LA REPUBBLICA DELL’UTOPIA, sera del 15 ottobre 2014, Teatro Galletti
di Domodossola.
Per chi come me è nato negli anni ’50,l’infanzia fu vissuta nel
sentore d’esser stati generati da una giovane madre, e padre, che s’erano
incontrati nei cuori giovani ,che avevano ritrovato la speranza
con la Liberazione.
Solo sette anni prima, quello che sarebbe diventato mio padre, con
altri giovani ventenni o poco più , sfuggiva ai rantolanti , mortiferi comandi
di un regime sorto sul culto del teschio a San Sepolcro e destinato allo stesso
modo a finirvi.
La corona dei monti prealpini, dallo Zeda e Marona attraverso la
Valgrande,fino all’alta Ossola,divennero il baluardo roccioso di questa fuga,
di questa r-esistenza. Dall’inospitalità fredda della montagna si apriva l’unica ospitalità possibile per
l’antifascismo militante oppresso.
Nel cuore intimo di quegli anni ,sprazzi di liberazione, di cui
Domodossola, qui ,fu il battito più sentito.
A distanza di settantanni ,gli artisti della Brigata Puglisi hanno
evocato quel sentore. Quell’emozione passa e ci coinvolge nel corso della
rappresentazione proprio qui, nel teatro dove
trovò luogo reale la repubblica utopica dell’Ossola.
La presenza del sindaco Cattrini ,promotore dell’evento ,è sobria,
stringata nella presentazione, controcorrente rispetto alle mode del vuoto
narcisismo politico contemporaneo. E’ nello stile, potremmo dire,degli
intellettuali come Vigorelli ,che per quaranta giorni organizzarono un embrione
di nuova civiltà sociale, una piccola città-stato in suolo
celtico-lepontino , dove i fatti non
rimanevano svuotati da termini magniloquenti quanto vani.
Ettore Puglisi, già autore-protagonista con la Brigata di “Banditi e
partigiani” (Verbania, 2011),poliedrico musicista e cantautore, siciliano
cresciuto a Verbania, rivolge inizialmente un omaggio alla sua terra d’origine
nella figura dei fratelli Di Dio:come nell’opera precedente, sembra indicarci i
l senso di un essere comune italiano ,che nell’emigrazione testimonia
l’italianità e anche la sua problematicità. Sfilano al seguito , nella
narrazione, le altre guide del coraggio, Superti, Muneghina, Arca, tutti coloro
che seppero osare.
La truppa che accompagna Ettore, sono i musicisti Giorgio Fassi, Roberto Sgaria, Matteo
Bernocchi,Luca Maglio,il loro fuoco amico proviene da chitarre,flauti,
fisarmoniche, batteria, è canto celebrativo, festoso ed elegiaco di un’epoca
dove la canzonetta d’amore ebbe infine la meglio sui trucidi inni di battaglia,
sui canti di una gioventù che da trent’anni, dal’14, andava alla morte,”la
meglio gioventù la va sottoterra”. Quello sfondo acustico dovette risuonare,
variamente,in quella fine estate,ed autunno del’44, farsi poi
drammatico,sofferto con la caduta della repubblica:l’audio prende la nostra
attenzione, giungendo insieme alla visione.
Le immagini, proiettate da Domiziano Varini, ci portano dentro la
scena che nelle piazze, vie, uffici, scuole della città ossolana ,evocava
l’ipotesi di un mondo civile futuro.
Vediamo fisionomie che possiamo immaginare con noi, ai giorni nostri.
L'intensa presenza femminile, a cui Ettore si dimostra per natura
molto sensibile, esprime un'umanità che si libera da secoli d'oppressione e
subalternità,per ingentilire con il proprio carattere la società dell'avvenire.
Le attrici Giuliana Buggin e Olivia
Curti, la giovanissima Petra,la collaboratrice alla regia Lorenza
Baruffaldi,figure,”personae” delle donne antifasciste e staffette partigiane
,nelle case di pietra,per i sentieri
valligiani e alpestri.
Nello spazio,nel tempo dell'attualità,questa sera a
Domodossola,ci commuoviamo,rimembrando
quegli eventi: dopo la festa per il blitz della liberazione,il successivo esodo
al ritorno dell'armata nazifascista,allora fotogrammi d'oggi si sovrappongono
nella nostra mente ,da Lampedusa a Kobane, neri d'Africa e curdi inseguiti dal
terrore con cui miliziani,politici,finanzieri , faccendieri dell'internazionale
dell'estorsione,ricattano la loro,la nostra vita di gente con ipotesi di
esistenze discrete,fondamentalmente oneste e pacifiche,in cui ciascuno riceva
in equa proporzione di quanto produca.
Nei tempi grami,quando la
follia del crimine palese o mascherato ha il sopravvento,non resta che
la solitudine ,come in montagna, come per i partigiani , i fuggiaschi di ogni
tempo ed epoca. Ma in montagna si colgono anche fiori, e il “fiore del
partigianoӏ la stella alpina, la stessa
del caduto della prima guerra ancora trent'anni prima,in Carnia o sul
Carso, come in Ossola...e ci sarà sempre una giovane dalla bellezza
commovente,che salendo per il sentiero troverà una croce e una stella,in una
mattina tersa ed emozionata di un giugno...magari sarà l'unica a
vederla,appartata..la stella lanuginosa
con stille di sangue vivo,quella stella che sa dell'amore della ragazza
con il partigiano caduto, per parafrasare le toccanti parole e note che il
friulano Arturo Zardini espresse un secolo
fa, nei tempi crudeli della prima
grande guerra.
Cos'è infine questa commozione?E'sentore d'orgoglio per quella
realizzazione d'allora qui in alto Piemonte e per quelle di tutti i tempi in
ogni parte del mondo; è in alternanza
pianto, risentimento, per la
sopraffazione che continua,ritorna, come in un circolo vizioso, ostacolando le
repubbliche,le liberazioni,con opzione di dittature aperte o mascherate.....
I presenti, quasi un nucleo raccolto, testimoniano l'affetto e l'idea
sempiterna per un mondo migliore, anche nella notte economica della
globalizzazione sregolata e micidiale...nella notte ossolana un atomo, una
scintilla di r-esistenza, la cui energia si connette a quella di situazioni
simili nel mondo.
Dario Varini