sabato 4 ottobre 2025

Dopo Gaza

 

Dopo Gaza….Voi che siete al fronte del porto,  i vostri figli giovani, noi tutti ….questo movimento deve coniugarsi, dialettizzarsi a tutti coloro , di destra qualunquisti o astensionisti che siano che comunque avvertano la  preoccupazione, il terrore, di una politica occidentale  dissennata che agita/esagera  lo spauracchio di Putin, nell’ambiguità del presente confronto…nei governanti che paventano/minacciano  (perché questa è la terribile ambiguità del presente) di andare oltre la nuova guerra fredda, che per non cedere il Donbass (innegabilmente  comunque in parte di sé  russofilo)  allarmano …dando per indiscutibile che van tolte risorse alla sanità, istruzione, al sociale per foraggiare le industrie belliche, i sempre più sofisticati e costosi apparati…

Perché sacrosanto  indignarsi per Gaza, come lo si fece in ritardo per Vukovar Srbenica, Tuzla ecc. ma l’avamposto potrebbe essere ormai più vicino con le provocazioni della guerra ibrida, perché qui saremmo un po’ come alla crisi di Cuba , soltanto che là, interessi americani in prima facciata , si venne alla distensione (gli americani cedettero su l ritiro dei missili dalla Turchia e dall’Italia, oltre ritirarsi da Cuba), mentre qui pare  che  i vari Macron  Meloni Merz Starmer ecc * sarebbero  anche pronti ad una sfida suicida per la follia di un territorio orientale …

 

*Lo stato  e la guerra

Ciò che noi chiamiamo Stato è, in ultima analisi, una macchina per fare guerre e prima o poi questa sua costitutiva vocazione finisce con l’emergere al di là di tutti gli scopi più o meno edificanti che esso può darsi per giustificare la sua esistenza. Questo è oggi particolarmente evidente. Netanyahu, Zelens'kyj, i governi europei perseguono a ogni costo una politica di guerra per la quale si possono certamente identificare scopi e giustificazioni, ma il cui movente ultimo è inconscio e riposa sulla natura stessa dello stato come macchina di guerra. Questo spiega perché la guerra, com’è evidente per Zelens'kyj e per l’Europa, ma com’ è vero anche nel caso di Israele, sia perseguita anche a costo di andare incontro alla propria possibile autodistruzione. Ed è vano sperare che una macchina da guerra possa arrestarsi di fronte a questo rischio. Essa andrà avanti fino alla fine, qualunque sia il prezzo che dovrà pagare.

G.Agamben





venerdì 3 ottobre 2025

 Gaza, Palestina 

 

Introduzione

Nell’umanità vivente nell’Europa occidentale  c’è ancora qualcuno che può avere memoria degli anni della seconda guerra mondiale. Poi, in questa parte del Pianeta, sono stati ottant’anni di relativa pace , mentre erano in corso la guerra fredda, la guerra di Corea e del Vietnam, le invasioni russe nei Paesi dell’est che avviavano processi di liberalizzazioni, le guerre arabo-israeliane, le guerre/guerriglie  intestine sudamericane, asiatiche  o africane,  quella irakeno-iraniana, fino alle guerre del Golfo e a quella jugoslava, la più ravvicinata.

Nei Paesi dell’Europa occidentale si sono manifestati fenomeni di guerriglia e terrorismo, da parte di gruppi eversivi  di destra o sinistra, ispirati al fascismo, al comunismo o all’indipendentismo,  poi quelli islamici.  Fino all’attualità che dagli inizi del  2022 ha portato all’invasione russa dell’est Ucraina e un anno e mezzo dopo all’attentato di Hamas con conseguenza l’invasione israeliana nel territorio della striscia di Gaza .

Mentre i Governi europei si sono ingaggiati in qualche misura a difesa dell’Ucraina, non sono stati fatti che  passi minimi per condannare l’escalation prodotta dal Governo di Netanyahu, data anche la contraria posizione americana. Mentre è praticabile  recare supporto anche militare a Kiev, d’altro lato  non ci sarebbe alcuna logica nel proporre altrettanto per Gaza, dove l’identità palestinese bellica  è quella di Hamas , la cui autorità è prossima al  senso dei gruppi islamici estremisti ostili all’Occidente.

