domenica 1 ottobre 2017

L'ordine delle cose

L’ordine delle cose
Da Come un uomo sulla terra (2008), proseguendo con Mare chiuso(2012), fino all’attuale Ordine delle cose, per citare solo i principali passaggi, l’attività documentaristica di  Andrea Segre segue il fenomeno dell’emigrazione dall’Africa al Mediterraneo , constatando una sostanziale invarianza nel corso di questi dieci anni .
Un  funzionario italiano in missione in Libia inizialmente si preoccupa di spingere per una migliore applicazione dei diritti umani, ma in un secondo momento il Ministero degli Esteri, sotto pressione per la crescita del flusso, gli impone come obiettivo l’arresto o un decisivo rallentamento dello stesso 
La storia individuale di una  giovane somala sta a rappresentare  la contraddizione nell’operato di Rinaldi , l’alto  funzionario di Polizia, dapprima più sensibile alla condizione umana ,poi preoccupato di non trasgredire   l’ordine delle cose..

Le tappe dell'emigrazione.
La  prima tappa è determinata  dalle  organizzazioni di trafficanti che gestiscono la rotta centrale dal Níger alla Libia. Tutte le organizzazioni sono dell’etnia tubu o tuareg, e non c’è troppa rivalità tra loro. Sembra ci siano affari per tutti. Alcune, tra queste organizzazioni, trafficano anche in droga e armi
I migranti vengono trasportati e poi fermati  a   Sabha, una fortezza-lager  nel deserto sud est della Libia, circondato da filo spinato, controllato da miliziani armati di mitragliatrici lungo tutto il perimetro; dentro, due settori separati: uno per uomini, l’altro per donne e bambini, ammassati in condizioni igieniche e ambientali invivibili, vessati dai miliziani .Il direttore del Centro lamenta del resto l’assenza  di risorse, richiede finanziamenti senza i quali le condizioni di detenzione non possono essere migliorate.
La seconda tappa del commercio umano impone qui la dura detenzione o il rilascio sotto pagamento  verso il nord e le imbarcazioni di Sabrata ,il terzo passo, dove la decisione passa alla Guardia costiera da un lato, a corpi paramilitari di Polizia dall’altro.
E’così che il flusso mediterraneo verso la Sicilia durante il 2017 vien infine arrestato, come accaduto in Turchia verso l’Egeo e la Grecia.
Quest’anno ha registrato anche la problematizzazione del ruolo ONG, non toccato da Segre nel suo attuale documento.
C’è uno scontro intorno al fenomeno dell’emigrazione  fra idealismo e pragmatismo-
L’idealismo che condurrebbe ad una liberalizzazione assoluta del diritto di  emigrazione , dello ius soli, si scontra con vari livelli di pragmatismo,più o meno giustificabili  : da quello dei governanti  europei, preoccupati  di flussi incontenibili che aggraverebbero la crisi economica europea, con ricadute sociali e politiche  di disordine, fino ai rischi del terrorismo ; a quello di chi commercia e specula anche su questo fenomeno umano traendone guadagni;  trafficanti e passeurs  , i nuovi feudatari e i miliziani della Libia attuale, gli organi di controllo portuali, gli scafisti, fino al sospetto su alcuni apparati delle ONG, infiltrati da piani di destabilizzazione degli stati mediterranei europei.

L’oggettiva  dialettica fra i vari piani avviene ovviamente per  contrasto e determina lo stato delle cose e i l suo movimento   , una dinamica  che porta ad un’invarianza ,fra  evoluzione o involuzione a seconda dei passaggi . 




1 commento:

  1. Da qualche anno, la rotta mediterranea centrale – che collega Agadez alla Libia – si è consolidata come la più trafficata fra quelle che portano i subsahariani a tentare di attraversare il Mediterraneo. Anni addietro i trafficanti controllavano diverse tratte (Mauritania, Algeria, Melilla…), ma l’instabilità in Libia – paese in conflitto dalla caduta di Gheddafi, nel 2011 – ha fatto sì che questo tragitto divenisse il più accessibile e redditizio.
    Ad oggi la Libia è un paese ridotto in frantumi. Vi operano circa 1.700 milizie, già dal periodo immediatamente successivo alla caduta di Gheddafi. Ogni villaggio e ogni città in Libia è sotto il controllo di un gruppo armato distinto. Tra i vari gruppi, le relazioni si basano su clan, etnie e tribù. Gli scontri sono frequenti, e costruire un’autorità centrale che possa coordinare il funzionamento del paese e giungere ad accordi con l’Unione Europea (UE) pare, al giorno d’oggi, impossibile. In questo caos, i trafficanti di esseri umani possono muoversi liberamente, senza alcun problema. Basta scendere a patti con i gruppi giusti. La legge non esiste.
    Nel novembre del 2015, alcuni Paesi africani hanno concordato con la UE un Fondo Fiduciario di Emergenza finalizzato a ridurre il flusso migratorio verso l’Europa. Oltre 2.800 milioni di euro, ai quali nel settembre 2016 hanno fatto seguito ulteriori 3.350 milioni e una legge sul controllo delle rotte in Níger. La Francia ha inviato il proprio esercito affinché addestrasse i soldati e i poliziotti nigerini. L’obiettivo ultimo era quello di contenere le migliaia di persone che ogni settimana si avviavano verso la Libia dalla città nigerina di Agadez.
    Gli accordi hanno modificato il quadro: ora ci sono controlli militari, e i trafficanti non caricano più i propri pick-up nella piazza centrale della città e in pieno giorno. Ciononostante, fatta la legge…
    La carenza di informazione è l’altro grande nemico. La stragrande maggioranza dei migranti crede che il viaggio verso l’Italia dal proprio paese consista in un tragitto di quattro giorni in macchina, per poi attraversare un fiume. “I migranti non sanno cos’è la Libia, non hanno idea di quello che sta succedendo lì”, dice Giuseppe Loprete, dell’OIM. “I paesi di origine dovrebbero fornire informazioni tramite le radio e le televisioni. Dovrebbero cercare di smontare queste menzogne”.
    La ciliegina sulla torta di questo triste scenario è il flusso di ritorno. Da circa un anno migliaia di migranti detenuti in Libia stanno fuggendo, e cercano di rientrare nei propri paesi d’origine..
    (fonte Q CODE MAG)

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