Diario
indiano
Fonte: TAHAR BEN JELLOUN, la Repubblica
Domenica 17 Febbraio 2013 09:15 -
Sono passati vent’anni dal mio primo viaggio
in India. Allora arrivai in pieno giorno. Appena sceso dall’aereo,
ricordo di aver provato uno shock fisico: l’India ha i suoi
specifici odori, che accolgono il visitatore e lo sommergono immediatamente in
un autentico spaesamento.
Odori di spezie, profumi, aria inquinata, sentori di un’umanità che vive e
combatte e non si ferma a guardarti. La vita con i suoi ritmi e il suo perpetuo
movimento. Una vita strappata coidenti.
Stavolta sono sbarcato di notte. Niente odori. Un aeroporto pulito,
efficiente. Per arrivare alposto di polizia ho camminato a lungo. Corridoi
infiniti, pavimenti coperti da una bruttamoquette. Mentre cammino sono
ossessionato dalle immagini del film di Kathryn Bigelow visto a Parigi poco
prima di partire. La caccia a Osama Bin Laden, nemico numero uno degli Usa (e del
mondo). L’America si vendica. Perché mi viene in mente questo film?
Ogni volta che penso all’India, ricordo la
tragedia di Bhopal, nel 1984, quando un gas letale fuoriuscì dalla fabbrica di pesticidi americana Union
Carbide, causando nei primi tre giorni ottomila morti, definiti da qualcuno «i più fortunati». La
criminale negligenza di Warren Anderson, proprietario dello stabilimento, fece
in tutto ventimila vittime, più oltre mezzo milione
di esseri umani contaminati. Quell’uomo si è dato alla fuga, e non è ancora stato arrestato.
Ripenso a quella catastrofe e al film della Bigelow perché leggendo un articolo di ArundhatiRoy, autrice
del romanzo Il dio delle piccole cose, sono stato colpito da una frase: «A unamanifestazione in memoria di questi morti,
una donna che aveva perduto tutta la sua famigliaportava un cartello con la
scritta: “Voi che cercate Osama, dateci Warren Anderson”».
Il fascino dell’ingorgo A Jaipur ha luogo uno
dei più importanti festival letterari del mondo. Lacittà è a duecentocinquanta chilometri da New Delhi: sei ore di viaggio. La
prima cosa che noto,al confronto con la mia precedente visita, è il gran numero di auto private: gli indiani
hannoscoperto il fascino dell’ingorgo. La seconda cosa è che l’inglese è sempre più diffuso. In India losi parla più che in qualunque altra parte del mondo, anche perché serve come veicolo dicomunicazione tra le
diverse etnie, ventotto delle quali riconosciute. Costruzioni caotiche,casette,
abitazioni di fortuna. Chiasso incessante: clacson, motori. Noto che alcuni
pali dellaluce datano da prima della guerra: fili penzolanti, o abbandonati sul
ciglio della strada. Pochicampi verdi. Qua e là ponti incompiuti, costruzioni abbandonate, edifici vuoti tra cumuli
di
immondizia a cielo aperto. Due superbi elefanti addobbati procedono
nella stessa direzionedelle auto. Alcune mucche sembrano annoiate.
Vigilia del Mulud, anniversario della nascita di Maometto: la vendita
di alcolici è vietata per
duegiorni. È il Dry Day,
generalmente accettato come segno di rispetto per i musulmani dell’India(centotrenta milioni circa: il tredici per cento della
popolazione). Questo però non vuol
dire che
l’islam sia visto di buon occhio. Vi sono
stati attacchi di musulmani nella regione di Assam, maanche a Bombay e a
Jaipur.
Visito il centro storico di Jaipur in compagnia di Romain, un amico
francese che parlaperfettamente l’indi. Il nostro
autista si chiama Shankar. È religioso. Quando Romain mipresenta qualificandomi come scrittore
gli chiede: «Cos’è che vuol
fare capire alla gente con isuoi scritti?». Una domanda pertinente. Gli rispondo: «Parlo della soliaccade tudine: quella diciascuno
e di tutti noi».
