I
Temi
Si può fare di Amleto una lettura superficiale e giudicarla
come una semplice tragedia della vendetta. Il padre di Amleto, re
di Danimarca, è stato ucciso da suo fratello, Claudio. Quest'ultimo,
conculca i diritti di successione di Amleto figlio,
appropriandosi a sua volta della corona e della moglie di Amleto
padre. Lo spettro di Amleto padre rivela tutta la macchinazione al figlio;
tutti gli elementi della tragedia della vendetta sono dunque presenti.
Amleto ha un obbligo: vendicare l'omicidio, l’usurpazione e l'adulterio.
Ciò che fa uccidendo Claudio alla fine della tragedia.
Ma è chiaro che il
tema della vendetta è soltanto un pretesto che Shakespeare utilizza per
mescolare tutta una serie di temi universali, dei quali si può dare questo
quadro sintetico:
- le relazioni
padre-figlio, madre-figlio;
- le relazioni amorose
nei suoi aspetti poetici ed angelicati (Amleto-Ofelia) e in quelli adulti e
carnali (Claudio-Gertrude);
- le relazioni di
forza al vertice di uno stato;
- la pazzia reale, la
pazzia finta, la dissimulazione;
- la giovinezza e la
vecchiaia;
- l'azione e
l'inerzia;
- il potere è
corrotto o il potere corrompe?
- le grandi questioni
esistenziali "To be or not to be"; l'esistenza di un dio;
- il senso e il
significato del teatro e la sua relazione paradigmatica con la vita: c'è tanta
vita nel teatro quanto teatro nella vita.
Amleto
eroe umano e teatrale
Tutti questi temi, ed
altri ancora, si trovano in Amleto. Ma è importante ricordarsi
che Amleto è al centro di ogni tema e che anzi è egli stesso che li
affronta e li mette a fuoco. Non c’è nella storia della letteratura
mondiale un personaggio così centrale, così ricco di sfumature, così complesso
e sfuggente.
Le letture dell’ Amleto
sono innumerevoli e dipendono dalla personalità del lettore della tragedia, e -
trattandosi appunto di un’opera destinata alla rappresentazione-, dalla
personalità del regista e soprattutto dell'attore chiamato a dargli vita.
Amleto è allo stesso
tempo un personaggio che si impone a noi con la sua complessità ed il suo
carattere misterioso, al limite dell’indecifrabile, e sul quale la nostra
personalità può venire a modellarsi. È uno dei personaggi rari del teatro,
forse il solo, che permetta uno scambio costante. Ciascuno di noi,
indipendentemente dalla sua età, può riconoscersi in Amleto e può lavorare al
mito di Amleto, alla sua immagine.
Laurence Olivier ha
detto che potrebbe recitare Amleto per cento anni e trovargli un nuovo
senso ad ogni rappresentazione; il personaggio è ambiguo, quasi inafferrabile,
in effetti, come lo è la lingua della pièce. Ma quest'ambiguità rafforza la
ricchezza tematica e polisensa dell’opera più di quanto la impoverisca;
ed è precisamente questo mistero e questa ricchezza tematica che permette ad
ogni lettore, ed ad ogni attore, di consegnarsi ad una lettura personale ed
intima del personaggio, di fare propria la sua complessità, come avviene per
ogni grande opera.
Quali sono dunque le
grandi caratteristiche di questo personaggio così affascinante e
indimenticabile? Le interpretazioni sono millanta. Citeremo qui soltanto le
principali.
Il
dilemma e l'indecisione
Gli eroi delle grandi tragedie classiche sono tutti posti davanti a
scelte e obbligati a prendere una o l’altra direzione. Ma una
volta che la decisione è presa, il resto necessariamente segue, accompagnato
da atti di nobiltà grandiosi o, per altro verso, di abiezione estremi. Nell’ Amleto,
nulla è semplice, tutto è problematico. Il dilemma nel quale si inciampa è non
di sapere quale scelta egli deve fare, ma all'opposto se la farà. Secondo
alcune interpretazioni, Amleto non giunge ad alcuna decisione e diffonde così
l'immagine dell'individuo indeciso, inattivo, passivo, l’inetto romantico
incapace di agire: al limite, il chiacchierone senza costrutto che si compiace
delle parole. Jean-Louis Barrault lo ha definito "l'eroe dell'esitazione
superiore." È senza dubbio per questo che T. S. Eliot vedeva
nell’ Amleto una tragedia mancata poiché, diceva, essa presenta un
personaggio " dominato da un pathos incomprensibile
in quanto eccede i fatti così come appaiono." Perché tanta
emozione e così poca azione? È la sua natura, diranno alcuni: ossia
l'opposto esatto di un Macbeth . Altri lo vedranno bloccato da un
complesso di Edipo che fa di lui un adolescente attardato, un po' pazzo,
calcinato in sterili ruminazioni esistenzialiste (nessuno osa immaginare
Amleto re!) ; altri ancora lo vedono sofferente per un'overdose di
castità. Dunque sospettano un dramma sessuale più che un dramma della volontà.