La questione di Palestina-Israele

L’area, fino alla prima guerra mondiale, faceva parte dell’impero ottomano, che governava le popolazioni arabe, cristiane  ed ebraiche e di altre minoranze.

La popolazione viveva divisa in comunità religiose, le millet, godendo di libertà di culto e ampie autonomie giuridiche, culturali e linguistiche. I non musulmani non potevano essere chiamati alle armi e pagavano tasse più onerose rispetto ai musulmani: la loro era la condizione dei “protetti” con un’inferiorità formalmente definita. Le millet cristiane e ebree al loro interno erano riccamente diversificate.

Gli ebrei, la più piccola comunità non musulmana, vivevano in Palestina,nelle grandi città costiere del Nord Africa, in quelle della Macedonia,della Tracia, dell’Egeo e a Istanbul. In particolare a Salonicco erano numerosi tanto da costituire la comunità più grande dopo i musulmani  .Erano grati nei confronti della dinastia ottomana che li aveva accolti nel 1492 e aveva continuato a dare rifugio ai profughi dei pogrom 

A problematizzare la frammentazione comunitaria della società imperiale fu la supremazia militare e mercantile europea del Settecento che, favorendo nell’ambito dei privilegi commerciali i membri delle millet cristiane, modificò l’equilibrio sociale, permettendo a questi ultimi di arricchirsi a scapito dei musulmani e degli ebrei.

La posizione degli ebrei nel quadro dell’impero in trasformazione aveva molte similitudini con quella della popolazione musulmana. La loro partecipazione diretta nella nuova “modernità” fu lenta quasi quanto quella dei musulmani

Verso la fine dell’Ottocento, la profonda umiliazione, subita nei Balcani dall’Impero ottomano , aveva generato forti sentimenti di rivalsa e incendiato gli animi dei musulmani che, reagendo alle violenze subite, cominciavano definitivamente a considerare i non musulmani dell’impero come “nemici interni”, pronti a tradire.

Tuttavia  il nazionalismo turco individuava il proprio “altro” nelle potenze europee e negli ottomani di fede cristiana.

Gli ebrei invece, che erano stati a loro volta oggetto di violenza e di esclusione nei Balcani e si erano rifiutati di esultare alla vittoria cristiana, non furono trattati con la stessa alterità. Molti ebrei collaboravano attivamente con i Giovani Turchi e, sotto il governo del CUP,si trovarono ad occupare posizioni importanti. La campagna per la creazione dell’economia nazionale li favorì non solo per la loro provata fedeltà, ma anche per le competenze professionali e linguistiche. 

Tra circa il 1880 e  i primi del 1900, a seguito dei pogrom nell’Europa orientale, avvengono, migrazione in Palestina (Aliyah: è un importante concetto della cultura ebraica  e anche una componente fondamentale del sionismo.. È sancito dalla Legge del ritorno  israeliana, che riconosce a qualsiasi ebreo (considerato tale dalla hakhah  o dalla legge secolare israeliana) e ai non ebrei idonei (figlio e nipote di un ebreo, coniuge di un ebreo, coniuge di un figlio di un ebreo e coniuge di un nipote di un ebreo) il diritto legale all'immigrazione assistita e all'insediamento in Israele, nonché alla cittadinanza israeliana.

Nel corso della prima guerra mondiale, le popolazioni arabe del medio-oriente si accordano con gli alleati europei per combattere l’Impero ottomano e rendersi indipendenti.

Il 3 ottobre 1918 le forze della rivolta araba entrarono a Damasco accompagnate dalle truppe britanniche  ponendo fine a 400 anni di dominio ottomano sulla Siria

 La Palestina, che comprendeva aree come la Cisgiordania e Gaza, fu infine spartita tra le potenze alleate, in particolare Gran Bretagna e Francia, che stabilirono un mandato britannico sulla regione 

Il sionismo  

Il movimento sionista è un'ideologia e un movimento politico-nazionale ebraico nato alla fine del XIX secolo, che mira all'autodeterminazione del popolo ebraico attraverso la creazione di uno Stato ebraico in Palestina (detta anche Terra d'Israele). Sviluppatosi in risposta all'antisemitismo, il movimento si è concretizzato con il primo Congresso di Basilea nel 1897, organizzato da Theodor Herzl, e ha portato alla fondazione dello Stato d'Israele nel 1948. 

