lunedì 27 aprile 2015

La poesia nel cinema – John Keats – Bright star e The Ryan O’Reilly Band


La poesia nel cinema – John Keats – Bright star e The Ryan O’Reilly Band

Bright Star è un film del 2009 scritto e diretto da Jane Campion, basato sugli ultimi tre anni di vita del poeta inglese John Keats.
Il film è stato presentato in concorso al 62º Festival di Cannes ed è stato proiettato per la prima volta il 15 maggio 2009. Il titolo del film è tratto da un sonetto di Keats dal titolo “Bright star, would I were steadfast as thou art”, che il poeta scrisse durante la sua relazione con Fanny.
John Keats è un esponente Romanticismo inglese. Gli autori romantici inglesi vengono generalmente divisi in due diverse generazioni: La prima è quella del 1700, mentre la seconda è vissuta nella prima metà del 1800. Della prima fanno parte Wordsworth, Coleridge, e Blake. Della seconda generazione si possono definire poeti come John Keats, Byron e Shelley.
Dicevo che il Film è tratto dal sonetto “Bright star”:


Bright star! Would I were steadfast as thou art—
Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature’s patient, sleepless eremite,
The moving waters at their priestlike task
Of pure ablution round earth’s human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors;
No—yet still steadfast, still unchangeable,
Pillowed upon my fair love’s ripening breast,
To feel for ever its soft fall and swell,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever—or else swoon to death.

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Oh fossi come te, lucente stella,
costante – non sospeso in solitario
splendore in alto nella notte, e spiando,
con le palpebre schiuse eternamente
come eremita paziente ed insonne
della natura, le mobili acque
nel loro compito sacerdotale
di pura abluzione intorno ai lidi
umani della terra, o rimirando
la maschera di nuova neve che
sofficemente cadde sopra i monti
e sopra le brughiere, no – ma sempre
costante ed immutabile posare
il capo sul bel seno maturante
del mio amore e sentire eternamente
il suo dolce abbassarsi e sollevarsi,
per sempre desto in una dolce ansia,
sempre udire il suo tenero respiro
e vivere così perennemente –
o svenire altrimenti nella morte.

[John Keats, POESIE, Traduzione di Mario Roffi, Einaudi]


Per concludere, Vi propongo una nota musicale che ho scovato. Si tratta di un pezzo della band di strada “The Ryan O’Reilly Band” che s’intitola proprio “John Keats“.

Eccovi il testo in inglese e tradotto in italiano secondo una mia libera interpretazione:

I’ve got a copy, of catcher in the rye
in my top pocket, I think you know why.
Order me something, from the dusty top shelf
I can’t keep my secrets in, nor my hand to myself.
So we put on those old records, drank spirits with my friends.
But not long ago, I could never know, like you’d turn a page, someone could go.
Our Lady of Sorrows, please take my hand.
That was a hard year, even if I’d been an older man.
She said you’re 23 now, you know Keats went at 25. You’ve only got ten more years, ’till Christ was crucified.
So we put on those old records, drank spirits with my friends. But not long ago, I could never know, like you’d turn a page, someone could go. In our concrete walls, a sweet perfume, that the lilies made as they fill the room.

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Ho una copia, di Catcher in the Rye (Il giovane Holden)
nella mia tasca superiore, credo tu sappia il perché.
Ordinami qualcosa, dalla cima dello scaffale polveroso
Non riesco a tenere i miei segreti, neppure la mia mano a me stesso.
Così abbiamo messo su quei vecchi dischi, bevuto alcolici con i miei amici.
Ma non molto tempo fa, non avrei mai potuto sapere, come si volta pagina, qualcuno potrebbe farlo.
Nostra Madonna Addolorata, ti prego di prendere la mia mano.
E ‘stato un anno difficile, anche se fossi stato un uomo più anziano.
Lei ha detto che tu hai 23 anni adesso, lo sai Keats è morto a 25. Tu hai solo altri dieci anni, finché Cristo fu crocifisso.
Così abbiamo messo su quei vecchi dischi, bevuto alcolici con i miei amici.
Ma non molto tempo fa, non avrei mai potuto sapere, come si volta pagina, qualcuno potrebbe farlo.
Nelle nostre pareti di cemento, un profumo dolce, di gigli ch’empiono la stanza.


