martedì 17 settembre 2013

Sordello da Goito

SORDELLO DA GOITO
Sordello da Goito, del territorio di Mantova, è stato uno tra i più importanti poeti europei “Trovatori” dell'Italia settentrionale. Nel basso medioevo il trovatore o trovadore o trobadore era un compositore ed esecutore di poesia lirica occitana o “lingua d'oc”, detta anche “provenzale”, una lingua romanza parlata in Occitania, vasta regione storica comprendente gran parte del sud della Francia, la catalana Val d'Aran in Spagna, le Valli Occitane in Italia e le “isole linguistiche” della Calabria e di Guardia Piemontese.  I Trovatori, non utilizzando il latino, lingua degli ecclesiastici, e introducendo l'occitano, sono stati i poeti che aprirono la strada alla poesia in lingua volgare.
                Sordello nacque all'inizio del XIII secolo da una famiglia appartenente alla piccola nobiltà, essendo il padre “Miles” presso il Castello di Goito. Giullare di corte (poeta, attore, intrattenitore), Sordello ebbe una vita movimentata e intensa. Amante della bella vita e delle donne, visse nelle corti più note d'Europa, dove si distinse per la sua lealtà cavalleresca e le sue capacità tattiche e organizzative. Dopo essere stato a Ferrara, presso la corte di Azzo d'Este, si spostò a Verona, alla corte di Ezzelino III e Alberico da Romano, sposandosi nel frattempo con Otta degli Strasso, di nobile famiglia. Nel 1229 lasciò la corte da Romano e, per varie vicende politiche, si recò in Spagna, Portogallo e in Provenza dove, dal conte Raimondo Berengario IV, fu insignito della nomina di Cavaliere e assegnati alcuni feudi. 
                Alla morte di Berengario, Sordello rimase con il suo erede Carlo I d'Angiò fino al 1265 quando, al suo seguito, ritornò in Italia, dove il 12 marzo 1269, elevato al rango di "miles" (uomo d'armi) e "familiaris" (uomo di corte), per l'appoggio e i servizi prestati con tanta fedeltà, ricevette i castelli di Monte S. Silvestro, Pili, Paglieta, Monteodorisio con il Casale di Castiglione (oggi S. Lorenzo di Vasto), in un'unica contiguità territoriale su tratturi, per una rendita di 157 once d'oro. Sordello ricevette l'investitura dei feudi "per anulum" a Foggia, ma non ne rimase soddisfatto e lo si capisce dall'agire del re, che, un mese dopo, nel tentativo di accontentarlo, gli aggiunse Civitaquana e Ginestra. Ma Sordello ambiva alla Contea di Chieti, conferita, il 30 giugno stesso, al nobile francese Radulfo (o Raul o Rodolfo) De Courtinay (Cortinacio) per averlo appoggiato contro gli Svevi, e Sordello accettò di scambiare i feudi ricevuti con il castello di Palena, di uguale valore, ma con mulini e lanifici.
                Carlo d'Angiò non avendo soddisfatto l'ambizione di Sordello, disse di lui: SORDELLO HO TENUTO CARO, ONORATO SEMPRE. GLI DONAI GUALCHIERE, MULINI, ALTRI BENI. CHI GLI DONASSE UNA CONTEA GRATO NON GLIENE SARIA (traduzione dall'originale a cura dello Storico Candido greco - Versione corrente: Sordello ho tenuto caro, onorato sempre. Gli donai Lanifici, Mulini e altri beni. Anche se qualcuno gli donasse una Contea, non glie ne sarebbe grato o contento. Il 1269 è ritenuto anche l'anno della morte di Sordello, avvenuta probabilmente in maniera violenta, vista la collocazione che Dante ne fa nella Divina Commedia. Il possesso dei nostri feudi fu di certo solo nominale e per pochi mesi, ma sufficiente per fare di Monte S. Silvestro e Pili due altri fiori all'occhiello della storia della Città Atessa.

DANTE E SORDELLO
Di Sordello ci restano 42 liriche ed il poemetto didascalico Ensenhamen d'onor (Precetti d'onore). Il testo più famoso è il Compianto in morte di ser Blacatz, elogio funebre di un signore provenzale. Ma la sua fama è dovuta principalmente al ritratto che poeticamente Dante Alighieri ne delinea nei canti VI, VII, VIII del Purgatorio.

