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Quando Gesù era bambino
Pochi sanno che l'ultimo libro a essere messo all'Indice – prima della sua abolizione voluta da Paolo VI – fu una Vie de Jésus (1959) di un noto biblista francese, Jean Steinmann e la motivazione riguardava il capitolo dedicato ai cosiddetti «Vangeli dell'infanzia», interpretati sostanzialmente come parabole teologiche senza agganci storici verificabili. Si tratta di 180 versetti distribuiti in quattro capitoli, due posti in apertura al Vangelo di Matteo e due sulla soglia di quello di Luca. Pagine che hanno generato un ininterrotto filo d'oro artistico, letterario, musicale e che sono state assediate da una vera e propria selva bibliografica esegetica. Racconti che si muovono sul binario della narrazione, dotata di uno straordinario montaggio quasi filmico, e su quello della teologia, tant'è vero che sottese a esse incontriamo due nuclei capitali della professione di fede cristiana: da un lato, la discendenza storica davidica e, quindi, messianica di Gesù di Nazaret e, d'altro lato, la sua concezione verginale per opera dello Spirito Santo e, di conseguenza, la divinità filiale dello stesso Cristo.
A questi «Vangeli dell'infanzia» Joseph Ratzinger-Benedetto XVI ha dedicato la terza e ultima tavola del suo trittico su Gesù di Nazaret. Nella premessa egli ci propone una metafora descrittiva per definire questa sua analisi dell'infanzia di Gesù: siamo come nella «sala d'ingresso» di quella solenne architettura già perlustrata nei due volumi precedenti che mettevano in scena la vita pubblica di Cristo e la sua morte con l'approdo alla gloria della risurrezione. Benedetto XVI apre il suo libro con la tecnica quasi cinematografica dell'anticipazione: nella «sala d'ingresso» fa risuonare una domanda che echeggerà più oltre sotto le volte del pretorio romano di Gerusalemme, quando il governatore Pilato interpellerà l'imputato Gesù: «Di dove sei tu?» (Giovanni 19,9). Questa domanda dal sapore meramente anagrafico si riveste per il quarto Vangelo di un ammiccamento trascendente ulteriore. Ebbene, l'interrogativo ha la sua risposta proprio in questi 180 versetti che ora il Papa perlustra in un itinerario quasi narrativo nelle loro tappe principali: l'annunciazione e la nascita sia di Giovanni Battista, il Precursore, sia di Gesù, e la scena dei Magi con la successiva fuga in Egitto e ritorno in Galilea.
Noi ora vorremmo soltanto individuare alcuni fili interpretativi che Benedetto XVI dipana all'interno della sua lettura di quei testi. Il primo e fondamentale è quello che fa ruotare in interazione storia e fede, sulla base anche dell'asserto centrale del cristianesimo: il Logos eterno e infinito che è Cristo Dio diviene anche sarx, «carne», contingenza, temporalità, finitudine, mortalità, umanità. Eccoci, quindi, di fronte alla domanda di base: «Si tratta veramente di storia avvenuta, o è soltanto una meditazione teologica espressa in forma di storia?». Ogni quadro dell'infanzia di Gesù è sottoposto, perciò, dal Papa a un'essenziale verifica di storicità, anche perché molti esegeti hanno optato, non di rado, per una chiave «midrashica» per cui saremmo in presenza di una sorta di narrazione parabolica (l'ebraico midrash) attorno a temi, tesi, testi biblici e cristiani, ossia una specie di drammatizzazione narrativa di verità teologiche.
L'interpretazione di Benedetto XVI è diversa: si tratta di «avvenimenti storici il cui significato è stato teologicamente interpretato dalla comunità cristiana e dai Vangeli». E ancora: «Gesù non è nato e comparso in pubblico nell'imprecisato "una volta" del mito. Egli appartiene a un tempo esattamente databile e a un ambiente geografico esattamente indicato: l'universale e il concreto si toccano a vicenda». Non per nulla nei testi abbondano i rimandi alle coordinate geopolitiche, destinate a far esercitare l'acribia dell'esegesi storico-critica, da Betlemme a Nazaret, da Augusto a Erode, dal tempio di Gerusalemme col suo culto al censimento imperiale di Quirinio. E a sostegno di questa storicità egli propone la suggestiva classificazione dei racconti sotto il genere delle «tradizioni familiari», vero e proprio «fondamento giudaico-cristiano proveniente dalla tradizione della famiglia di Gesù».