E avanzano ipotesi di puritanesimo spinto se non di omosessualità. Ma
forse l’interpretazione che rende più giustizia ad un tale personaggio è
affermare che questo dramma shakespeariano tende in
effetti allo stesso tempo all'individualità estrema ed all'universalità
e spinge a interpretare l’opera come una rappresentazione
simbolica della lotta tra l'uomo ed il suo destino, le sue tentazioni e le sue
contraddizioni.
All' interpretazione
di Amleto eroe inattivo se ne oppone un'altra. Occorre osservare
inizialmente che Amleto, per quanto loquace è in effetti molto attivo. Se
è vero che il filo dell'azione, in generale, gli è imposto da altri personaggi
o dagli eventi, egli nei fatti agisce. Ascolta lo spettro (ciò che i suoi amici
rifiutano di fare), assume un atteggiamento al limite del disprezzo riguardo al
re, rinvia violentemente Ofelia, sventa uno dopo l'altro gli intrighi che
mirano a scoprire il suo gioco, e architetta uno spettacolo
teatrale che è soltanto una trappola nella quale spera di fare cadere il
re; aggredisce la madre in una scena dalla violenza
inaudita; arriva alle mani con Laerte. Infine, e forse soprattutto per
ciò che riguarda la violenza fisica, che non è poco per un uomo tacciato
di inazione - uccide Polonio, invia i suoi amici Rosencrantz e
Guildenstern alla morte, uccide il re ed è indirettamente responsabile della
morte di Laerte.
Non è impossibile che
Shakespeare abbia così voluto rovesciare le convenzioni della tragedia
classica, troppo carica di stereotipi e di parti assegnate una volta per
tutte. Anche il suo Macbeth, il suo Otello o il suo Bruto, e il suo re
Lear, fin dal primo atto, sono così bene imprigionati in atteggiamenti
convenuti e dinamiche preordinate che ne risultano perfettamente
prevedibili; l'intrigo progredisce dalla causa all'effetto, con una
conclusione che ha dell’ inesorabile.
Nulla di tutto ciò in Amleto;
Shakespeare ci sorprende ad ogni snodo d’azione; l'imprevedibile
domina ad ogni atto ed anche la scena della mattanza finale ha soltanto
una relazione molto labile con gli elementi iniziali del teorema
fornitici nel primo atto. Certamente, Amleto uccide il re ma lo uccide perché
quest'ultimo, per sbaglio, ha appena ucciso Gertrude; ed è senz’altro curioso
che in questo frangente non proferisca motto sull'assassinio del padre, che
dovrebbe essere il movente e la conclusione logica della sua azione; com’ è
altrettanto curioso che nessuno alla corte di Danimarca
sembra commuoversi per questa enorme carneficina dove, in
alcuni secondi, scompaiono tutti i personaggi principali del regno. Nessuno
fuorché Shakespeare, il quale pur fingendo di mettere in scena i
grandi temi della tragedia classica (la vendetta, la pazzia, la lotta per il
potere, ecc.), forse ha voluto scuotere le certezze che procurano ogni
volta questi temi e abbia scelto, in ultima analisi, di presentare
il solo tema che per lui ha un senso: il dubbio, l'incertezza. In ciò, sarebbe
stato un precursore del teatro del ventesimo secolo: il teatro dell'assurdo nel
1601!
Amleto eroe tragico moderno
Amleto é stato
recentemente analizzato come figura chiave nella drammatica svolta epocale dal
mondo classico ( a dalle supposte certezze di quello medioevale ) verso i dubbi
e le angosce della modernità, o più precisamente di quella civiltà che i
neostoricisti americani definiscono early modern.
Al centro del dramma
si posizione un eroe tragico, un eroe problematico, diviso e lacerato da
contrasti interiori, posto in situazioni di irrisolta tensione e
conflittualità.
Quando Amleto scopre
che la realtà non coincide affatto coi suoi ideali, rimane disgustato. E’ un
giovane colto, puro, animato da grandi ambizioni spirituali.