giovedì 23 aprile 2015

25 aprile:70 anni dopo

Intanto un mistico, forse un aviatore, inventò la commozione.
E rimise d’accordo tutti, i belli con i brutti.
(L. Dalla, Com’è profondo il mare, 1977)
Anche la disperazione impone dei doveri, e l’infelicità può essere preziosa.
(Csi, Linea Gotica, 1996)
Secondo Aby Warburg ogni epoca conosce “il rinascimento dell’antichità che si merita”. Parafrasandolo, possiamo dire che ogni decennio conosce il discorso pubblico sul 25 aprile, sul fascismo e sull’antifascismo che si merita.
Il confronto con il ventennio e con la lotta di liberazione, infatti, per la memoria italiana del novecento è una pietra angolare sulla quale fondare ogni ragionamento sul rapporto tra sfera pubblica e storia.
Il discorso sulla dittatura, quello sulla resistenza così come quello sull’antifascismo si costruiscono innanzitutto attraverso i mezzi di comunicazione popolari come cinema e televisione. E – nelle pubbliche commemorazioni – svolgono un’azione perturbante rispetto alle memorie culturali: tendono a creare artificiosi momenti di condivisione, anche quando invece nell’essenza stessa della storia di questi due termini, resistenza e antifascismo, prevale un elemento di lacerazione. Come ha scritto Paolo Pezzino:
"Se il 25 aprile ricorda gli italiani che hanno combattuto, questo purtuttavia non annulla le ‘altre’ memorie: di chi ricorda di aver combattuto contro la resistenza e il movimento partigiano […]; di chi, proclamandosi e sentendosi ‘apolitico’, ha tentato di ‘sopravvivere’ barcamenandosi tra partigiani e fascisti; di chi ricorda non ‘la’ Resistenza ma la ‘sua’, a volte parzialissima, resistenza e di chi, infine, non vuole ricordare e non vuole che si ricordi. Dunque, memorie diverse che tendono a solidificarsi e ad autoavvalorarsi"
Un “noi diviso”, un’identità frammentata e segmentata che viene approfondita dal cinema e dalla ricerca storiografica mentre la comunicazione di massa, così come le commemorazioni ufficiali, tendono a eluderla, in un primo momento, a partire dai primi anni sessanta, in nome di un antifascismo presentato come universale; quindi nel segno di un’uniformità nel lutto provocato dalla guerra per cui tutti i “morti sono tutti uguali”, discorso che caratterizza gli anni novanta.
Su questi primi cinquant’anni di celebrazioni Giovanni De Luna e Guido Chiesa hanno fatto un bel film, s’intitola 25 Aprile. La memoria inquieta. Vedetelo qui:

domenica 19 aprile 2015

Romanticismo(dallEnciclopedia Treccani)



Romanticismo

 Movimento letterario, artistico e culturale, sorto in Germania e in Inghilterra negli ultimi anni del Settecento e quindi diffusosi in tutta l’Europa nel corso del 19° secolo. 