Nell'antico Vicino Oriente questi memoriali storici clanico-familiari avevano un rilievo tale da essere considerati simili a patrimoni, custoditi con fedeltà nelle pagine vive della fertile memoria semitica. C'è, però, di più: in questi eventi storici strutturali si incrocia anche il trascendente e questo contatto fa scattare scintille a livello di interpretazione. In una pagina molto potente il Papa rimanda al grande teologo protestante Karl Barth il quale definiva nettamente i due punti in cui Dio interviene nel mondo materiale: la nascita di Gesù dalla Vergine e la sua risurrezione dal sepolcro. E commenta: «Questi due punti sono uno scandalo per lo spirito moderno. A Dio viene concesso di operare sulle idee e sui pensieri, nella sfera spirituale, ma non nella materia... Ma se Dio non ha anche potere sulla materia, allora egli non è Dio». Come è chiaro, divino e storico s'incontrano in un unico crocevia e, quindi, queste pagine esigono un'interpretazione congiunta tra teologia e storia.
C'è un secondo filo interpretativo adottato da Ratzinger ed è quello del nesso tra storia e profezia: è noto, infatti, che Matteo costruisce il suo edificio narrativo dell'infanzia di Gesù su una sequenza di citazioni bibliche. Si crea, così, un contrappunto tra profezia ed evento. Ratzinger usa una suggestiva formula: chiama gli annunci profetici «parole in attesa» di ricevere la loro decifrazione piena, il loro "protagonista". Quelle parole in sé germinali, sbocciano in Cristo, come nel celebre caso dell'oracolo di Isaia (7,14) sulla "giovane"/"vergine" che genera l'Emmanuele. Perciò, «nella storia di Gesù, le parole antiche diventano realtà... e la storia di Gesù proviene dalla Parola di Dio, sostenuta e tessuta da essa».
A questi «Vangeli dell'infanzia» Joseph Ratzinger-Benedetto XVI ha dedicato la terza e ultima tavola del suo trittico su Gesù di Nazaret. Nella premessa egli ci propone una metafora descrittiva per definire questa sua analisi dell'infanzia di Gesù: siamo come nella «sala d'ingresso» di quella solenne architettura già perlustrata nei due volumi precedenti che mettevano in scena la vita pubblica di Cristo e la sua morte con l'approdo alla gloria della risurrezione. Benedetto XVI apre il suo libro con la tecnica quasi cinematografica dell'anticipazione: nella «sala d'ingresso» fa risuonare una domanda che echeggerà più oltre sotto le volte del pretorio romano di Gerusalemme, quando il governatore Pilato interpellerà l'imputato Gesù: «Di dove sei tu?» (Giovanni 19,9). Questa domanda dal sapore meramente anagrafico si riveste per il quarto Vangelo di un ammiccamento trascendente ulteriore. Ebbene, l'interrogativo ha la sua risposta proprio in questi 180 versetti che ora il Papa perlustra in un itinerario quasi narrativo nelle loro tappe principali: l'annunciazione e la nascita sia di Giovanni Battista, il Precursore, sia di Gesù, e la scena dei Magi con la successiva fuga in Egitto e ritorno in Galilea.
Noi ora vorremmo soltanto individuare alcuni fili interpretativi che Benedetto XVI dipana all'interno della sua lettura di quei testi. Il primo e fondamentale è quello che fa ruotare in interazione storia e fede, sulla base anche dell'asserto centrale del cristianesimo: il Logos eterno e infinito che è Cristo Dio diviene anche sarx, «carne», contingenza, temporalità, finitudine, mortalità, umanità. Eccoci, quindi, di fronte alla domanda di base: «Si tratta veramente di storia avvenuta, o è soltanto una meditazione teologica espressa in forma di storia?». Ogni quadro dell'infanzia di Gesù è sottoposto, perciò, dal Papa a un'essenziale verifica di storicità, anche perché molti esegeti hanno optato, non di rado, per una chiave «midrashica» per cui saremmo in presenza di una sorta di narrazione parabolica (l'ebraico midrash) attorno a temi, tesi, testi biblici e cristiani, ossia una specie di drammatizzazione narrativa di verità teologiche.
L'interpretazione di Benedetto XVI è diversa: si tratta di «avvenimenti storici il cui significato è stato teologicamente interpretato dalla comunità cristiana e dai Vangeli». E ancora: «Gesù non è nato e comparso in pubblico nell'imprecisato "una volta" del mito. Egli appartiene a un tempo esattamente databile e a un ambiente geografico esattamente indicato: l'universale e il concreto si toccano a vicenda». Non per nulla nei testi abbondano i rimandi alle coordinate geopolitiche, destinate a far esercitare l'acribia dell'esegesi storico-critica, da Betlemme a Nazaret, da Augusto a Erode, dal tempio di Gerusalemme col suo culto al censimento imperiale di Quirinio. E a sostegno di questa storicità egli propone la suggestiva classificazione dei racconti sotto il genere delle «tradizioni familiari», vero e proprio «fondamento giudaico-cristiano proveniente dalla tradizione della famiglia di Gesù».
