venerdì 1 febbraio 2013

Il dio Pan è morto: la civiltà è finita



Il dio Pan è morto: la civiltà è finita
di Pietro Boitani
in “Il Sole 24 Ore” del 13 gennaio 2013
Che strano gennaio è questo dell'anno 1066 dalla fondazione della Città! Senatore di Roma, io me
ne sto nella mia villa in Sabina circondato dai libri, mentre si vocifera di un imminente incontro a
Milano tra i due Augusti Licinio e Costantino. Diocleziano lanciò l'ultima persecuzione contro i
Cristiani dieci anni fa, e già si dice che i due si accorderanno per emanare un solenne Editto che
permetta tutte le religioni. Io preferisco la lettura. Ho appena aperto un saggio di Plutarco che non
conoscevo, «Il tramonto degli oracoli», e m'imbatto subito in una storia che m'intriga: Tamo, il
pilota egizio di una nave in viaggio dalla Grecia all'Italia, sente all'improvviso, una sera, una voce
che gli annuncia la morte del dio Pan e la fine di tutti gli oracoli. Sono turbato: vorrebbe dire il
tramonto della nostra civiltà. Ho sentito, infatti, che alcuni Cristiani mettono in relazione la morte
degli oracoli pagani con la nascita del loro redentore.
Insopportabili Cristiani! Abbiamo tentato di accoglierli o eliminarli, ma questa funesta
superstizione, come la chiamava Tacito, cresce sul sangue dei suoi martiri. Il guaio è che sono
intolleranti. Adriano scrive nelle sue Memorie: i Giudei non capiscono che il loro unico vero Dio
equivale in sostanza a Giove. Ho dato uno sguardo al loro Libro sacro, in greco da quasi sei secoli.
Stile umile, le storie un miscuglio di enigmi, lotte familiari, vendette di Dio sul popolo eletto. Sì, ci
sono parti dove emerge una qualche grandezza. Personaggi quali Abramo e Giobbe hanno statura
fuori del comune, e certa lirica, nei Salmi, nell'Ecclesiaste, nell'erotico Cantico, sorprende. Del resto
nel secolo scorso Longino, in quel suo libretto sul Sublime, ha collocato Mosè sullo stesso piano di
Omero, lodando il resoconto della creazione della luce. Chissà come avrebbe trattato il cosiddetto
Nuovo Testamento. L'ho qui in biblioteca e ci ho passato sopra due stagioni. È una raccolta strana,
dominata da quattro versioni della vita, i miracoli e i discorsi di Gesù di Nazareth, un Giudeo
condannato alla crocefissione dal nostro Ponzio Pilato: era il figlio di Dio, dicono loro, e sarebbe
risorto dai morti. Anche qui, ci sono momenti impressionanti, fra tutti la Passione. Quando Gesù
dice di essere venuto al mondo per dare testimonianza della verità, la scena è pari a quella delle
ultime ore di Socrate. Il nostro Ponzio, peraltro, vi fa una magnifica figura. Da vero erede della
nostra gloriosa tradizione risponde con una semplice domanda: «Che cos'è la verità?».
Naturalmente, alcuni Cristiani rivoltano la frittata e sostengono che Pilato non ha capito nulla, visto
che ha la Verità lì davanti a lui, in carne e ossa. In quel Vangelo infatti Gesù dice: «Io sono la via, la
verità e la vita».
Eppure, Porfirio aveva ragione nel suo libro contro i Cristiani. I loro Vangeli sono contraddittori, e
Gesù spira dicendo tre cose diverse. Il loro messaggio, poi, è sovversivo. Se si esaltano i poveri di
spirito, gli umili, i pacifici, si minacciano le fondamenta stesse della nostra civiltà, la sua ricchezza