Incapace di sopportare
il peso del male, offeso dal suo trionfo, egli nella malinconia trova rifugio,
ma non riposo. La sua coscienza é fonte di innumerevoli pensieri, speculazioni
sulla vita e sulla morte, dubbi, rimproveri, propositi. Egli dovrebbe obbedire
al padre e alle leggi dell’onore, ma lo slancio é impedito dal pensiero
malinconico della vanità del tutto, e la volontà é frenata da mille
considerazioni. Il carattere nobile entra in conflitto con l’umore cupo: ciò
che il primo accende, il secondo spegne. Il moralismo e il senso del dovere non
riescono a prevalere perché, a parte l’effetto avvilente della malinconia,
esigono il compimento di un’azione pur sempre orribile, un omicidio, per di più
di difficile attuazione. Nessuno conosce infatti la colpa di cui si é macchiato
re Claudio nei confronti del padre di Amleto, e quindi non si spiegherebbe un
atto così turpe da parte del giovane.
L’omicidio apparirebbe
sospetto, interessato, dal momento che non troverebbe sostegno in una
motivazione plausibile: l’onore del principe verrebbe infangato, e la vendetta,
lungi dall’essere considerata come un doveroso atto di giustizia, assumerebbe
l’aspetto di un volgare assassinio.
Amleto viene a
conoscere dal fantasma del padre le circostanze della sua morte, mentre versa
in uno stato di afflizione e di amarezza. Claudio, in un colpo solo, ha
spodestato il vecchio sovrano e il legittimo erede al trono, ha distrutto una
famiglia, attirando a sé una donna che il figlio non immaginava capace di tanta
insensibilità.
Tutto ripugna ormai
l’animo di Amleto, che, deluso e impotente, generalizza, rivestendo di
pessimismo e di sospetto ogni persona ( escluso il suo amico Orazio ), lui che
pure per natura sarebbe un fiducioso. La repulsione per il vizio e l’ipocrisia
imperanti nel mondo si fa repulsione per la vita stessa. Ma il suicidio é
punito dalla religione e il senso del dovere assume le sembianze dello spettro
paterno, che prima gli fa intendere e poi gli ricorda la necessità di consumare
la vendetta.
Amleto é un uomo che
ama e che pensa, e che intanto però non agisce, e se agisce lo fa con ingegno (
la finzione della follia e la recita dei commedianti) o per impulso (
l’uccisione di Polonio e la lite con Laerte nella fossa).
Non c’è pertanto una
vera e propria connessione tra pensiero e azione: é evidente il suo stato di
crisi. Si sente chiamato ad un compito per cui non è tagliato, e tuttavia è
dotato di un animo nobile che gli impedisce di negarsi all’impresa. Non è che
Amleto non sia capace di azione in assoluto, come la critica romantica per
lungo tempo ha sostenuto con ostinazione: non é capace di compiere “quella” azione
in quella particolare “ circostanza”. Egli ha in sé un desiderio di purezza
così alto che la prospettiva di un eventuale scontro con il vizio, sia pure al
fine di eliminarlo, gli appare difficile da accettare. Eppure sa bene che così
non dovrà essere; perciò non si sottrae, pur avendone la tentazione: ma intanto
rimanda il momento risolutivo.
Se Amleto dopo quattro
secoli continua ad attrarre e a commuovere é perché non é altro che la summa
della vita. Forza e debolezza, impulsività e calcolo, sensibilità e
riflessione: tutto é estremo in lui, che con la sua bontà d’animo e il suo
idealismo si pone sulla scena a testimoniare, assieme a un dramma personale, i
conflitti e le aspirazioni di ogni uomo che abbia una concezione alta
dell’esistenza e intanto debba sperimentarne la corruttibilità.
Amleto é uomo moderno
perchè dubita, facendo suo quel principio che valse a Cartesio la prerogativa di fondatore del
Razionalismo.
Il genio di
Shakespeare, lavorando sul racconto di Belleforest e sulla tragedia di Kyd, ne
ha fatto una figura più tormentata, una figura della vita interiore ricca e
sfumata: moderna quindi. L’autore é consapevole del profondo mistero della vita
e della morte, e lo mette in scena. La sua arte sa essere impetuosa e delicata,
e loquente e scarna, arguta e commuovente.
Non c’é corda che non
tocchi, non c’é registro che non usi. Perchè la vita é complessa, appunto, e
non riducibile ad una forma fissa.
Amleto, personaggio
storico rivestito di tante leggende, é giunto fino a noi per chiederci di
interpretarlo, per sfidarci ad un confronto. Con la sua debolezza, con i suoi
dubbi, ci rispecchia. Morendo, come ogni eroe, ci induce a domandarci una volta
in più che cosa sia mai la vita.