Nell'antico Vicino Oriente questi memoriali storici clanico-familiari avevano un rilievo tale da essere considerati simili a patrimoni, custoditi con fedeltà nelle pagine vive della fertile memoria semitica. C'è, però, di più: in questi eventi storici strutturali si incrocia anche il trascendente e questo contatto fa scattare scintille a livello di interpretazione. In una pagina molto potente il Papa rimanda al grande teologo protestante Karl Barth il quale definiva nettamente i due punti in cui Dio interviene nel mondo materiale: la nascita di Gesù dalla Vergine e la sua risurrezione dal sepolcro. E commenta: «Questi due punti sono uno scandalo per lo spirito moderno. A Dio viene concesso di operare sulle idee e sui pensieri, nella sfera spirituale, ma non nella materia... Ma se Dio non ha anche potere sulla materia, allora egli non è Dio». Come è chiaro, divino e storico s'incontrano in un unico crocevia e, quindi, queste pagine esigono un'interpretazione congiunta tra teologia e storia.
C'è un secondo filo interpretativo adottato da Ratzinger ed è quello del nesso tra storia e profezia: è noto, infatti, che Matteo costruisce il suo edificio narrativo dell'infanzia di Gesù su una sequenza di citazioni bibliche. Si crea, così, un contrappunto tra profezia ed evento. Ratzinger usa una suggestiva formula: chiama gli annunci profetici «parole in attesa» di ricevere la loro decifrazione piena, il loro "protagonista". Quelle parole in sé germinali, sbocciano in Cristo, come nel celebre caso dell'oracolo di Isaia (7,14) sulla "giovane"/"vergine" che genera l'Emmanuele. Perciò, «nella storia di Gesù, le parole antiche diventano realtà... e la storia di Gesù proviene dalla Parola di Dio, sostenuta e tessuta da essa».
Stiamo studiando il Cristianesimo nel programma di Storia, e s'avvicina la più grande festività cristiana.Condividi con compagnie e compagne le tue riflessioni, e anche i dubbi per passaggi concettuali dell'articolo che ti risultino poco chiari.
RispondiEliminaA scuola abbiamo appena affrontato il cristianesimo; Gesù è nato tra il 6 e 7 a.C. a Betlemme. Diventato grande cominciò a predicare la parola di Dio insieme ai suoi sostenitori: gli apostoli. Andò poi a Gerusalemme dove venne accusato di bestemmia da dei vescovi e dopo l' approvazione di Pilato venne condannato a morte e crocifisso. I suoi ideali era quelli di fratellanza e di amore verso gli altri; molto importante era l' esaltazione degli umili, i sofferenti e i poveri. I cristiani subirono molte persecuzione e ingiustizie fino al dominio di Costantino che, gli garantì il suo appoggio; fece costruire, infatti, nuove basiliche e tribunali ecclesiastici dove, decidere le giuste interpretazioni di questa religione. Nel 325 convocò un concilio a Nicea, durante la quale il vescovo Ario sosteneva che Gesù fosse un profeta; questo fu però dichiarato eretico dagli altri vescovi. Mi interessa molto la domanda che molte persone si fanno :"Si tratta veramente di una storia avvenuta, o è soltanto una meditazione teologica espressa in forma di storia?". Secondo me Gesù è Dio che si è fatto uomo ed è vissuto in un determinato periodo che, può essere datato e in un preciso luogo; quindi non è una storia inventata e nemmeno una meditazione teologica. Non capisco, invece, quello che dice Benedetto XVI quando afferma che Gesù non è nato e comparso in pubblico nell'imprecisato "una volta" del mito.
RispondiEliminaForse Benedetto XVI intendeva dire che Gesù è nato e comparso in pubblico in una data precisa, e riguardo al mito cioè che non compare in una sola storia, ma ripetutamente e in differenti versioni. Quindi afferma il tuo stesso pensiero.
