Gli studi,le riflessioni , che anche noi
modestamente conduciamo da decenni, intorno a Beppe Fenoglio e alla sua
opera ,si arricchiscono con il contributo
del nuovo film dei fratelli Taviani, tratto da "Una questione
privata", scritto dall'autore nel 1963.
D’altra parte,con la sceneggiatura della
storia del partigiano Milton, i due registi toscani creano anche una
nuova opera.
C'è una scelta di campo iniziale che è
quella di girare non nel paesaggio delle Langhe, ma in quello della montagna
cuneese della Val Maira,dove tragicità e durezza delle condizioni vengono naturalmente
accentuate.
Fenoglio conosceva di persona ciò di cui
parlava; per lui il paesaggio ondulato, oggi dolce soprattutto negli autunni a
tartufo nocciole e vini pregiati, nella narrativa partigiana era divenuto ancor più arduo di quello
della "porca Langa"contadina , pericoloso e avaro oltre ogni immaginazione per i gruppi resistenziali
a causa delle perlustrazioni da parte dei reparti nazisti e delle bande
fasciste.
Quegli eventi, quel paesaggio, sono
certamente stati ritratti con maggiore fedeltà rispetto all’originale da Guido Chiesa con la sua opera, da "Il
caso Martello" del '91,al documentario "Una questione privata-la vita
di Beppe Fenoglio" del'98 ,fino al "Il partigiano Johnny", due
anni dopo. Ma è una scelta, per un'opera differente.
Con i Taviani si passa dalla
"nebbia"delle colline alle "nuvole basse" delle alture ,
dai rittani ai dirupi.
I Taviani inseriscono per così dire la
storia di Milton in un loro percorso di filmografia storica che procede da opere
come "Allonsanfan" e "La notte di San Lorenzo",il
precedente sulla Resistenza antifascista, del 1982, ma questa volta dal dolce
paesaggio toscano la scena viene proiettata
sulle impervie e tragiche linee pre/alpine piemontesi.
Anche la resa espressiva, scelte
estetiche, sono ovviamente proprie della cinematografia dei fratelli di
san Miniato. Chi li ha apprezzati fin dagli anni'60-'70, rinviene con emozione
positiva passaggi tipici della loro cinematografia, fra il magico e lo ieratico
, l'ironico e il tragico: esempi, quando i partigiani stanno per iniziare
un'azione, e un prete declama che lui li assisterà con la preghiera, mettendosi
in ginocchio sull'assito della baita; o quello in cui sull'aia del
villaggio vi sono i corpi dei poveri alpigiani uccisi per rappresaglia (forse un
riferimento all’eccidio della vicina Boves),
ma una bimba si leva, va in cucina a bere dell'acqua, per poi ridistendersi
accanto ai parenti uccisi...perchè loro sono i suoi congiunti... o quando la
giovane donna incinta che ripara Milton in agguato invoca la punizione e
la distruzione totale della Germania nazista da parte degli aerei
anglo-americani che sorvolano il Piemonte... nella nevrotica ,psicopatica
performance del prigioniero-batterista nazifascista, che i suoi stessi
non vogliono sia liberato e restituito in scambio con un partigiano, nel rapido
abbracciarsi e lasciarsi di Milton e dei genitori casualmente,
improvvisamente incontrati in una via della cittadina.
Una diversa,nuova compostezza ritroviamo
invece nella scena della fucilazione della povera giovane staffetta partigiana
Riccio, e ci viene in mente al contrario l'animalesca e indecorosa fine di
collaborazionisti in "La notte di san Lorenzo"..
Dove personalmente trovo più piena ispirazione e aderenza a quello che Fenoglio
ci ha trasmesso, è invece nella scena di partenza , nella bella villa in collina, le note di
"Somewhere over the raimbow ", da "Il mago di Oz "del
1939!quell'evocare una gioventù sentimentale ancora abbastanza
spensierata prima che la tragedia facesse sfumare quel mondo, quella giovane
gioia d'esistere, che noi però abbiamo poi ritrovato nel dopoguerra,fra
la fine dei'40 e gli inizi dei '50, quando si è tornati a sperare.
Trovo che il film nel complesso scorra con emozione ,fino alla
scena e alla scelta terminale, che mi lascia invece perplesso. Il margine di enigma
già fenogliano di quale sia veramente l'esito di "Una questione
privata", viene risolto a mio modo di vedere in qualità insoddisfacente,
per lo meno dal punto di vista espressivo. Un finale certamente più positivo e speranzoso
rispetto all’originale , ma non convincente.