Il canto sesto si svolge nell'Antipurgatorio, dove le anime dei negligenti (coloro che trascurarono i propri doveri spirituali) attendono di poter iniziare la loro espiazione. Virgilio indica a Dante un'anima solitaria che guarda verso di loro, che potrà indicare la via più facile da percorrere. I due si avvicinano, e Dante è colpito dall'aspetto dignitoso ed austero di quell'anima, che seguiva i loro passi solo con lo sguardo. Virgilio si accosta chiedendo indicazioni sul cammino, ma l'anima invece di rispondere chiede chi siano e di dove. La risposta di Virgilio inizia con la parola "Mantua", Mantova! E' sufficiente la sola parola perché l'anima esca dal suo atteggiamento di severo distacco: balza in piedi esclamando di essere suo concittadino. Sordello e Virgilio si abbracciano. L'imprevisto abbraccio, suscita in Dante un'energica ed amara apostrofe all'Italia, definita serva, luogo di dolore, nave senza guida, bordello, dove dominano guerre e contese anche fra gli abitanti di una stessa città.

Ma vedi là un'anima che, posta sola soletta, inverso noi riguarda: quella ne 'nsegnerà la via più tosta». Venimmo a lei: o anima lombarda,come ti stavi altera e disdegnosa e nel mover de li occhi onesta e tarda! Ella non ci dicea alcuna cosa,ma lasciavane gir, solo sguardando a guisa di leon quando si posa. Pur Virgilio si trasse a lei, pregando che ne mostrasse la miglior salita; e quella non rispuose al suo dimando,ma di nostro paese e de la vita ci 'nchiese; e 'l dolce duca incominciava «Mantua...», e l'ombra, tutta in sé romita,surse ver' lui del loco ove pria stava, dicendo: «O Mantoano, io son Sordello de la tua terra!»; e l'un l'altro abbracciava. Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!

(Purgatorio, canto VI, versetti 60-78)

9 commenti:

  1. sordello lasciò la sua città divenendo giullare e poeta itinerante di corte. Fu presso Riccardo di San Bonifacio a Verona, Ezzelino da Romano a Treviso, e alla corte provenzale di Raimondo Berengario IV (nel 1228-29). Fu in Francia e Spagna (1229-1230), poi di nuovo in Provenza (1233-65) al servizio di Raimondo Berengario IV e del suo successore Carlo I d'Angiò . Seguì quest'ultimo in Italia, e da lui ebbe in dono alcuni feudi abruzzesi. Morì nel 1269.
    Di Sordello restano 42 liriche provenzali: dodici canzoni molto scorrevoli nello stile e di tematica tradizionale, quattro partimenti, due tenzoni, otto sirventesi, cobbole e frammenti; oltre al poemetto didattico Insegnamento d'onore (Ensenhament d'onor) che raccoglie precetti di morale cavalleresca. La sua fama è legata al compianto per la morte di ser Balatz (1236), in cui si rivolge ai grandi prì ncipi del tempo e li invita a cibarsi del cuore del valoroso defunto per vincere la loro viltà. Sulla sua fortuna si veda soprattutto Alighieri: De vulgari eloquentia, I, XV, 2; Purgatorio, VI-VIII.

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  2. In classe abbiamo letto che la tematica dell'"amor cortese" apparve per la prima volta durante il XII secolo, nelle poesie dei trovatori provenzali; essi furono in grado di far rinascere la lirica dopo la fine del mondo classico. I due stili poetici usati dai trovatori erano:
    -il trobar leu, caratterizzato dalla semplicità del lessico;
    -il trobar clus, caratterizzato da un lessico raro e difficile con l'introduzione di Senhal, cioè pseudonimi o termini cifrati per non rivelare l'identità della donna amata. Il compianto in morte di ser Blacatz era un elogio funebre di un signore provenzale che proteggeva i trovatori. Ci restano di Sordello 42 liriche di argomenti vari, con presenza significativa sia del tema amoroso, sia del tema politico, e un poemetto didascalico, Ensenhamen d'onor (Precetti d'onore). La figura di Sordello compare anche nella divina commedia, più precisamente nel sesto canto del "purgatorio" che si svolge nell'antipurgatorio, dove le anime dei negligenti attendono di poter iniziare la loro espiazione. Dante inizia parlando della ressa delle anime che pregano sperando di abbreviare il loro periodo di pena. Virgilio e Dante vedono un anima solitaria e si avvicinano, era Sordello che abbraccia Virgilio appena sa che anche lui è di Mantova. Dante esorta l'Italia a cercare lungo le sue coste e poi nell'entroterra se c'è qualche luogo in cui regni la pace. Conclude rivolgendosi direttamente a Firenze: con sarcasmo presenta la sua città come se fosse immune da questi mali; in realtà in essa dominano la superficialità e l'irresponsabilità di cittadini che fanno a gara per avere cariche pubbliche senza capacità o preparazione. Firenze può vantarsi di superare Atene e Sparta, poiché fa leggi tanto sottili da durare a mala pena un mese. Il passato di Firenze caratterizzato da continua instabilità fa apparire la città simile ad un'ammalata che non riesce a trovare una posizione adatta al suo riposo.