EliminaInizio premettendo che a mio avviso questo testo non era molto semplice da capire, richiedeva concentrazione e conoscenze. Per la prima volta ci viene proposto un testo religioso, sul cristianesimo oggi religione maggiormente diffusa. Dico anche che io adoro il Natale, festività che in generale i cristiani sentono di più, anche se in teoria la festa principale del cattolicesimo è la Pasqua. Tutti aspettano questo grande giorno, nonostante è noto che Gesù non è veramente nato il 25 dicembre, e soprattutto che l’anno di datazione è sbagliato poiché si considera la sua nascita intorno al VI-VII secolo a.C. Benedetto XVI, in carica dal 2005, è di origine tedesca e si era definito nel suo discorso subito dopo essere stato eletto come umile lavoratore nella vigna del Signore. Dopo la morte di Cristo, intorno al 300 d.C. circa, alcuni credevano che Gesù aveva solamente un’incarnazione umana ma non divina, come il vescovo Ario, e da lì gli scontri tra cattolici e ariani. Alla frase che il Logos eterno e infinito che è Cristo Dio diviene anche sarx, «carne», contingenza, temporalità, finitudine, mortalità, umanità, ed eccoci, quindi, di fronte alla domanda di base: «Si tratta veramente di storia avvenuta, o è soltanto una meditazione teologica espressa in forma di storia?», io rispondo dicendo che tutti, persino i cristiani debbano porsi questa domanda. Io sono cattolica praticante quindi è scontato dire che io credo in Gesù Cristo che si è fatto uomo per sconfiggere il male e che con la sua crocifissione ha testimoniato i messaggi di fratellanza, amore verso il prossimo, e con la sua resurrezione la vita oltre la morte, nel suo Regno. Mi piace la frase “l’universale e il concreto si toccano a vicenda”, perché è un po un modo per identificare tutto il percorso di Gesù, nato dalla vergine Maria e da Giuseppe (incarnazione umana, concreto), per poi salire al cielo e affiancarsi alla madre, la Madonna e al padre Dio. Con lo stesso pensiero capisco la frase “come è chiaro, divino e storico s’incontrano in un unico crocevia”, poiché il cristianesimo è anche oggetto di studio. Trovo vera la frase «A Dio viene concesso di operare sulle idee e sui pensieri, nella sfera spirituale, ma non nella materia... Ma se Dio non ha anche potere sulla materia, allora egli non è Dio». E’ evidente come la posizione dei cristiani sia cambiata nel corso dei secoli: dalle persecuzioni, all’essere riconosciti, a diventare religione di stato, a diventare religione più diffusa al Mondo.
RispondiEliminaMa, se è nato intorno al VI-VII a.C. com'è possibile che sia morto intorno al 300 d.C.??
Eliminase dofessi definire la mia interpretazine di questo testo riferito a quello che stiamo studiando a scuola con quello scritto in questo articolo, è praticamente zero. noi abbiamo studiato finora il cristianesimo solamente sotto un'aspetto storico e senza concetti teologici e riferiti al credo della religione utilizzando citazioni di persone famose e nostre espressioni. oltre se dovessi essere sincero questo ARTICOLO per me è palesemente noioso, non mi a preso x niente e mi ha lasciato indifferente, soprattutto per la sua difficile comprensione vista la sempre difficile articolazioni degli elementi presenti in esso e le citazioni. se devo dire un'altra cosa non sono d'accordo con le mie compagne ester e ilaria, che sono andate solamente a parlare orincipalmente di fatti torici relativi a gesù e al cristianesimo e non a cercare di interpretare ciò che hanno capito nell'articolo. perche se si incominciase a fare riferimenti storici potrei andare semplicemente a spillare informazioni dai vari siti e iniziare a scrivere pagine e pagine di refirimenti al cristianesimo e gesù ma sarebbe palese e scontato. io non sono un credente, essendo oggi in una società evoluta ritengo sia inutile credere in tali sciocchezze religiose che si sono tramandate nella storia. le religioni sono a mio perere frazioni di persone che si riuniscono sotto un solo potere per cercare di ottenere cio che ritengono necessario o per sottrarsi alla vita credeno in fatti assolutamente impensabili. nella società di oggi ditemi quale sarebbe la funzione della religione? io personalmente non la vedo! e credo che una persona per ritenersi fedeli ad una religione dovrebbero finalizzare il loro credo come si è fatto sempre durante la storia. a mio parere i credenti nelle religioni ufficiali saranno si e no il 5% della popolazione mondiale.
RispondiEliminaNon sono nemmeno io d' accordo con te. Gesù è esistito e ci sono le prove storiche, che senso avrebbe inventare una storia simile??? Non penso che la gente, per hobby, abbia cominciato a dire che Gesù era il figlio di Dio.......
EliminaSecondo me, hai in parte ragione, cioè che l'argomento di questo testo sia poco collegato con ciò che stiamo facendo a scuola.
EliminaPremetto, se fossi esistita poco prima di Gesù (a patto che sia esistito) e avessi inventato una religione credente verso mio padre o in me magari adesso sarebbe la religione più diffusa al mondo!