spirituale, la combattività. Capisco che la Buona Novella possa affascinare contadini e schiavi. Ma
se diventasse una teologia della liberazione, sarebbe incitamento alla sedizione. E poi, un secolo fa
Caracalla estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell'impero. Che altro si vorrebbe?
Senza schiavitù la nostra economia non sopravvivrebbe.
No, mi sento a mio agio solo con i nostri libri greci e latini. Mille anni di epica, tragedia, commedia,
lirica, storiografia, di letteratura mistica ed ermetica. La nostra sapienza ci dice che "gli uomini
devono sopportare la loro uscita dal mondo come la loro venuta". Se poi cercassimo la felicità sulla
terra, basterebbe la contemplazione della contemplazione di Aristotele. Io amo la distaccata
profondità di Plutarco, le chiacchiere brillanti di Aulo Gellio e Ateneo. Giudei e Cristiani odiano la
poesia erotica, la commedia, il romanzo. Sono puritani, e se non vengono frenati diverranno presto
talebani. Si porteranno via dal nostro Senato la grande porta bronzea per installarla in una delle
chiese che Costantino certamente costruirà per loro, distruggeranno le immagini degli dèi. Tutta la
nostra arte finirà così nella spazzatura e gli oracoli saranno davvero tramontati. A meno che non si
diano a interpretare i nostri miti allegoricamente. Hanno già cominciato: Ulisse legato all'albero
davanti alle Sirene diventa una prefigurazione di Cristo inchiodato alla croce. Sarebbe facile
continuare il gioco con le Metamorfosi di Ovidio. Poi, qualcuno comporrà magari una Commedia
raccontando di un viaggio all'altro mondo sul modello di Enea. Già me lo vedo, uno così: un
Etrusco di sicuro, ché quelli hanno sempre avuto gran presunzione e l'ossessione della morte.
A me basta questo mondo. È grande a sufficienza, e Roma l'ha trasformato in città, ha fatto Urbe di
ciò che prima era Orbe. Ci sono posti che pochi hanno visto, ma dove è stato Alessandro: l'India,
dalla quale i nostri mercanti riferiscono di una letteratura antica e imponente: ne sanno qualcosa
Luciano e Plotino. Dione sostiene che vi hanno tradotto Omero! Nerone mandò una spedizione a
cercare le sorgenti del Nilo, laggiù nel cuore di tenebra. Le Colonne d'Ercole sono da tempo favola
vile ai naviganti industri. Platone parla di un'Atlantide in mezzo all'Oceano, e se in quelle terre
verranno mai fondati altri imperi, li vedo già costruire dappertutto nuovi Campidogli.
Le nostre mappe mostrano anche il paese di Sinae. Un impero vasto quanto il nostro. Ne
importiamo troppa seta, scrive Plinio il Vecchio. Ma una qualche comunicazione tra i due regni c'è
stata. Uno degli Antonini inviò ambasciatori all'imperatore Han: tornarono entusiasti di qualcosa
che chiamavano carta, sulla quale i Cinesi dipingono bellissimi paesaggi e liriche raffinatissime. E
portarono notizia dei grandi saggi d'Oriente, Zoroastro, Buddha, Confucio, Lao Tze: persino di
Mani.
Non potremmo passare i prossimi secoli a esplorare queste cose, a leggere i loro libri? Le nostre
biblioteche si riempirebbero di testi meravigliosi. Abbiamo tradotto la Bibbia, potremo ben tradurre
il Ramayana. E persino trascrivere i carmi dei Germani. Invece, siamo costretti a combatterli, i
