sabato 30 gennaio 2021

INTERVISTA RADIO GENOVA CITY STRIKE con l'economista -EMILIANO BRANCACCIO

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INTERVISTA RADIO GENOVA CITY  STRIKE - con l'economista EMILIANO BRANCACCIO


Un’analisi che risulta molto interessante  perché induce una sintesi, focalizza punti importanti sui quali ragionare, discutere.

Mi limito alle seguenti  osservazioni, a loro volta sintetiche.

Cina. Fino a che punto il modello cinese può essere ritenuto un esempio interessante nella tradizione marxista e in una prospettiva di progresso sociale, di pianificazione, controllo e ridistribuzione economica?

IlI Il sistema cinese ha reagito meglio alla pandemia grazie ad una pianificazione centralizzata autoritaria, che è poi stata ripresa in Italia ed Europa .    

Se Se questo ha avuto effetti positivi riguardo alla salvezza di molte vite, è entrato però in contrasto con quanto Brancaccio stesso evoca, rimanendo all’Italia, articolo 17 della Costituzione,libertà, diritto di riunione e manifestazione, per non dire di altri diritti naturali e civili di movimento  (vedi tesi di Agamben ecc.)..

Il Il giudizio sul sistema cinese espresso da B. è forse volutamente un po’ evasivo. Da un lato il controllo dello  Stato rispetto alle libertà imprenditoriali e finanziarie può favorire un’economia più favorevole alla collettività;dall’altro il medesimo controllo è repressivo nel confronto di istanze sociali provenienti dalla dissidenza che non può ricondursi del tutto a soggetti favorevoli al capitalismo liberale e speculativo.Aspetti del resto connaturati da Mao in avanti al sistema politico cinese. Dai campi di rieducazione o lavoro forzato(laogai) verso i tibetani fino agli attuali uiguri islamici, la repressione violenta delle minoranze, religiose o etniche.

Grecia. La crisi greca del 2015 avrebbe potuto avere una risoluzione migliore per il popolo greco,ed esemplare per i popoli di altri Paesi,se Syriza avesse resistito alle pressioni dell’UE?

Condivido le riflessioni rispetto  alle premesse di  Syriza, Tsipras e Varoufakis , le ho constatate in parte in presenza nello stesso Paese.

2.      Tuttavia: quando B. osserva che la mancanza di determinazione da parte di Syriza andrebbe fatta risalire a quando  lo stesso Varoufakis (che rappresentava l’ala sinistra del partito)non ebbe la decisione politica di evocare l’art .65 del Trattato europeo a proposito del blocco dei capitali interni ad una Nazione,preoccupandosi delle conseguenze sui risparmiatori, ebbene:

-i  piccoli risparmiatori non erano in  quel caso né  sono i capitalisti, gli speculatori, sono essi stessi popolo ,per lo più lavoratori onesti che hanno messo a parte un po’ di guadagno da una vita di lavoro; noi stessi ci possiamo identificare in questo ceto

- proletari nel senso originario del termine, cioè nullatenenti, sono oggi i diseredati per varie cause,    per lo più sono marginali o esterni al mondo del lavoro , molti di loro non si esprimono politicamente.

Quindi la preoccupazione di Varoufakis esprimeva quella di ceti divenuti  piccolo possidenti per effetto del lavoro, che sarebbero potuti ritrovarsi  rovinati  da un impatto conflittuale con la Finanza europea e l’uscita dal sistema monetario dell’euro. Probabilmente egli stesso, diciamo così ala sinistra di Syriza, ritenne che una decisione di rottura  non avrebbe corrisposto alle aspettative di molti sostenitori .

Lo stesso oxi pronunciato nel referendum dai greci,era un no contro le imposizioni dell’UE, non contro l’UE. Tanto è vero che al passo indietro di Tsipras non si verificò un’insorgenza popolare di qualche peso. E nelle elezioni di quel settembre, dopo le dimissioni di Tsipras, lo stesso e Syriza vennero confermati, con un consenso non di molto inferiore a quello precedente i lreferendum.

