martedì 16 febbraio 2021

Scuola dell'emergenza, emergenza della Scuola

Le mie riflessioni per  il professor Stefano Moriggi, Docente di Tecnologie per la formazione-Università di Milano Bicocca , Il Sole 24 Ore, domenica 14 febbraio


Egregio professore,

sono, mi permetto,un suo collega, ora in pensione dopo 40 anni d’insegnamento, fra Scuola media inferiore e superiore, gli ultimi quindici anni in un Liceo delle scienze applicate,all’Istituto “Cobianchi “di Verbania , considerato nel suo campo, con il “Quintino Sella”di Biella, fra le eccellenze tecniche  italiane.

Ma mi apparto  immediatamente dal merito almeno di questa eccellenza d’indirizzo scientifico e tecnico ,in quanto insegnante di materie umanistiche, laureato in filosofia della storia all’Università Statale di Milano, pur avendo sempre convenuto cordialmente con colleghi, studenti e famiglie, che un ingegnere,un biologo ecc.,insomma lo studente formato dal percorso di cui parlo,sia completo, ovviamente, quando abbia avuto anche  una solida formazione nella lingua madre,nelle conoscenze storiche,geografiche ecc.

Leggo il suo articolo su “Il Sole 24 Ore” di domenica 14 febbraio,”A scuola l’emergenza viene da lontano” e vorrei fare qualche commento, pensando , credo  non senza  una certa logica, che se  una persona scrive un articolo su un giornale è perché s'aspetta che ci sia chi lo legga, ci ragioni a proposito,e caso mai faccia conoscere cosa ne pensa a chi ha avanzato opinioni, informazioni ecc. Ciò che significa comunicazione.

Il contenuto da lei espresso, professore, si legge e dirime nel titolo scelto, ,”A scuola l’emergenza viene da lontano” , per cui esprimo qualche considerazione.

1.Non c’è emergenza scuola che si aggiunga alla “normale” emergenza socio-economica causata dalla pandemia.

Docenti e D.S., studenti e famiglie, già a fine febbraio 2020, mentre quasi tutto si arrestava, sono stati fra i primi a continuare quasi immediatamente  l’attività. Sottolineo che inizialmente non poteva esistere alcun obbligo, come molti  D.S. onestamente riconobbero  subito. Mentre, altri D.S.,più solerti, diedero il via alla prescrizione della Dad,poi istituzionalizzata dal Ministero. Ho informazione che la stragrande maggioranza dei docenti e studenti  si sia attivata piuttosto immediatamente, con senso professionale; le disfunzioni dovute a scarsa preparazione tecnologica o ai sistemi di connessione carenti, sono rientrati nella classica  minoranza fisiologica, non entro nel merito dei rapporti fra  situazioni territoriali differenti.

Soprattutto dall’inizio dell’anno scolastico 2020-21 non c’è stata alcuna perdita di tempo.

Si è attribuita  recentemente  al nuovo Primo Ministro  Draghi l’affermazione relativa alla necessità di   allungamento-recupero del tempo scolastico per il prossimo giugno.

A proposito resta valido, e contestuale, il pronunciamento della Ministra dell’Istruzione uscente, prof.a Azzolina, che consapevole della situazione di didattica in presenza continuata alle scuole elementari e alla 1°media inferiore, e comunque della Dad dalla 2°media inferiore alla 5°superiore,   ha parlato pragmaticamente di recupero soltanto nei casi dove  sia stato effettivamente perso del tempo.

Il neo Ministro dell'Istruzione, Bianchi, cautamente, mi risulta abbia finora espresso soltanto questo assunto:”la scuola va ripresa in presenza”

2.L’emergenza- scuola, lo stato di crisi della scuola,  sono  iniziati molto prima della pandemia?

A proposito, le esprimo la mia esperienza.

Ho cominciato ad insegnare nel 1977, ho terminato nel 2016, nel corso di questi quarant’anni circa sono state proposte,introdotte, sperimentate una grande  quantità di riforme;dagli anni’90 in avanti vari formatori hanno insistito sull’arretratezza della Scuola italiana, mentre i dati statistici annuali verificavano che le scuole del nord della Penisola esprimevano valori per lo più nella media mitteleuropea.

Dati empirici personali, tratti da due famiglie con cui sono imparentato, di base socioculturale media, genitori diplomati, solo una delle due madri laureata ;  i figli e cugini , ora intorno ai 35 anni: G ., Liceo scientifico locale ,  facoltà d’Ingegneria Milano, ingegnere nel campo petrolifero ad Augusta; A., Liceo classico locale , facoltà di Medicina a Milano, dottoressa all’Istituto Sacco a Milano; L., Istituto Tecnico indirizzo chimico-biologico locale, facoltà di Biologia a Pavia, ricercatore inizialmente in Indonesia, attualmente a Berlino. 