Lo stupro e l’omicidio di una ragazza
ventitreenne, avvenuta il 16 dicembre, ha provocatoun’immensa
ondata di indignazione, tanto che le forze riformiste e femministe sono
riuscite a farsi ascoltare. La condizione delle donne è drammatica. Poiché in questo caso la vittima era una studentessa in medicina, il ceto
medio si è identificato
con lei e ha fatto esplodere lo scandalo. Purtroppo, nelle campagne e tra le
fasce di popolazione più povere i casi
di ragazze maltrattate e stuprate sono numerosissimi.
Gli indiani si adeguano facilmente al sistema delle caste e delle
disuguaglianze, che a volte assumono un carattere schiavista. Shankar mi ha
detto: «Vorremmo essere
moderni, ma non come in Occidente». Il razzismo esiste, e lo dimostra la mania delle donne di
schiarirsi la pelle. Spendono molti soldi per somigliare alle bianche.
A Jaipur, i matrimoni sono in maggioranza ancora combinati tra le
famiglie. La sposa è tenuta a dare
una dote (oro, argento o un’auto), e col matrimonio
rompe ogni legame con la famiglia d’origine per
sottomettersi a quella del marito. Se disgraziatamente rimarrà vedova, sarà respinta da tutti. Esiste un ospizio per le vedove. Gli infanticidi
delle neonate sono ancora frequenti, e lo Stato fatica a impedirli. La legge
vieta ai medici di rivelare il sesso degli embrioni,per evitare che davanti
alla prospettiva di una femmina la coppia ricorra all’aborto.
Ma il problema oggi più preoccupante
è quello degli infanticidi: a volte che una
donna, dopo aver dato alla luce una figlia, se ne sbarazzi col consenso di
tutti.
Scandalo al Literature Festival Jaipur conta molto sul turismo. Ma la
povertà è visibile.
L’immondizia abbandonata ai margini delle
strade attira cani e maiali affamati. Un gruppo dimendicanti è radunato davanti a una trattoria. Romain mi
aveva detto: «Andiamo al MédinaHotel, è il migliore». Ma la
mancanza di igiene mi sconvolge. Gli odori delle spezie mi danno la nausea.
Mangio un piatto di crespelle naan,il muezzin chiama alla preghiera.
Shankar ci invita a prendere il tè a casa sua. Accanto alla porta d’ingresso
della casetta verde,sono legate alcune mucche smagrite. Qui abita l’intera famiglia: i genitori e i fratelli con le mogli e i
bambini. Saliamo in terrazza. Una ragazzina sta mangiando, seduta a terra. C’è un topo che passeggia.
Shankar e i suoi fratelli masticano il paan, un’erba
fortemente speziata. Il tè, tassativamente
al latte, è molto
zuccherato e speziato.
Shankar mi presenta come «l’uomo che parla della solitudine». E aggiunge: «Siamo tutti fratelli:gli uomini sono come i fiori: alcuni rossi,
altri bianchi, altri ancora gialli…».
Scandalo al Jaipur Literature Festival: durante un dibattito il
sociologo Ashis Nandy dice che lacorruzione si è estesa alla casta dei Dalit (gli intoccabili, all’ultimo
gradino della scala sociale).
Proteste sulla stampa e arresto di Nandy. La democrazia indiana non
transige sulle questioni diprincipio. La libertà d’espressione rivendicata dall’oratore non consente la diffamazione. Eppure il tema della
corruzione non è tabù. È un flagello che dilaga ovunque. Se in India la crescita è del cinque per cento, è anche perché questo Paese chiude gli occhi su talune pratiche.
Con gli studenti di Chandigarh La città è stata
concepita e disegnata da Le Corbusier. Fu Nehru a chiedere all’architetto
di costruire questa città, divenuta la
capitale del Punjab.