Dopo  il rinnegamento dell’oxi ,resta poi i l fatto dell’allarmata risposta di Tsipras a Varoufakis, riguardo a pressioni insostenibili in sede UE, che ci sarebbe stata minaccia di un colpo di Stato, non so quanto per effetto dei Poteri economici interni ,quanto per supporto della stessa UE.(Fatto questo, che non mi risulta chiarito abbastanza da nessun studio a proposito)

In sostanza, una “rivoluzione” greca avrebbe potuto essere un segnale per i lavoratori europei ,prodromo di una nuova Internazionale contro l’UE del Capitale  o avrebbe portato alla reazione ,di nuovo ai "colonnelli" ,ad una forma di dittatura?

 Quale forza di resistenza potrebbe offrire oggi il popolo “imborghesito” ,in Grecia o in altri Paesei occidentali?

Notiamo , come analizza del resto anche B., per es.l’attuale distribuzione politica in Italia: la popolazione pacifista, moderatamente solidarista, espressa dal PD e satelliti ,quella affine, ma più movimentista nel M5S, con le sue contraddizioni

 poi, a parte i gruppetti  liberali di FI e IV, espressione di Poteri economici forti ,

il popolo nazionalista-regionalista della Lega, ceti piccolo imprenditoriali e artigiani , risultato del benessere e della seguìta crisi ; e quello estremista di destra  dei F d’I. stimabile nel numero di circa 1,5 M.

Ciò che era (è?)il popolo di una sinistra radicale, non ha grande rilevanza politica in Italia e in Europa, occidentale o orientale.Riguardo ai militanti, qualcuno usa oggi l'espressione di"riserva indiana".

In questo quadro l’analisi marxista (lo Stato guidato da un Partito di maggioranza che in economia pianifichi e impedisca speculazioni e disavanzi di reddito troppo elevati)  resta in teoria corretta, e l'unica proponibile, ma in pratica utopica, rischiando di non trovare vera e propria  base sociale.

Il rilancio  di un Partito socialista moderato, ma deciso,che tratti da un punto di forza con i ceti imprenditoriali e finanziari, resta una augurabile speranza ,ma non una realtà. Cause concomitanti la pochezza  di soggetti politici rappresentanti e la scarsità di consensi su cui contare . (Dice lo stesso B.citando  Marx: in ogni epoca le forze sociali prevalenti scelgono le comparse che meglio le rappresentano, mai viceversa)

B.del resto ritiene improbabile oggi una sintesi keynesiana influenzata dal marxismo (secondo , per es.l’ipotesi di Kalecki), vedendola invece come un’ipotesi caso mai tutt'interna al Capitale.

CRISI CATASTROFE E RIVOLUZIONE

Titolo forte,evocativo, che è da decenni nella prospettiva critica di derivazione marxista, rivoluzionaria, che constata ,a seguito dell'accresciuto dominio del Capitale nei suoi vari aspetti (che va inteso anche come coinvolgimento economico, strutturale, mentale di parti cospicue della popolazione), il venir meno di supporto popolare per una politica radicalmente progressista che avesse forza tale da immobilizzare le varie forme di ricatto imprenditoriali e finanziarie : stanti le condizioni attuali, una rivoluzione non è possibile. Lo diverrebbe solo in conseguenza di una catastrofe generale del sistema capitalistico.

Ora, la crisi è in corso da decenni ; la conflittualità fra Sistemi, Stati o ceti, non è mai venuta meno, dopo le grandi guerre, la guerra fredda, le”piccole”guerre come quelle provocate nelle repubbliche sovietiche o in Jugoslavia, le guerre fra potenze mediorientali ecc.,il terrorismo

;  la catastrofe è stata sempre differita e non è certo augurabile. (NON VADO OLTRE)




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