A mio modesto parere, ciò dimostra che, per chi ne faccia buon impiego, non esiste una vera crisi specifica dell’Istruzione, se non s’inserisce nei caratteri della  crisi  di valori che investe la società odierna e la formazione caratteriale dei giovani; della crisi economica , dei tagli ai fondi destinati all’Istruzione, che non consentono la dotazione migliorata di laboratori ecc.; in parte minima , come del resto per ogni attività e professione, dai carabinieri ai sacerdoti,per scarsa  idoneità caratteriale e  professionale dei docenti.

E,a fronte dei risultati incoraggianti dei tre giovani parenti da me citati, segnalerei piuttosto la condizione di tanti altri giovani, egualmente ben formati, che non trovano impiego  o sono costretti a cercarlo all’estero.

Ma, come certamente lei stesso è consapevole, non per  demerito dell’Istruzione italiana.

Un ‘ultima osservazione, poi non la tedio oltre. Come docente di materie umanistiche, credo che in questo campo l’insegnamento possa e debba fare uso delle tecnologie irrinunciabili, come interessante strumento, ma debba doverosamente preservare un rapporto  di presenza e valori che dagli scribi babilonesi ad oggi qualifica l’essere umano vivace ,partecipe e comunicativo nella sostanza umana e con cura della cultura storica proveniente ed esprimibile con materiali quali libri, quaderni  ecc.

Cordialmente,

D.V.



venerdì 12 febbraio 2021

Dai ricordi di parte, parte di ricordi, alla verità

 Il 10 febbraio viene definito la giornata del ricordo dei tragici eventi avvenuti su l fronte orientale italo-slavo della fine aprile 1945 dopo la definitiva sconfitta e rotta dei nazifascisti.

Questi fatti dolorosi vanno inquadrati in una storia di più lunga memoria .
La sponda orientale dell'Adriatico venne colonizzata e civilizzata fin dal 1° sec.a.C. dai romani e fece parte dell'Impero; dopo la parentesi delle invasioni barbariche in quei territori subentrò la repubblica marinara di Venezia. Tutt'oggi,in Istria e Dalmazia, monumenti, palazzi e ville romane e venete sono il segno di una lunga secolare civilizzazione.
I territori d'Istria e Dalmazia vennero tolti a Venezia da Napoleone Bonaparte alla fine del XVIII secolo,e passarono poi all'Impero asburgico.
Con la Prima guerra mondiale e il trattato di Londra,il Regno d''Italia rivendica questi territori , che i trattati di pace assegnano solo in parte,con scontento dei nazionalisti nostrani che stanno confluendo nel nascente fascismo.
Il clima postbellico segna l'inizio del conflitto di frontiera fra popolazioni slave e italiane.
1919 occupazione di Fiume da parte di D'Annunzio e il suo corpo di legionari;
1920 tumulti fra italiani e slavi a Trieste e Spalato, uccisione di patrioti italiani , reazione , incendio e strage dell'hotel Balkan a Trieste dov'erano asserragliati gli slavisti;
1920-21 dopo la fine dell'occupazione di Fiume, violenze contro italiani;
1941-43.Invasione nazi-fascista del Regno di Jugoslavia uccisione di civili slavi a Ljubiana, Fiume e in Montenegro ;
il 31 luglio 1942 Mussolini disse: “Sono convinto che al «terrore» dei partigiani si deve rispondere con il ferro e con il fuoco. Deve cessare il luogo comune che dipinge gli italiani come sentimentali incapaci di essere duri quando occorre. Questa tradizione di leggiadria e tenerezza soverchia va interrotta”
Istituzione di campi di concentramento, dall'isola di Rab alla Risiera di San Sabba dove vengono imprigionati e uccisi ebrei, slavi, resistenti.Appoggio fascista al regime ustascia di Ante Pavelic ,Croazia, contro gli slavi comunisti.
1943: dopo l'armistizio dell'8 settembre, eccidi d' italiani in Istria e Dalmazia presi fra due fuochi, quello dei nazisti e quello dei partigiani slavi.
1945, fine aprile i partigiani titini entrano in Trieste e inizia la caccia di fascisti e collaborazionisti, uccisi nel numero di circa 5000, molti eliminati nelle foibe carsiche.Italiani, per lo più, ma anche slavi.
Negli anni successivi gli italiani d'Istria e Dalmazia devono lasciare le loro proprietà,il regime jugoslavo di Tito ha di mira di estirpare la presenza e la cultura italiana in quei territori.
Nei comportamenti anti-italiani di parte degli attivisti locali che ribaltavano sull'elemento italiano l'animosità per i trascorsi del fascismo istriano, é palese l'intento di liberarsi degli italiani
Verso la fine del XX secolo, dopo l'indipendenza delle repubbliche di Slovenia, Croazia ecc., in un clima più disteso ricominciano colloqui tesi a riconoscere il diritto alla presenza e cultura italiana in Istria e Dalmazia.
( Foto:incendio dell'hotel Balkan a Trieste; campo di concentramento dell'isola di Arbe-Rab; Foibe carsiche )