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  3. Sordello da Goito La data di nascita è incerta ma deve verosimilmente porsi all'inizio del XIII secolo. Nacque da una famiglia appartenente alla piccola nobiltà essendo il padre miles presso il castello di Goito e la sua vita, trascorsa nelle corti più note dell'Europa, fu movimentata e intensa.
    Nel periodo della giovinezza, come si può dedurre da quello che viene considerato il suo più antico componimento, cioè dallo scambio di strofe (chiamate coblas in provenzale) con Aimeric de Peguilhan, egli fu un giullare. Dopo il periodo trascorso a Ferrara tra il 1220 e il 1221 presso la corte di Azzo VII d'Este dove conobbe Rambertino Buvalelli che gli fece da maestro per i primi rudimenti dell'arte poetica, Sordello si spostò a Verona presso il conte Rizzardo di Sambonifacio e risalgono a questo periodo (1225) i partimens con Guilhem de la Tor nei quali porta a difesa le tesi dell'amor cortese. Nel 1226, sempre a Verona, fu a capo della spedizione per sottrarre la moglie di Rizzardo, Cunizza, su ordine dei fratelli della donna, Ezzelino III e Alberico da Romano.
    Mantova, Piazza Sordello di notte Aveva nel frattempo sposato Otta degli Strasso, una donna di nobile famiglia di Ceneda e nel 1229 lasciò la corte dei da Romano e, in seguito a varie vicende politiche, si recò in Spagna, in Portogallo e in Provenza dove, dal conte Raimondo Berengario IV, fu insignito della nomina di cavaliere e gli furono donati alcuni feudi. Nel 1245 morì il conte Raimondo e Sordello rimase con il suo erede Carlo I d'Angiò fino al 1265 quando, al suo seguito, poté ritornare in Italia dove nel 1269 gli vennero donati dallo stesso alcuni feudi abruzzesi e qui morì probabilmente in quello stesso anno. Ci restano di lui 42 liriche di argomenti vari, con presenza significativa sia del tema amoroso, sia del tema politico, e un poemetto didascalico, Ensenhamen d'onor (Precetti d'onore). Il testo più famoso è il Compianto in morte di ser Blacatz, elogio funebre di un signore provenzale che proteggeva i trovatori, scritto intorno al 1237 in stile satirico. La fama di Sordello è dovuta principalmente al ritratto che poeticamente ne delineò Dante Alighieri nei canti VI, VII e VIII del Purgatorio. è da notare la forte analogia tra i racconti dell'amore cortese, della canzone di orlando e della poetica di questo poeta.. In quanto sia Sordello che l'anonimo autore delle gesta di Rolando utilizzavano la lingua d'oil (il volgare caratterizzante la francia del nord), e sono innegabili i riferimenti e i conceeti in comune con la ririca tipica dell'amor cortese, anche se nei suoi atteggiamenti come descritto dal testo ci si accorge come oltre all'amore per una donna nello spirito di Sordello rimangono le virtù dei cavalieri più anziani come l'amor proprio e l'orgoglio che danno non pochi grattachappi ai sovrani che ne ricercano l'amicizia.

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  4. Questo commento è già di per se ricco di informazioni sul protagonista. In breve possiamo riassumere che Sordello da Goito nato da una famiglia della piccola nobiltà intorno al XIII secolo ha viaggiato per le migliori corti Europee come giullare e a Ferrara avvenne l’incontro con Rambertino Buvalelli che gli fece da maestro per i primi rudimenti dell'arte poetica. Sordello si spostò a Verona presso il conte Rizzardo di Sambonifacio e risalgono a questo periodo (1225) i partimens con Guilhem de la Tor nei quali porta a difesa le tesi dell'amor cortese. Ci restano di lui 42 liriche di argomenti vari, con presenza significativa sia del tema amoroso, sia del tema politico, e un poemetto didascalico, Ensenhamen d'onor (Precetti d'onore). Il testo più famoso è il Compianto in morte di ser Blacatz, elogio funebre di un signore provenzale che proteggeva i trovatori, scritto intorno al 1237 in stile satirico. La fama di Sordello è dovuta principalmente al ritratto che poeticamente ne delineò Dante Alighieri nei canti VI, VII e VIII del Purgatorio. A lui è dedicata una piazza a Mantova e una statua ornamentale a Trento. Personalmente non avevo mai sentito parlare di lui nonostante sia presente nella Divina Commedia e questo è certamente importante in quanto essere citato da Dante Alighieri che ha costituito gran parte della letteratura italiana nota in tutto il mondo nella sua opera più celebre significa che Sordello debba essere stato in primis un grande giullare e secondariamente un grande trovatore. Ciò su cui ho riflettuto a seguito di questa lettura è che, in generale, noi sottovalutiamo la figura del giullare, spesso riconosciuti dalle scarpe e dal cappello con sopra dei sogli, mentre erano figure fondamentali. Intrattenevano le corti, tramandarono opere letterarie che ancora oggi leggiamo e studiamo, e in questo caso particolare stiamo parlando di un giullare che ha saputo sfruttare la sua posizione e conquistare feudi anche notevoli.