 Iniziato nel 1920 e conclusosi nel 1948, questo periodo fu segnato dalla Dichiarazione Balfour,

Alle origini Il 2 novembre 1917il ministro degli esteri britannico Arthur Balfour rilasciò la dichiarazione che porta il suo nome: «Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni.»

Seguiva però Il messaggio di  David Hogarth, comandante arab Bureau, gennaio 1918 in cui venne assicurato che: "la costituzione di una comunità ebraica in Palestina sarebbe stata consentita sempre che fosse compatibile con la libertà politica ed economica della popolazione araba.

 

A questo punto il progetto di creazione di una patria ebraica, entrava i conflitto con la  crescita del nazionalismo arabo palestinese, portando a tensioni e scontri tra le due comunità Scontri del’29 e sfociando poi nel Piano  di Partizione dell'Onu. . Il Piano di partizione della Palestina del 1947, raccomandato dalla Risoluzione 181 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, proponeva la divisione del territorio del Mandato Britannico della Palestina in due stati, uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme sotto controllo internazionale. Il piano fu approvato dall'ONU nel novembre 1947, ma fu respinto dai paesi arabi, il che portò all'escalation del conflitto e alla Guerra arabo-israeliana del 1948 dopo la Dichiarazione d'indipendenza d'Israele.

Dal 1948 ad oggi

Dal 1948 non c’è mai stata pace in terra di Palestina, la conflittualità ha avuto i suoi acmi  nella guerra del'48, quella di Suez del 1956, la guerra dei sei giorni  del 1967 e quella del Kippur del 1973.

Accordi di pace sono stati firmati tra Egitto e Israele e tra Israele e Giordania negli anni'90 , cosicché il conflitto si è tramutato nel corso degli anni da conflitto arabo-israeliano su larga scala a un più localizzato conflitto israelo-palestinese (anche detto questione palestinese).

il conflitto israelo-palestinese è stato caratterizzato da una serie di guerre tra Israele e organizzazioni palestinesi come OLP e Hamas : la guerra del Libano del 1982,  le intifade  e ripetute conflittualità nella striscia di Gaza.Nonostante gli accordi di Oslo del 1993, che hanno portato al mutuo riconoscimento tra Israele e OLP e alla creazione dell'ANP(Autorità Nazionale Palestinese) ed il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell'ONU  nel 2012un accordo di pace definitivo tra Israele e Palestina non è stato mai raggiunto,

In   Cisgiordania la criticità fra Israele e il governo dell’ANP è stata sia pur parzialmente contenuta; ad ovest, nella striscia di Gaza , dal 2006, con la vittoria di Hamas, i rapporti si son fatti alternamente più tesi, il territorio è sotto il blocco israeliano ed egiziano dal 2007. 

 

Finchè si giunge ai fatti dell’ottobre 23  massiccio attacco missilistico con oltre 5000 razzi dalla strisci di Gaza verso Israele e attacchi di gruppi armati, , con conseguente uccisione di 1200 civili e militari israeliani, e nel rapimento di circa 250 di questi, avvenuto il 7 ottobre 2023 nel territorio ,kibbutz e basi militari nei dintorni della striscia di Gaza   pianificato e operato da Hamas , con il sostegno di  altre milizie palestinesi.L'attacco di Hamas, ufficialmente intrapreso con l'intento di rispondere alle azioni provocatorie delle forze israeliane svolte nella Moschea  di Gerusalemme e alle violenze perpetrate nei campi dei rifugiati in Cisgiordania.

 Si tratta del primo conflitto all'interno del territorio  di Israele dalla guerra arabo-israeliana del '48.. Israele, a seguito dell'attacco di Hamas, ha formalmente dichiarato guerra per la prima volta in 50 anni, dalla guerra del Yom Kippur..

La guerra ha avuto ripercussioni in tutto il Medio Oriente  ,tra il’23 e  il ’24  scontri tra Israele e Hezbollah han portato all'invasione israeliana del Libano, all' allargamento della crisi nel Mar Rosso, alimentata dagli attacchi tra Israele e Houthi, che ha ulteriormente destabilizzato la regione. L’indebolimento degli alleati della Siria a causa del conflitto con Israele, ha inoltre contribuito alla fine del regime di Al-Assad a fine  2024. ,  poi la  c'è stato i l conflitto di qualche settimana (giugno ’25)fra Israele e Iran.

