente religiosa, dell'umanità, riservando
alla Germania una sacralizzata centralità. Nel ditirambo Wie wenn am
Feiertage, prima testimonianza del crescente influsso di Pindaro, si
sublima la funzione mediatrice e come tale terribile del vate (tema ripreso in Deutscher
Gesang). Le tre grandi elegie Heimkunft, Die Herbstfeier e Brot
und Wein, interpretabili anche come triade unitaria, cantano la festa dei
frutti della terra generosa in spirito insieme dionisiaco e cristologico. Gli
inni Versöhnender, der du nimmergeglaubt e Der Einzige (cui tiene
dietro il più diffuso e più complesso Friedensfeier) esprimono la
profetica certezza di una generale conciliazione fra gli uomini in spirito
religioso. L'inno cristologico per eccellenza, Patmos, la più poderosa
fra tutte le composizioni di H., assume il rilievo di un testamento spirituale.
Dopo, H. continuò ancora a scrivere liriche talora bellissime (da ricordare,
scritta forse nel 1803, la stupenda Andenken, oltre le traduzioni da Sofocle);
ma poco dopo subentrò il silenzio, interrotto solo da squarci che in nessun
modo si elevano al piano della precedente produzione. A lungo H. dovette
aspettare prima di ottenere i riconoscimenti che si è unanimi oggi nel ritenere
a lui dovuti, come a uno dei sommi della poesia europea.
Enciclopedie on line Treccani
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