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  5. Di Sordello sappiamo che proveniva da Goito [Mantova]. Di nobili origini, lasciò la sua città diventando giullare e poeta itinerante di corte presso Riccardo di San Bonifacio a Verona, Ezzelino da Romano a Treviso, e alla corte provenzale di Raimondo Berengario IV (nel 1228-29),poi in Francia e Spagna (1229-1230), poi di nuovo in Provenza (1233-65) al servizio di Raimondo Berengario IV e del suo successore Carlo I d'Angiò . Seguì quest'ultimo in Italia, e da lui ebbe in dono alcuni feudi abruzzesi. Morì nel 1269.

    Di Sordello restano 42 liriche provenzali: dodici canzoni molto scorrevoli nello stile e di tematica tradizionale, quattro partimenti, due tenzoni, otto sirventesi, cobbole e frammenti; oltre al poemetto didattico Insegnamento d'onore (Ensenhament d'onor) che raccoglie precetti di morale cavalleresca. La sua fama è legata al compianto per la morte di ser Balatz (1236), in cui si rivolge ai grandi prì ncipi del tempo e li invita a cibarsi del cuore del valoroso defunto per vincere la loro viltà. Sulla sua fortuna si veda soprattutto Alighieri: De vulgari eloquentia, I, XV, 2; Purgatorio, VI-VIII.

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  6. Sordello da Goito fu uno tra i più importanti trovatori dell'Italia settentrionale (territorio di Mantova)
    ad ispirarsi nella sua attività poetica al modello provenzale adottando la lingua d'oc per i suoi versi.
    La data di nascita è incerta ma deve verosimilmente porsi all'inizio del XIII secolo.
    Dopo il periodo trascorso a Ferrara tra il 1220 e il 1221 presso la corte di Azzo VII d'Este dove
    conobbe Rambertino Buvalelli che gli fece da maestro per i primi rudimenti dell'arte poetica,
    Sordello si spostò a Verona presso il conte Rizzardo di Sambonifacio e risalgono a questo periodo (1225)
    i partimens con Guilhem de la Tor nei quali porta a difesa le tesi dell'amor cortese.
    Nel 1245 morì il conte Raimondo e Sordello rimase con il suo erede Carlo I d'Angiò fino al 1265 quando,
    al suo seguito, poté ritornare in Italia dove nel 1269 gli vennero donati dallo stesso alcuni feudi abruzzesi
    e qui morì probabilmente in quello stesso anno.
    Ci restano di lui 42 liriche di argomenti vari, con presenza significativa sia del tema amoroso,
    sia del tema politico, e un poemetto didascalico, Ensenhamen d'onor (Precetti d'onore). Il testo più famoso è il
    Compianto in morte di ser Blacatz, elogio funebre di un signore provenzale che proteggeva i trovatori,
    scritto intorno al 1237.