Il termine romantic, derivato da romance, appare dapprima in Inghilterra alla metà del 17° sec. con il significato di «cosa da poesia di romance», cioè ‘romanzesco’, non reale. Esso ha però anche un altro significato, quello di ‘pittoresco’: quest’ultimo man mano prevale, e finisce con il designare nel Settecento non solo la caratteristica oggettiva della scena naturale, ma lo stato d’animo che essa suscita. Nella seconda metà del Settecento il termine si diffonde in Germania nel contesto di un vivo interesse per le leggende e i canti popolari dei popoli nordici (si pensi alla moda ossianica*) e per l’epos cavalleresco dell’età medievale. Soprattutto con J.G. von Herder questo interesse per ‘il modo di pensare romantico’ corrisponde alla rivendicazione della peculiarità delle culture dei singoli popoli e a un programma di rigenerazione e di affermazione delle nazioni rimaste a lungo schiave delle altrui mitologie (soprattutto di quella greca, donde la polemica contro F. Schiller e contro il classicismo), e quindi impedite nel loro sviluppo autonomo. La complessità degli aspetti della vita che il R. investì, la diversità delle tradizioni nazionali in cui si venne a inserire, la molteplicità degli atteggiamenti in cui si andò evolvendo, ebbero come conseguenza una serie quasi innumerevole di contrastanti tentativi di fissarne la sostanza in una definizione. E il R. apparve, di volta in volta, per es., come soggettivismo o come coscienza di popolo e potenziamento dei sentimenti nazionali; come insoddisfazione della realtà o come trasfigurazione poetica della realtà stessa; come ritorno al Medioevo o come ricerca di modernità.
In realtà il R. non è il logico, coerente sviluppo deduttivo di un’idea, né un gruppo circoscritto di fenomeni riducibili a un’unica causa, né un sistema di pensiero chiuso, ma un ‘modo di sentire’, a cui s’intona tutto un vario modo di pensare, di poetare e di vivere, e perciò a rigore non può essere definito, ma soltanto indagato nelle sue origini, seguito nel suo svolgimento, rilevato nelle sue tendenze più rappresentative. Pertanto non è possibile fissare limiti cronologici del fenomeno diversi dalle date entro le quali fiorirono nei singoli paesi le varie ‘scuole’ che del R. fecero esplicitamente il proprio programma.
In Germania il primo costituirsi di una scuola romantica avvenne negli ultimi anni del Settecento prima a Jena e poi a Berlino, e si concretò nella pubblicazione della rivista Athenäum (1798-1800); in Inghilterra (1798) le prime manifestazioni del R. si ebbero con il programma aggiunto alle Lyrical ballads da W. Wordsworth e S.T. Coleridge; nei paesi scandinavi (1802) con l’incontro di H. Steffens e A.G. Oehlenschläger; in Francia (1813) con la traduzione del Cours de littérature dramatique di A.W. Schlegel e l’analisi del R. tedesco nell’Allemagne di Madame de Staël; in Italia (1816) con la Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo di G. Berchet, e con le discussioni provocate da una lettera di Madame de Staël sulle traduzioni, pubblicata dalla Biblioteca Italiana. In Inghilterra, in Francia, in Italia, singoli segni precorritori possono avere accompagnato per vie autonome, o anche preceduto, il movimento di formazione del R. in Germania; ma è in Germania che il periodo formativo del R. raggiunse i massimi sviluppi in profondità, ed è dalla Germania che il R. si propagò al resto d’Europa e nell’America anglosassone, assumendo in ciascun paese una particolare fisionomia.
2. Sviluppi