Barbari. Le loro invasioni saran pure grandi migrazioni, ma francamente non me ne importa un fico.
Devono essere assorbiti e trasformati in Romani decenti, o respinti una volta per tutte. Se si
permette loro di scorazzare per le nostre terre, sarà la rovina. Finiremo per imbastardirci e parlare
lingue barbariche come il tedesco, l'inglese, il russo! Forse l'altra idea di Costantino è un colpo di
genio da vero Romano. Si dice abbia in mente di rifondare Bisanzio e darle il proprio nome. Una
nuova Roma tra Europa e Asia: per reggere l'impero a oriente e controllare i confini. Se gli riesce,
terremo a bada Goti, Slavi e Arabi per altri mille anni.
Roma ha sempre agito così e ha già passato un millennio di vita. Dopo il Ratto delle donne di qui, le
Sabine, i padri e i mariti vennero accolti in città mentre il loro capo regnò insieme a Romolo.
Abbiamo assorbito e digerito di tutto, nel nostro melting pot. Lo capì Polibio, notando come Roma
avesse conquistato il mondo in meno di cinquantatré anni. Attribuiva lo straordinario successo alla
nostra Costituzione, e aveva ragione. Ma essa è animata dal principio che l'ombra di Anchise
proclama a Enea nell'aldilà: i Romani devono dominare le genti, stabilire leggi e pace, risparmiare i
sottomessi e debellare i superbi.
Mi sono domandato spesso cosa possano pensare di questo i superbi: che so, i seimila schiavi che
dopo aver seguito Spartaco nella rivolta furono crocefissi sulla Via Appia. Per costoro, debellare i
superbi deve aver significato Soluzione Finale. E poi, lo sappiamo cosa agita chi non si sottomette.
Quando Tacito compose la biografia del suocero Agricola, governatore della Britannia, narrò un
episodio che dà i brividi. Prima della battaglia finale tra Romani e Britanni, il loro capo Calgaco si
rivolge ai suoi esortandoli a combattere per la libertà: contro i Romani, «la cui prepotenza invano si
potrebbe pensare di sfuggire con l'obbedienza e la sottomissione». Un bel colpo all'ideale di
Virgilio. Ma Calgaco va oltre, definisce i suoi nemici: noi, ì Romani: «ladroni del mondo», «il
rubare, trucidare, rapinare, passano sotto il falso nome di impero: e quando hanno fatto il deserto, lo
chiamano pace». Tacito era un buon Romano, un imperialista. Ma un Romano sa pure dar voce
all'antimperialismo.
A pensarci bene, anche la prima trovata di Costantino, quella di dare spazio al Cristianesimo, non è
così folle. Lo favorirà in ogni modo, pur controllandolo. E se alla fine i Cristiani si trasformassero,
qui in Occidente, in baluardi della civiltà? Costruiranno un impero, vescovi al posto dei nostri
governatori, cardinali vestiti di porpora come noi Senatori, e un Pontefice Massimo in guisa di
Imperatore: a Roma. Faranno proprio il motto sull'urbe e l'orbe, trasformandolo in benedizione.
Edificheranno chiese in forma di basiliche. E verrà il tempo in cui riscopriranno le nostre statue e
cercheranno di imitarle. Sì, li vedo, eccitati, leggere Platone, Omero, Lucrezio, costruire cupole,
rialzare colonne e obelischi, dipingere donne nude. Oh, avranno decine di Rinascimenti nei prossimi
millecinquecento anni! E gli oracoli forse non tramonteranno.

