giovedì 23 aprile 2015

25 aprile:70 anni dopo

Intanto un mistico, forse un aviatore, inventò la commozione.
E rimise d’accordo tutti, i belli con i brutti.
(L. Dalla, Com’è profondo il mare, 1977)
Anche la disperazione impone dei doveri, e l’infelicità può essere preziosa.
(Csi, Linea Gotica, 1996)
Secondo Aby Warburg ogni epoca conosce “il rinascimento dell’antichità che si merita”. Parafrasandolo, possiamo dire che ogni decennio conosce il discorso pubblico sul 25 aprile, sul fascismo e sull’antifascismo che si merita.
Il confronto con il ventennio e con la lotta di liberazione, infatti, per la memoria italiana del novecento è una pietra angolare sulla quale fondare ogni ragionamento sul rapporto tra sfera pubblica e storia.
Il discorso sulla dittatura, quello sulla resistenza così come quello sull’antifascismo si costruiscono innanzitutto attraverso i mezzi di comunicazione popolari come cinema e televisione. E – nelle pubbliche commemorazioni – svolgono un’azione perturbante rispetto alle memorie culturali: tendono a creare artificiosi momenti di condivisione, anche quando invece nell’essenza stessa della storia di questi due termini, resistenza e antifascismo, prevale un elemento di lacerazione. Come ha scritto Paolo Pezzino:
"Se il 25 aprile ricorda gli italiani che hanno combattuto, questo purtuttavia non annulla le ‘altre’ memorie: di chi ricorda di aver combattuto contro la resistenza e il movimento partigiano […]; di chi, proclamandosi e sentendosi ‘apolitico’, ha tentato di ‘sopravvivere’ barcamenandosi tra partigiani e fascisti; di chi ricorda non ‘la’ Resistenza ma la ‘sua’, a volte parzialissima, resistenza e di chi, infine, non vuole ricordare e non vuole che si ricordi. Dunque, memorie diverse che tendono a solidificarsi e ad autoavvalorarsi"
Un “noi diviso”, un’identità frammentata e segmentata che viene approfondita dal cinema e dalla ricerca storiografica mentre la comunicazione di massa, così come le commemorazioni ufficiali, tendono a eluderla, in un primo momento, a partire dai primi anni sessanta, in nome di un antifascismo presentato come universale; quindi nel segno di un’uniformità nel lutto provocato dalla guerra per cui tutti i “morti sono tutti uguali”, discorso che caratterizza gli anni novanta.
Su questi primi cinquant’anni di celebrazioni Giovanni De Luna e Guido Chiesa hanno fatto un bel film, s’intitola 25 Aprile. La memoria inquieta. Vedetelo qui:

2 commenti:

  1. Il 25 aprile è per l’Italia la festa della Liberazione, nella quale si ricorda la lotta avvenuta da parte dei partigiani contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e l'occupazione nazista.
    Riporto qui un estratto della proclamazione dello sciopero generale a Milano avvenuto 70 anni fa: « Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine…»
    È Pertini ha proclamare questa frase. Lui era uno di quelli al comando del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (organizzazione politica e militare italiana costituita da elementi dei principali partiti e movimenti del Paese, formatasi a Roma il 9 settembre 1943, allo scopo di opporsi al fascismo e all'occupazione tedesca in Italia, scioltasi nel 1947), che il 25 aprile ’45, via radio, sin dalle prime ore del giorno, proclamarono l’insurrezione nelle zone ancora occupate dai nazifascisti.
    «Arrendersi o perire!» fu il motto dei partigiani quel giorno.
    Il 1° maggio tutta la parte settentrionale del nostro Paese fu liberata: Bologna (il 21 aprile), Genova (il 23 aprile) e Venezia (il 28 aprile). Si arrivò così alla fine della guerra e della dittatura che porterà al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica, con la possibilità di voto per la prima volta anche per le donne, e alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione.

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