2.1 LoSturm und Drang. Preparato nella coscienza letteraria tedesca da un rapido e intenso sviluppo del senso di autonomia di fronte al classicismo francese, il vero periodo di gestazione del R. in Germania fu quello dello Sturm und Drang, per il quale la vita divenne un campo senza confini aperto allo slancio della conquista umana. L’ideale astratto di ‘umanità’ del 18° sec. cede alla considerazione della realtà umana, come si attua nel divenire organico della sua storia (Herder). E anche la concezione della poesia si rinnova nello stesso spirito. Non esistono ‘modelli’, esemplari perfetti di poesia, di valore normativo: la poesia esiste solo nella sua storia. Fra la vita dei popoli e la loro poesia esiste la medesima immediatezza di rapporti presente tra la vita dei popoli e il loro linguaggio; poesia e linguaggio nascono insieme. Ogni elemento intellettualistico esula così dalla poesia. All’ammirazione esclusiva per l’armonica e in sé conchiusa perfezione delle forme classiche si sostituisce un sentimento dinamico della poesia che, mentre comprende nel suo senso di trascendenza e nel suo slancio religioso l’arte medievale, ne afferma la vicinanza spirituale all’uomo moderno. E al tempo stesso si precisano le esigenze di stile. Il concetto di bellezza nel senso tradizionale è superato: «nella realtà non esiste soltanto la natura bella ma anche la natura come terribilità, violenza, forza di distruzione», e ciò vale anche per la bellezza nella poesia; «l’arte caratteristica» è pertanto «la sola vera» (J.W. Goethe). E la suprema espressione ne è W. Shakespeare.
2.2 Il passaggio dallo Sturm und Drang al Romanticismo
Tutto questo è già, per molti aspetti, talmente prossimo al pensiero romantico che fuori dalla Germania, e specialmente nei paesi latini, lo Sturm und Drang poté apparire senz’altro come R. vero e proprio; tuttavia tra i due momenti esiste una diversità notevole. Nel periodo, pur breve, che intercorre fra l’uno e l’altro momento si ebbero profonde esperienze. Una di queste fu fornita dagli sviluppi della Rivoluzione in Francia e dagli eccessi del Terrore, che per reazione spinsero a una ricerca di interiorità; anche il vincolo che lo Sturm und Drang aveva stabilito fra condizioni politiche e sociali e poesia e arte si allentò o, per lo meno, mutò carattere.
Anche un’altra esperienza agì nello stesso senso: la poesia di Goethe. Di fronte a J. Winckelmann, che additava l’arte degli antichi, gli Stürmer avevano potuto rispondere che quello era un mondo ormai lontano, ma non avevano potuto respingere la nobile semplicità della poesia di Goethe. Anche quella poesia, pur non nascendo dall’irrompere della passione, ma dalla quieta luce spirituale, era ‘voce di natura’.
Fattore non meno fondamentale furono le conquiste del pensiero speculativo dopo I. Kant. Non nel senso che r. e idealismo s’identifichino (questo avverrà soltanto, e parzialmente, per breve periodo con Schelling), ma la filosofia postkantiana, mentre approfondì nei romantici e consolidò il sentimento dell’illimitata potenza creatrice dello spirito, diede loro un senso profondo dell’unità della natura e della storia, della poesia e della filosofia, dell’azione e della contemplazione, indicando nella immaginazione trascendentale il principio unitario della vita conscia e inconscia (si pensi all’idealismo ‘magico’ di Novalis).
2.3 Il pensiero romantico
In tutto il vario sviluppo che il pensiero romantico, a opera soprattutto di Novalis, di F. e C. Schlegel, F. Schleiermacher, Schelling, andò via via assumendo, il presupposto costante è il sentimento cosciente della libertà dello spirito come spontaneità. Anche per i romantici, come per gli Stürmer, l’uomo è ‘natura’, e ogni forma di razionalismo e d’intellettualismo è oggetto di scherno. L’«intuizione intellettuale» di J.G. Fichte diventa, in un processo di trasfigurazione, un incessante superamento del limite costituito dalla natura e dalla materia per realizzare una sintesi tra ideale e reale, tra infinito e finito che però i romantici sanno impossibile o che almeno può essere operata soltanto ‘progressivamente’ e mai in modo definitivo.