Senso di solitudine e malessere.L’immensa
folla di gente povera che lavora senza sosta, la città imbiancata di polvere, le strade sventrate dai
lavori: tutto questo mi dà l’impressione di essermi perso in un mondo dove non ho alcun
controllo. L’inglese rudimentale parlato dalla gente mi
è incomprensibile. Alcuni studenti mi conducono a
visitare i siti turistici. Dapprima l’immenso lago poiilRockGarden
concepitodall’artista Nek Chand dopo la partizione del
1947: sconvolto alla vista della massa sterminata di macerie dopo le
distruzioni, decise di recuperarle e riutilizzarle.
Un giardino di pietre, di rocce, di oggetti quotidiani riciclati come
opere d’arte: muri fatti di prese elettriche in
plastica e frammenti di porcellana, statuette di danzatrici o animali.
Alcuni studenti mi propongono un dibattito sulla società indiana: le caste, i matrimoni combinati e gli
infanticidi. Le caste esistono tuttora, ma lo Stato fa di tutto per superare le
discriminazioni.
Aishwarya, 22 anni, che ha concluso da poco i suoi studi, mi dice: «La democrazia fa quello che può, ma per cambiare le mentalità ci vuole tempo».
Il cielo bianco sopra New Delhi Il viaggio di ritorno a New Delhi è interminabile. Ovunque cantieri, lavori in
corso. Già a cinquanta
chilometri dalla città il cielo si
fa bianco. Non è nebbia,ma
qualcosa di peggio: una densa nube di inquinamento. L’acqua
potabile scarseggia. Colline di immondizie sono abbandonate alle incursioni di
uccelli neri e altri animali. Le autovetture in
circolazione sono in massima parte giapponesi; le altre provengono
dal gruppo industriale indiano di Ratan Tata. Ho visto una Renault! Ma non una
sola Fiat, e neppure una Volkswagen.
Lo sviluppo dell’India procede a ritmo
sostenuto. Rispetto al mio primo viaggio noto che non c’è più gente addormentata sui marciapiedi.
Un Paese immenso, una popolazione che rivaleggia con quella della
Cina. Il protezionismo economico non lascia molti spazi all’importazione.
I prodotti importati sono gravati da tasse iperboliche, scoraggianti per tutti.
L’indiano è nazionalista e suscettibile; è raffinato e legato alla spiritualità; moderno, ma affezionato alle tradizioni, comprese le più anacronistiche. Di fatto, è
difficile definirlo. Meglio andare a vedere di persona. E
soprattutto, alla fine, non giudicare.
(traduzione
di Elisabetta Horvat)
Da un'Atlante o da Internet ricava una carta delle regioni che compongono l'India, sia dal putno di vista fisico, sia da quello politico.
RispondiEliminaDa un'Atlante o da Internet ricava una carta delle regioni che compongono l'India, sia dal putno di vista fisico, sia da quello politico.