Israele ha la motivazione di liberare gli ostaggi detenuti da Hamas all’interno di Gaza, e a questo scopo  ormai da quasi due anni  agisce con bombardamenti , con un'offensiva anche di terra che ha portato a grandi evacuazioni nella Striscia, a circa 60.000 civili palestinesi uccisi, più del doppio feriti,ad una situazioni di stenti, malattie, oppressione di vario genere..

A più riprese,in sede Onu, si è parlato di atti genocidiari da parte delle truppe israeliane  ,a violenze finalizzate a «dominare, opprimere e distruggere la popolazione palestinese».

Tuttavia l’animo delle popolazioni occidentali ha reagito di fronte al massacro di civili palestinesi da parte dello TSAHAL(o IDF ,come usa definire l’informazione contemporanea) con il ritorno massiccio alle manifestazioni di piazza, come lo erano mezzo secolo fa per la guerra del Vietnam.

Il sentimento dell’indignazione, risentimento per fatti  che offendono il senso di umanità, di giustizia e la coscienza morale.

L’animo umano è fatto d’emotività e convinzioni, il singolo  o gruppi famigliari o d’amici, colleghi, militanti o simpatizzanti di partito, esprimono quello che sentono e possono praticare , con la presenza nelle sfilate, gli slogan, cercando d’influenzare l’informazione, gli apparati governativi nazionali e internazionali.. Trattandosi dei confini del medio – oriente,  della Terra un tempo detta Santa, echeggiano le crociate disarmate del sec XI , i tentativi per terra, dal confine egizio, o quelli per mare della Global Sumud Flotilla.

Il movimento attuale pro palestinese deve però guardarsi dall'estremismo, eterna tentazione forsennante dei movimenti di massa. In presenza di certe emozioni forti, c’è osmosi della violenza così che quella che si vorrebbe combattere si riversa per contrasto/identificazione  nell’animo e nella manifestazione di chi la condanna.  Come , per fare un esempio, negli anni'60, quando giustamente si manifestava contro gli USA per la loro  guerra coloniale in Indocina , ma si osannava Mao, altro massacratore! sfilare con bandiere palestinesi esclusivamente con il logo "No Hamas", unitamente ai vessilli del movimento Hadash (Fronte Democratico per la Pace e l'Uguaglianza), dell’ l'organizzazione extra-parlamentare Gush Shalom (Blocco della Pace), fondata da Uri Avnery, che condanna l'occupazione e sostiene i diritti dei palestinesi, del  movimento Women Wage Peace (Le donne portano la pace), questo  sarebbe prova di sentimento, d'intelligenza umanitari.. Così come l’attenzione a non cadere dall'antirazzismo a favore di una minoranza  ad un altro razzismo contro un’altra  minoranza della popolazione mondiale. Ebrei e palestinesi hanno diritto di vivere in pace in quella che storicamente è la loro terra, e per quanto utopico , questo è l’unico, semplice slogan da intonare, l’unico principio diametralmente opposto alla conflittualità nichilista.





sabato 1 marzo 2025

Ultime sul conflitto russo-ucraino

 

Biologia, antropologia e storia insegnano la potenza positiva e negativa della forza, del potere.

Portiamo ad osservazione soltanto gli eventi più catastrofici dell’ultimo secolo.

1914: dall’Impero austro-ungarico, la volontà di potenza di Vienna sui  Balcani, li porta ad iniziare una guerra che si conclude con la dissoluzione stessa dell’Impero oltreché uno sconquasso delle condizioni politiche ed economiche dell'Europa .

I trattati di Parigi furono draconiani nei confronti della Germania, e furono causa del processo che dopo Weimar, con la grande crisi del’29, portò al potere il nazismo, alla seconda guerra mondiale ecc. con conseguenze per l'Europa l'asservimento all'URSS delle nazioni dell'est e il neocolonialismo americano nell'ovest. 

Venendo verso il termine del secolo, quando Gorbaciov, sia pure a causa di una debolezza interna che portò alla dissoluzione dell’URSS, propose una distensione dei rapporti, da US e in subordine UE fu più un approfittarsi che un cogliere possibilità di pacificazione.

In un discorso del 1995  Eltsin affermava:”Coloro che insistono sull’espansione della NATO stanno commettendo un grave errore politico. Le fiamme della guerra potrebbero esplodere in tutta Europa!.”