La religione poi, con Schleiermacher, si pone decisamente al di là sia della metafisica sia della morale (in polemica quindi non solo contro la teologia razionale, ma anche contro la fondazione/">fondazione morale della religione operata da Kant), poiché metafisica e morale vedono la realtà sempre parzialmente, in modo frazionato, e non colgono l’unità profonda del tutto. Soltanto l’intuizione e il sentimento di dipendenza dall’infinito hanno autentico valore religioso e perciò viene a cadere anche ogni distinzione sostanziale tra religione naturale e religione positiva in quanto la rivelazione non è un fatto storico avvenuto una volta per tutte, ma è continua, ossia si attua in modo sempre nuovo in ogni nuova intuizione ed espressione originaria dell’universo.
2.4 La poetica
Il R. non si contrappone alle poetiche precedenti semplicemente per una scelta stilistica o poetica, ma per la consapevolezza dell’impossibilità di un’arte analoga a quella classica, perché alla civiltà moderna manca un centro unitario quale era stata la mitologia per la civiltà greca. Di qui anche il carattere trascendentale della poesia romantica, il cui oggetto è propriamente la poesia stessa (‘poesia della poesia’), giacché non può realizzarsi in questo o quel tema particolare, ma suo tema fondamentale possono essere soltanto la libertà e la creatività dello spirito che il poeta sa di non poter realizzare adeguatamente in nessuna costruzione o realtà finita.
Indubbiamente c’è, in tutti questi pensieri e nel ricco e suggestivo svolgimento che i romantici ne hanno tratto, più una ricerca di nuovi mondi poetici che una vera e propria posizione speculativa; tuttavia molti dei principi del R. sono rimasti fondamentali anche nell’estetica successiva, per es., il carattere intrinsecamente storico, etico, religioso e filosofico della poesia e dell’arte e il senso del suo profondo legame con l’unità originaria delle diverse culture.
2.5 Il carattere nazionalePer i primi romantici tedeschi, volti all’esplorazione della vita interiore, i concetti di nazione e popolo non sono esplicitati, ma il sentimento della germanicità era implicito nel loro pensiero, e diverrà poi essenziale. Con questo carattere nazionale il R. si presenta subito altrove, per es. in Italia, dovunque si hanno raccolte di canti popolari, di fiabe; ballate, drammi e romanzi storici evocano visioni di vita medievale; si cercano, si pubblicano, si commentano i testi della poesia antica; la filologia si determina e precisa nelle sue funzioni di ricerca storica: nasce il mito dello ‘spirito popolare’, origine di ogni forma di civiltà; e nascono sotto il dominio di quel mito la linguistica e la filologia moderne. La poetica trasfigurazione della vita, che i primi romantici avevano compiuto, doveva fatalmente fare luogo al bisogno di concretezza, di realtà. La coscienza storica e il sentimento nazionale furono le prime fra queste realtà. Se a molti la realtà apparve come una negazione delle romantiche aspirazioni dell’anima, per altri, al contrario, valse l’esigenza di un’arte che rispecchiasse la realtà. Questo doppio aspetto fu proprio del R. di tutti i paesi, e si conservò per tutto il corso del suo sviluppo, lungo il 19° sec., sino al naturalismo da una parte e al decadentismo dall’altra.

 *Ossian (irland. Oisin) Leggendario guerriero e bardo gaelico, figlio di Finn (o Fingal, secondo la forma adottata nel 18° sec. da J. Macpherson), che si suppone vissuto nel 3° sec. d.C.
Con il nome di ciclo di O. si designano quei canti di carattere epico che i bardi gaelici (Irlanda, Highlands scozzesi) cantavano accompagnandosi sulla loro piccola arpa. Un gruppo di manoscritti dal 12° al 16° sec. ha conservato parte di questo ciclo.  Alternando il tono epico con il lirico e l’elegiaco, narrano un’enorme quantità di storie assai intricate, i cui motivi dominanti sono la guerra, la virtù cavalleresca dei guerrieri, il melanconico destino di varie coppie di amanti o di sposi, con descrizioni assai fresche di paesaggio romanticamente animato. I canti sono stesi in una prosa ritmica, semplice di lessico e di sintassi, appassionata e pittoresca, ricca di nuove metafore.

mercoledì 8 aprile 2015

aprile 2015,Malaga, la semana santa


Aprile 2015,la nostra semana santa a Malaga.
"No hay camino,se hace camino al andar"(Antonio Machado)