Però secondo me ci sono persone che hanno bisogno di crederci. Sapere che le cose accadono perchè l'ha voluto Dio può rispondere a esigenze anche attuali. Non credo che le religioni siano inutili, servono a mantenere un sacco di persone e a rovinarne altre in certi casi...non è bello trovarsi in piccole comunità la domenica mattina?
Il Cristianesimo è una religione monoteista a carattere universalistico, originatasi dal Giudaismo nel I secolo, fondata sull'insegnamento di Gesù di Nazareth inteso come figlio di Dio, incarnato, morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini, ovvero il Messia promesso, il Cristo.
RispondiEliminaA mio parere questa non sarebbe stata la religione principale della popolazione europea, senza il contributo dell'imperatore Costantino. E' grazie a lui se la religione cristiana divenne rispettata e seguita dalla popolazione dell'antico impero romano.
Sfortunatamente ( questo è un mio parere ) è anche a causa sua se la chiesa cattolica ha ottenuto un grande potere da "governare per molti anni in Italia durante il Medioevo. Io sono d'accordo con la fede cristiana, ma non sono tanto d'accordo con il potere delle chiese o con quello del papa.
Sinceramente le mie idee non corrispondono con quelle del Papa Benedetto XVI.
RispondiEliminaNon credo né in Dio né in Gesù e né nella Madonna.
Secondo me chiunque avrebbe potuto scrivere una storia del genere. E' come se Gianni Rodari avesse scritto una storia del tipo: "Paolo abitava in Piazza la bomba e scappa, un giorno andò nella rosticceria sotto casa per comprare del pollo, an un certo punto prese il mazzo di carte e fece un gioco di magia, indovinò la carta che aveva scelto il signor Michelangelo!"
A quel punto tutti iniziano ad adorarlo e a costruire monumenti in suo onore e lo venerano. Io sono libera di credere nel Paolismo, volendo!
Ora: un ragazzo di nome Paolo è mai esistito? SI
Una rosticceria è mai esistita? SI
Le rosticcerie vendono pollo? SI
E' mai esistito uno di dome Michelangelo che è mai stato in una piazza? SI
Non è assurdo tutto ciò?
Rispetto tutti coloro che ci credono, ma non rispetto le idee che alcuni cristiani hanno.
Ormai il Natale per molti è solo una festa per scambiarsi regali e si fa per tradizione. Ormai il Natale si festeggia per onorare Babbo Natale, non la nascita di Gesù..
Prima di tutto verrei dire che io non sono credente e considero molte religioni, in particolar modo la religione cristiana(per quello che è successo nella storia)un mezzo per avere sempre più potere e non più di fede, ma sicuramente non è per tutti i cristiani è così. Ma naturalmente rispett tutti coloro che credono, io non credo in Dio , nella Madonna e in Gesù (perché non credo ci siano prove sufficienti per avere con certezza la sua esistenza).
RispondiEliminaVoglio anche dire che questo articolo non centra assolutamente con il Cristianesimo storico a cui stiamo lavorando, questo articolo ne parla dal unico punto di vista religioso.
Rispetto tutti coloro che sono fedeli, perché ci credono realmente, perché ne hanno bisogno o solo per il semplice motivo di essere uguali ad altri ed è questo che non mi va bene.
L'articolo è stato poco interessante e direi inutile per la mia vita futura, quello che mi ha interessato realmente sono stati i ragionamenti e le opinioni dei miei compagni. Onestamente e sempre con il rispetto di tutti sono pienamente d'accordo con Valeria Piolini. mi ha interessato molto il suo esempio, forse un pò eccessivo ma comunque ben mirato. Adesso il Natale è inteso come l'arrivo di a Babbo Natale con i giocattoli e regali non più come la nascita di Gesù. Probabilmente molti bambini con genitori non credenti non lo sanno neanche della nascita di Gesù.
Tommaso Paris
sono fermamente d'accordo con l'affermazione di tommaso paris
RispondiEliminaIl cristianesimo è la religione più diffusa al mondo, con circa 2,1 miliardi di fedeli, ma i credenti che la praticano seriamente sono pochi, infatti spesso qualcuno decide di credere nel cristianesimo e ritenersi un cristiano per seguire la massa.
RispondiEliminaEd è proprio per questo che molte festività hanno perso il loro significato religioso, e se facciamo un piccolo sondaggio e chiediamo a diversi bambini che significato ha il 25 dicembre, sono convinto che la quasi totalità di loro risponda: "il giorno che arriva babbo natale" E le festività sembrano sempre più operazioni di marketing per riuscire a vendere di più.