RispondiEliminaIndia, un paese lontano e differente. In questo testo la nazione viene raccontata con gli occhi di un occidentale, con gli occhi di uno di noi. Arrivato la prima volta, nel pieno di una giornata viene avvolto da odori e luoghi affollati; quando arriva di notte tutto appare tranquillo. È notevole come riesce ad associare l’India al negativo, tanto è vero che arrivato gli tornano in mente tutte le notizie negative che ha su questo Paese: da film, a informazioni sentite al tg… Probabilmente ogni occidentale reagirebbe così, se si trovasse in una nazione sconosciuta e in una situazione ambigua, che sembra assalirti e non rassicurante. Credo infatti che esistono luoghi, che più di altri vengono etichettati, sia per qualcosa di positivo che per qualcosa di negativo: ciò avviene anche all’interno della stessa Italia. L’India essendo in via sviluppo, ma comunque ancora un Paese con una povertà e un’ arretratezza elevata viene vista non di buon occhio. D’altro canto questa nazione fa passi da gigante: già nella storia fu una delle colonie inglesi più avvantaggiate e in grado di riprendersi nel modo migliore a seguito della decolonizzazione. Se si guardano le grandi città assomigliano a quelle ricche dell’occidente, dove si parla inglese e le auto aumentano. Se ci si allontana dai nuclei più vasti, però, la povertà prende il sopravvento. Se invece guardiamo centri di medie dimensioni troviamo opere incomplete, abbandonate (come ponti, case). In tutto il mondo si è parlato della studentessa stuprata, divenuta simbolo di ribellione. Ha fatto così tanto parlare non perché era un’eccezione, ma perché apparteneva a un ceto più alto ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ritengo siano assurde le condizioni con cui una donna debba sposarsi: appartenere, letteralmente, al marito, accusata se vedova … ciò che dovrebbe essere una gioia, viene trasformato in negativo. Questo vale anche per la nascita di un bambino. Non sono d’accordo su come a parlato dei gusti culinari, delle pietanze, perché è questione di abitudini e noi non siamo molto usuali a mangiare cibi indiani e quindi a primo impatto possono risultare sgradevoli. Non si può invece discutere sull’igiene molto scarso, addirittura quasi assente. Devo purtroppo concordare sul fatto che il razzismo esiste ancora. Una frase che mi ha colpito è che loro vogliono essere moderni, ma non diventare come noi occidentali.
RispondiEliminapenso che quello che ha scritto l'ilaria sia giusto se io andassi in india a primo impatto la penserei allo stesso modo infatti tutti i fatti sovrascritti non sono dei migliori dai matrimoni combinati alle condizioni di vita ai fatti storici , sono cose sconcertanti ma che tuttavia esistono ma cosa ci possiamo fare? come c'e scritto sopra ci vuole tempo a far cambiare la mentalita.
RispondiElimina"La democrazia fa quello che può ma, ci vuole tempo per cambiare la mentalità". Questa frase non mi piace per niente perchè non c'è più tempo, bisogna cambiare immediatamente; questi brutti fatti accadono da tantissimi anni e dovrebbero finire di succedere. In tutto il mondo sono state uccise solo nel 2012 cento donne, una donna ogni due giorni; come è possibile che succedano ancora questi fatti???? Un esempio recentissimo è Pistorius, tutti lo consideravano un uomo da imitare, migliore dei altri atleti (non paralitici) ma, questo ci fa capire che è un uomo vergognoso, senza cervello ecc. Quando vedo ai Tg questi fatti mi arrabbio perché non capisco come una società avanzata possa compiere certi sbagli. Spero che abbiate visto il fantastico discorso della Litizzetto durante Sanremo in cui dice che siamo tutti uguali. La frase migliore è "Siamo tutti fratelli: gli uomini sono come i fiori, alcuni rossi, altri bianchi, altri ancora gialli.."; con ciò capisci che non ci dovrebbero più essere distinzioni tra maschi e femmine, neri e bianchi.
RispondiEliminaSecondo me la frase che Ester non condivide è una frase giusta. Questo perchè i cambiamenti sono difficili per tutti (per esempio il possibile cambiamento delle vacanze estive che riguarda l'Italia).
RispondiEliminaCertamente le violenze e gli abusi sono da finire immediatamente, ma le abitudini della gente sono appunto abitudini e per cambiarle bisogna abituarsi alle novità.
La situazione dell'India non è delle migliori, infatti dal punto di vista sociale (compresi i matrimoni) non sono molto "moderni". Una persona dovrebbe sposare la persona che ama non quella più ricca o più importante, anche perchè se no i poveracci non li sposa nessuno...
Questa situazione non riguarda solo l'India ma anche Cina e stati che un tempo erano poveri e che si sono arricchii dal punto di vista economico ma non sociale.