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  7. Buon cantore e buon musico, uomo di persona avvenente e incline alle avventure d'amore" lo definisce una "Vidas" del tempo. Carducci, secoli dopo, dichiara: "Fra gli italiani che poetarono in provenzale il più insigne o, se vogliamo, il più fortunato è Sordello da Mantova, uno di quei poeti che fan risplendere come sole tutto ciò che toccano, un di quei il cui canto vince di mille secoli il silenzio". Il poeta trobadorico Sordello è nato a Goito, in località Sereno e viene ricordato da Dante nella "Divina Commedia" dove, nel VI Canto del Purgatorio, si legge dell'incontro con il sommo poeta Virgilio. Della creazione sordelliana non è giunto molto a noi: una quindicina di liriche, diverse canzoni ed inoltre il poemetto "Ensenhamens d'onor" ed un "Compianto" in morte di Blacatz, tradotto quest'ultimo in vane lingue e, allora, diffusissimo. Moltissimi scrissero di Sordello ma soltanto tre hanno lasciato cose rilevanti e complete: Cesare de Louis nel 1896, Giulio Bertoni nel 1938 ed il nostro concittadino Emilio Faccioli la cui opera, davvero pregevole, ha visto la luce nel 1994 ed è stata il fulcro dei festeggiamenti con i quali Goito ha onorato Sordello, le cosiddette Manifestazioni Sordelliane.
    Sordello da Goito fu un trovatore dell'Italia settentrionale (territorio di Mantova), che si ispirò nella sua attività poetica al modello provenzale, ed adottò la lingua d'oc per i suoi versi. La data di nascita è incerta ma deve verosimilmente porsi all'inizio del XIII secolo. Dopo vari anni vissuti presso corti dell'Italia settentrionale, si rifugiò in Provenza dove trascorse la maggior parte della vita. Grazie a Carlo I d'Angiò poté ritornare in Italia come signore di alcuni feudi abruzzesi. Qui morì nel 1269. Ci restano di lui 42 liriche di argomenti vari, con presenza significativa sia del tema amoroso, sia del tema politico, e un poemetto didascalico, Ensenhamen d'onor (Precetti d'onore). Il testo più famoso è il Compianto in morte di ser Blacatz, elogio funebre di un signore provenzale che proteggeva i trovatori. La fama di Sordello è dovuta principalmente al ritratto che poeticamente ne delineò Dante Alighieri nei canti VI, VII e VIII del Purgatorio.

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  8. Non capisco questo riferimento a Sordello da goito e a questo articolo, se ci fosse uno scopo per cui intervenire in un commento sarebbe per discutere su un argomento in cui la possibilità di parola e pensiero possa prendere piedi e non come in questo caso, il quale risulta a me solamente un elenco di dati a riguardo del personaggio e devo dire piuttosto irrilevante nel contesto storico, noioso. Pero notando che i commenti dei miei compagni sono, come l'articolo un elenco di informazioni mi limito a fare lo stesso.
    È il più celebre dei cosiddetti trovatori italiani, nato a Goito (in territorio mantovano) all'inizio del XIII sec. Di famiglia nobile ma decaduta, fin da giovane frequentò la corte del conte Riccardo di S. Bonifacio, allora signore di Verona; ne celebrò la moglie Cunizza, sorella di Ezzelino da Romano, di cui pare fosse invaghito e che poi rapì o della quale agevolò la fuga, d'accordo coi fratelli di lei. Fu poi in varie corti in Italia, andando in Provenza alla corte di Raimondo Berengario IV e passando in seguito al servizio di Carlo I d'Angiò, col quale tornò in Italia dove ebbe da lui in dono alcuni feudi negli Abruzzi (1269). Morì non molto dopo tale data. Durante il soggiorno in Provenza perfezionò la conoscenza della lingua occitanica e scrisse il suo componimento più famoso, il Compianto in morte di Ser Blacatz (1236), una satira-invettiva in cui passa in rassegna i maggiori personaggi politici del tempo biasimandone la codardia e invitandoli a cibarsi del cuore di Blacatz per acquistarne la virtù e il coraggio (ciò ricalca in parte lo schema provenzale). È citato da Dante nel De vulgari eloquentia (I, 15, 2) come poeta illustre ed esempio di chi si è allontanato dal proprio volgare municipale: tantus eloquentie vir existens, non solum in poetando sed quomodocunque loquendo patrium vulgare deseruit («essendo un uomo di grande eloquenza, non solo si allontanò dal volgare della sua patria poetando, ma anche parlando in ogni occasione»).
    Dante lo include tra le anime del secondo balzo dell'Antipurgatorio, anche se non è chiaro a quale gruppo appartenga: certo non ai pigri, che compaiono nel primo balzo, forse ai morti per forza (per quanto nulla si sappia di una sua morte violenta) o addiruttura ai principi negligenti della valletta, che è lui stesso a passare in rassegna e ai quali forse può essere accostato per aver avuto alla fine della sua vita dei feudi da amministrare. Alcuni studiosi ritengono che non faccia parte di alcuna schiera in particolare.

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  9. come mai Dante si rivolge a Sordello con "anima lombarda" ?
    Questi deve ancora aprir bocca e come dice Dante stesso poco dopo, non sembrava essere un chiacchierone.
    Si tratta di un anacronismo nel testo ?
    grazie e un saluto
    enrico

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