Fra i personaggi , Marinelli-Milton rappresenta
convenientemente sia le scene sentimentali con Fulvia, sia quelle drammatiche per i sentieri e i valloni,attraverso la propria
figura , la scelta di regia lo ha
portato ad aggiungere tratti espressivi del deliquio, febbricitanza,
di cui soffre il partigiano per l'inquietudine mortale rispetto alla prigionia
dell’amico Giorgio; questi viene evocato da Lorenzo Richelmy in brevi tratti
essenziali di un carattere più deciso, sia dal lato sentimentale con Fulvia che
eroico nella vita e nelle azioni partigiane ...forse più arduo esprimere da
parte di Valentina Bellè il personaggio di Fulvia, personaggio femminile
dell'epoca , esprimere la differenza emotiva, gestuale, espressiva, rispetto
alle giovani d'oggi.Del cast fa parte anche il giovane attore albese Paolo Tibaldi, sempre impegnato professionalmente nella capitale fenogliana e nella provincia granda.
Come Fenoglio, anche i Taviani offrono una
prospettiva realistica dei vari partigiani, non del tutto idealizzati come eroi , giovani che stanno dalla parte giusta,
ma ritratti anche per aspetti meno lodevoli di mal animo,risentimenti, come quelli espressi nei confronti di Giorgio, perché ritenuto un po’ "signorino", con riscontro di un suo senso di superiorità mal accettato.
Concludo con quanto espresso dagli stessi Taviani:"Se lo vedesse Fenoglio forse si arrabbierebbe,ma alla fine accetterebbe qualche libertà che ci siamo presi. Un film, del resto deve essere un tradimento del testo. Il cinema è altro, non è l'illustrazione di un libro".
RispondiEliminaMi permetto qualche parola anche io, ora, sul film dei fratelli Taviani, “Una questione Privata”, tratta dall’omonimo romanzo di Beppe Fenoglio.
Il fatto che io abbia “giocato” un piccolo ruolo nella trama, non mi fa essere per forza di parte. Se fin’ora si sia tentato più volte di realizzare un film su quel libro, questo dei fratelli Taviani, è il risultato meglio riuscito. Ne parlo dunque da appassionato ricercatore di Beppe Fenoglio e di interpretazione. Si è detto tanto, molto, probabilmente troppo su alcune scelte registiche. Bisogna premettere che, come dice Paolo Taviani stesso, questo film non vuole essere una mera illustrazione del libro, bensì una interpretazione che ha costretto loro a “tradire” il romanzo dacché il cinema si tratta di un organismo audio-visivo, perciò differente dalla carta stampata. Per le illustrazioni esistono, alcune volte, le fiction televisive. Il cinema è un'altra cosa.
Ora, lasciando da parte il discorso “mi è piaciuto” o “non mi è piaciuto”, che in entrambi casi suona a mo’ di giudizio tendenzialmente sottoculturale quanto più spicciolo, impedendo una possibile costruttività, ho sentito molte persone sottolineare l’incoerenza nelle ambientazioni: chi lo dice per una mancata opportunità commercio-promozionale, chi non riesce a staccarsi dal libro stesso e chi fruisce di un cinema gastronomico, andandoci per digerire la cena e trovare forzatamente una critica estetico-intellettualoide. È vero che i luoghi non siano i medesimi del libro. È un dato di fatto. Credo che il cinema d’autore vada a toccare altri crismi che, in questo caso, riguardano aspetti prettamente classici e per questo universali: la tensione umana, nel luogo interiore dell’essere umano.
Dirò di più. Vi sono scene di una lentezza piuttosto interessante, talvolta non dialogate, talvolta onomatopeiche, magari non presenti nel libro stesso, che ci fanno riconoscere la chirurgica qualità tecnica e artistica di una pellicola, l’epicità di una trama sostanziosa e l’eccellente lavoro dell’attore protagonista, così come di quello antagonista.
Sul personaggio femminile, invece, c’è qualche effettiva perplessità. Tralasciando i soggettivi gusti estetici, si fa fatica ad inserirla in maniera amalgamata nella storia, vogliasi per una interpretazione quanto più “moderna” e, per forza di cose, slegata da quella degli altri personaggi, vogliasi per una sua percepibile difficoltà a collocarsi in maniera organica e consapevole all’interno dell’arcata scenica.
Ma è un altro il discorso che fa amare definitivamente questo film. I fratelli Taviani, per interpretare la storia scritta da un uomo che reputano il grande autore del secondo Novecento, non si sono limitati, come fanno molti, a raccontare una storia di guerra o d’amore. Sono stati più che mai intellettualmente onesti ad intuire l’urgenza del messaggio che trapela dal romanzo e mettersi al suo servizio: la ricerca della verità.
Ecco cosa è “Una Questione Privata”. Un film sull’ostinata ricerca della verità. Paolo Tibaldi