 

Il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton sembrava fargli eco:”Stiamo cercando di promuovere la sicurezza e la stabilità in Europa. Non vogliamo fare nulla che alimenti le tensioni”

 

Ma a seguito l’allargamento della Nato, dell’Ue , ai Paesi del patto di Varsavia, fino a qualche tempo prima  sotto l’egida sovietica, ha negato la possibilità dell’esistenza di una fascia territoriale equidistante fra ovest ed est, intermediaria di possibili rapporti pacifici.

Di questo passo, si arriva al il conflitto fra Russia e Ucraina nel nuovo secolo, che- rientrata dal’14 la Crimea alla Russia-conflagra nel territorio  ad est del Dnjepr, percorso  dal  fiume Donec e Don, dove geograficamente e poi  politicamente si son formate le repubbliche di Doneck e Luhansck , territorio che  termina ad oriente con l’oblast già russo di Rostov (questo insieme formava il Vecchio o Grande Donbass)

Nell’area contrastata , la lezione della Storia avrebbe dovuto portare i contendenti, il nuovo governo di Kiev dal ’14 e quello di Mosca a trattative per accordi che nell’autonomia della regione ponessero  garanzie per il rispetto delle diversità linguistiche, culturali ecc. delle diverse etnie; e trattative commerciali per regolare  lo sfruttamento delle aree minerarie.

A questo proposito l’UE ha proposto  la propria esperienza civile  patrocinando gli accordi di Minsk , un’esperienza portata con la forza limitata di cui l’UE dispone, intrisa di problematiche mai risolte né pervenute a maggiore efficienza.

Ma ovviamente la responsabilità dell’inefficienza di questi accordi va divisa soprattutto  fra Kiev ( con le spinte della CIA e/o dell’Open society di Soros ecc.) e Mosca;  le cui forze di polizia e militari non sono  state impegnate per la pacificazione, per il controllo su organizzazioni ostili da una parte e dall’altra dedite  a fomentare disordini e sospingere popolazioni alla lotta armata; ma invece esse stesse impegnate in quest’opera negativa conflittuale.

Se sul finire del secolo l’esperienza minore del Kosovo e del conflitto con la Serbia, ha potuto essere arginata dall’intervento delle forze Onu, queste  nell’area del Donbass, in presenza di potenze di maggior  calibro non hanno avuto la minima parte né possibilità.

Nel febbraio del ’22 l’escalation comandata da Putin  prevedeva una rapida risoluzione con l’avanzata fino a Kiev, il rovesciamento del governo ostile di Zelenski, il ritorno ad un governo amico e il riconoscimento delle repubbliche separatiste che di fatto sarebbero passate sotto controllo russo.

L’intelligence di Mosca ebbe a sottovalutare l’opera preventiva di  attenzione e difesa di Kiev supportate dalle intelligence occidentali  e il conflitto si è fatto di lunga durata, coinvolgendo l’UE con le distinzioni e contraddizioni che questo ha comportato: gli stati baltici, Polonia e Romania si son sentiti indirettamente minacciati  da Mosca  e più coinvolti nella resistenza ucraina, insieme ai confinanti Finlandia e Svezia, entrati allora nelle NATO; gli Stati fondatori occidentali si son divaricati fra posizioni di amara rinuncia a recenti politiche economiche sempre più collaborative con la Russia, come la Germania, deboli tentativi di trattative e poi allineamento con le posizioni più  ostili dell’amministrazione Biden, più marcatamente in GB  ; mentre Ungheria e Slovacchia han propeso per una decisa contrarietà all’ostilità verso Mosca. Va osservato che gli equilibri dell'UE in questi anni si possono definire spostati a maggior riguardo dell'est. Perché di fatto, su quali basi si sarebbe eretta la preoccupazione per un attacco di Putin e della Russia oltre l'Oder!?Quando mai nella Storia la Russia ha avanzato pretese od ostilità in questa direzione. I sovietici sono arrivati a Berlino, sì, ma come liberatori.

Questo stato di cose con la lenta avanzata russa, la dissipazione della forza ucraina e delle risorse di appoggio di UE e US, si è protratto fino all’inizio di questo terzo anno di guerra e all’irruzione dell’amministrazione Trump.