4 commenti:

  1. Questo testo a mio avviso è interessante. Vediamo infatti il racconto di ciò che succedeva ai tempi di Diocleziano e di Costantino, con gli occhi di un Romano, che reputa noi cristiani di parte, quando è evidente che tale testo è assolutamente a sostegno della religione Pagana e di Roma. Il cristianesimo in quei tempi aveva iniziato a conquistare i deboli perché la religione cattolica si era presentata con l’esaltazione degli umili; con il passare del tempo, poi, si vedrà arrivare questa religione anche nelle famiglie aristocratiche, a conquistare così l’intera popolazione, fino ad arrivare ad oggi, dove il cristianesimo è una se non la religione più diffusa al mondo, con le sue varie sfaccettature. Il problema di fondo è che i Romani avevano sempre visto di cattivo occhio i nuovi, ciò che era diverso da loro, i quali volevano essere i padroni di tutto, sia politicamente, sia militarmente, sia culturalmente. Tutto ciò era stato possibile fino all’arrivo del cattolicesimo, il quale non voleva prendere il predominio su tutto (soprattutto all’epoca), ma essere riconosciuti e accettati. Il narratore esulta con frasi come “insopportabili cristiani”, ma in alcuni tratti non può negare la presenza di personaggi significativi all’interno della Sacre Scritture, come Abramo. Arriviamo poi alla presentazione dell’allora novità: il Nuovo Testamento. Si presenta Gesù con molta titubanza e si parla in modo più che positivo di Ponzio Pilato, scarnendo Cristo, che era la verità in persona. Dicono anche che il Vangelo è contraddittorio, e che se si cercasse la bellezza in Terra la si potrebbe trovare solo nei testi di scienziati dell’epoca (Galileo, Aristotele). Ammetto anch’io di essere di parte poiché cattolica praticante. Mi piacerebbe soffermarmi sulla frase citata nell’articolo: “Io sono la via, la verità, la vita”, la quale conosco bene visto che nella mia parrocchia queste parole sono riportate in vari punti, anche sul leggio e così spesso mi capita di soffermarmi su di essa e pensare. Ciò che credo è che la via corrisponde alla strada giusta, a una vita corretta, che fonda le basi nei massaggi e negli insegnamenti di Cristo, i quali conducendo la nostra vita la rendono migliore e così facendo vicina a Gesù, che standoci accanto ci sostiene anche nei momenti difficili. La verità forse è la parola più difficile da capire fino in fondo: io la interpreto come la ovvia verità in quanto Figlio di Dio, che esiste veramente, che non sia solo una finzione, ma che oltre la vita esiste un altro mondo, quello di Dio, che i suoi insegnamento siano giusti. La vita in quanto Dio è l’unico che può a darla e può toglierla, che con Dio è nato il mondo, l’essere umano, i sentimenti, che nasciamo da Lui, la nostra vita è condotta da Lui, e dopo la morte torniamo da Lui.

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  2. Questo testo mi ha interessato e colpito molto perchè un cittadino romano narra della diffusione cristianesimo; ovviamente era contro a questa religione e disprezzava e insultava i cristiani per le idee in cui credevano. Si interessa comunque di ciò che sta accadendo a Roma e legge la Bibbia criticandone molte parti e dicendo che non è minimamente paragonabile ai testi greci. La domanda su cui mi voglio soffermare è quella di Ponzio Pilato che dice:" Che cos'è la verità?"; Effettivamente pensandoci come possiamo essere certi che una persona dica la verità? Semplicemente ci fidiamo ed abbiamo le stessi ideali di essa. I cristiani credevano in Gesù che, infatti, afferma:" Io sono la via, la verità e la vita"; Sono poche parole ma, con un significato immenso. Il romano ritiene che l' esaltazione degli umili, dei poveri e dei pacifici sia una cosa inutile e senza senso. Da questo testo posso capire che si parla del periodo migliore per l' Impero Romano, tutti i popoli consideravano i romani i "ladroni del mondo". Roma stava già perdendo la sua importanza mentre si stava arricchendo l' Oriente con Costantino.

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  3. secondo me questo testo è interessante e mi ha colpito molto poichè parla della diffusione del cristianesimo ed a raccontarlo è un uomo Romano che evidentemente non apprezza quest'ultima e lo fa da un punto di vista diverso dal solito. Questa persona sostiene che i testi, i racconti e romanzi cristiani non sono per niente come quelli greci e latini. Ci sono vari punti che mi hanno fatto riflettere, il primo che questo uomo si poneva già delle domande e si immaginava fatti che poi con il passare degli anni sono effettivamente accaduti per esempio, lui sapeva che Costantino aveva in mente di occupare Bisanzio e darle il suo nome e così é stato , un'altro esempio é quando lui crede che ci siano altre terre al di lá delle colonne d'ercole e si immagina che ci daranno nuovi imperi. Poi, in parte, l'ultimo riferimento che fa a se il cristianesimo di diffomnderebbe in tutto l'impero. Infine voglio aggiungere che leggendo questo articolo ho letto certe cose che non sapevo.

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  4. Apprezzo la disponibilità di questo lettore, cioè si è offerto di leggere anche quello che non era di suo interesse..
    Questo testo non mi è piaciuto tanto e non c'è molto da commentare

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