Segnatamente al conflitto russo-ucraino, la rozzezza e confusionalità di certe affermazioni,  non offusca del tutto certo pragmatismo presente nei pronunciamenti della nuova amministrazione repubblicana:

-l’Ucraina non è in grado di reggere il conflitto  con le proprie forze , l’US non ha più intenzione di impegnare risorse o deliberare per ostilità verso la Russia;

-se delibera, s’impegni  maggiormente l’UE in questa operazione,; ma che senso avrebbe , mentre da Washington si opera per la fine del conflitto?;

-gli US chiedono, a risarcimento del debito denunciato nei confronti dell’Ucraina,  lo sfruttamento di risorse, le “terre rare”: che implicitamente potrebbe voler dire l’istallarsi di una forza US nell’area occidentale  del Donbass (da qui anche la vaga ipotesi di collaborazione allo sfruttamento con la Russia), che di fatto assicurerebbe una sorta di fascia di protezione per  Kiev e l’Ucraina centroccidentale.

Per altro il cambiamento radicale di strategia prodotto dalla rielezione di Trump, fa risaltare come l’UE sia stata e sia  soggetta :

-sospinta da Biden ad un’ostilità verso la continentale  Russia che gli Stati occidentali   fino in primis alla Germania (vittima principale del contrasto per via del sabotaggio del Nordstream  ) si sarebbero risparmiati ;

-ora sospinta da Trump a farsi carico di questa politica che il suo predecessore ha indotto, mentre l’attuale se ne laverebbe le mani. Un'operazione senza molto senso, in vista di una resa dell'Ucraina..

E’ in questo senso che negli stessi  Paesi occidentali le forze politiche soprattutto di destra e parzialmente  di certa sinistra presentano una più chiara cura degli interessi nazionali, non avendo mai propeso  per    un ingaggio armato nel conflitto che disperdesse risorse e rafforzasse ostilità con la Russia. Il limite evidente di queste posizioni è che implicitamente ammettono come male minore l’accettazione  delle conquiste russe e la violazione di confini .

In sostanza, il garbuglio che con l’amministrazione democratica si sarebbe protratto, è ora destinato a sciogliersi, in tempi medi ,o chissà mai a sorpresa, brevi, e per questo Trump può ben o male che sia erigersi a portatore di pace.

Ma manca ancora la logicità di molte premesse. Infatti:

-perché il primo passo dovrebbe essere l’accordo ucraino-americano per lo sfruttamento delle risorse minerarie, quasi preteso da Trump come risolvimento del debito ucraino e ricompensa per la sua opera di pacificatore ?

-quale sarebbe la bozza preliminare per la tregua, il cessate il fuoco? presumibilmente si attesterebbe sulle attuali posizioni delle due armate…linea su cui si porrebbero forze di pace neutrali? Questo potrebbe costituire un piano accolto da Mosca,  ma per Kiev significherebbe la perdita dell’Ucraina orientale  senza remissione. In sostanza gli ucraini avrebbero combattuto per circa tre anni, perso vite umane visto distrutte città e strutture, al fine di mantenere il controllo del Donbass e delle sue risorse, per poi vedere di fatto ulteriormente  alienate agli americani altri territori minerari.

Nel passato recente, guerre di dimensioni simili hanno portato a queste conclusioni:

- 1988, la resa dell’Iran al termine della guerra irakena, con la perdita di territori poi ripresi due anni dopo quando l’invasione del Kuwait da parte degli irakeni portò alla loro disfatta; un esempio, fra  i tanti,dell’inutilità delle guerre e dei tanti morti ,in quel caso circa 1 Milione, con la situazione che ritornò al piano iniziale(!)

- 1995, gli accordi di Dayton che sancirono la fine della guerra jugoslava  e la dissoluzione della Repubblica socialista federale  e affermarono, oltreché la già acquisita indipendenza di Slovenia e Croazia, quella dello Stato di Bosnia-Herzegovina(federazione croato-musulmana) e della Repubblica Srpska, spartendo di fatto il territorio della Bosnia ed Herzegovina in due parti di estensione quasi uguale; oltreché la Repubblica di Serbia.

- 1999, la retrocessione della Serbia, sottoposta a bombardamenti NATO,  dall’avanzata in Kosovo, posto in stato di semindipendenza sotto protettorato UNMIK e NATO. Il Kosovo ha poi proclamato la propria indipendenza nel 2008, riconosciuta da circa 2/3 degli Stati mondiali.