venerdì 5 agosto 2016

Il sicomoro di Palmira



Mi chiedi com’era l’infanzia a Tadmor?  La rivedo in un vetro di finestrino che rimandava il riflesso di mia madre…cammina in giardino e quando si china, la sua mano lavora una gobba di una piccola aiuola ,e io apro il vetro e sento l’odore umido della terra smossa…
Nel  1992 ebbi un posto fra i guardiani del sito, che i greci chiamavano Palmira …. Nell’aria un po’  di pace e prosperità,allora, per il nostro Paese!
Ben accolti, venivano frotte di turisti, ad ammirare  con entusiasmo le meravigliose rovine dell’antica città sorta  presso l’oasi del deserto, dove le carovaniere per l’Oriente  sostavano e dove tanti  popoli si erano succeduti, sempre meravigliandosi per la Sposa  del deserto. Un luogo unico,dove una donna ,la regina Zenobia era divenuta Augusta, sfidando il grande Impero di Roma. 
Tutti i visitatori ignoravano, come noi stessi facevamo finta di ignorare, che nella città nuova dov’ero nato  , vi era la più terribile prigione, le cui porte verso l’interno rimpicciolivano via via , per spalancarsi poi su un inferno di cui i condannati dal regime diventavano combustibile. Polvere e fuoco per molta parte dell’anno, in qualche mese un gelo che bruciava altrettanto la pelle…
Anche Khaled, il direttore,   dava di spalle all’orrore…lo ricordo in piedi, sui gradini del tempio di Baal ,innamorato della meraviglia che aveva davanti, orgoglioso di mostrarla al mondo; a noi dava con autorità ordini precisi, bastava eseguirli e le giornate scorrevano senza problemi. Lo stipendio era buono. Seguivamo i precetti della Fede, ma ci dicevano di essere sempre ospitali, amichevoli, con questa gente d’occidente, che portava un flusso di entrate ininterrotto, con i vari tour. Dovevamo essere amichevoli, anche se i loro modi erano molto diversi; si vedevano donne giovani , e anche meno giovani, molto scoperte e a vederle sentivamo una rabbia e insieme  un languore dentro , come il respiro mozzato;qualcuna di loro si offriva ,come una sharmuta  e c’era chi , come Nizar aveva ceduto alla tentazione e ci raccontava storie che ci mandavano fuori di senno. Le rose  e lo  scudiscio , ci diceva e fantasie torride scorrevano lungo i  nostri sensi.
Khaled era sempre presente ,s’intratteneva con archeologi europei, lui aveva la forza del Partito  e del Presidente dalla sua parte,e questa passione totale per cui viveva.
Sono stati quasi vent’anni così…. Al padre era succeduto il figlio, Bashar, sembrava che nel Paese le cose potessero ancora migliorare; Asma , la moglie, insegnava un nuovo riguardo per le nostre  donne.... poi nella primavera del 2011 è successo quel che è successo, è stato l’inizio dell’inferno  anche per il nostro popolo ,le notizie che arrivavano diventavano sempre più preoccupanti , disordini, morti, battaglie…Qui non c’era gran movimento, ci sentivamo protetti dai vecchi templi dai riflessi rosati, dall’isolamento dell’oasi nel deserto , dal fatto che qui non si compivano che imprese pacifiche.
Vidi a volte Khaled questionare, anche aspramente, con qualche collega europeo. Il direttore imprecava, che  la rivolta era stata organizzata ,che l’Arabia Saudita, la Turchia, avevano ordito questo complotto, che  gli americani la sostenevano…l’archeologo si opponeva: Bashar avrebbe dovuto cessare le violenze, consentire elezioni libere, anche se, certo,le cose non erano facili, ma, insomma , la minoranza non poteva continuare ad esercitare un dittatura sulla popolazione sunnita, sui curdi. Bastava pensare soltanto alla vicina prigione di Tadmor, il cui semplice nome faceva tremare le vene,per le brutalità, le torture inflitte a chi appena  esprimeva qualche idea diversa..… Ma a  Khaled interessava solo il sito, era ormai  vicino agli ottant’anni  , e apprezzava solo  ciò che il regime aveva fatto  per Palmira. Di altro non voleva sapere.
Sono stati mesi e mesi  d’inquietudine, di smarrimento…sembrava di tornare indietro di millenni, il vuoto intorno a Palmira; l’isolamento dell’oasi ,che lo sviluppo dei mezzi di comunicazione aveva reso quasi simbolico, diventava invece  di nuovo reale..le notizie dalla tv, da internet, si percepivano qui con un senso di mistero. Tornavamo a guardare la polvere che il vento levava sul deserto con ansia, con preoccupazione per  quello che si nascondeva dietro. Da sempre cammellieri , contrabbandieri, banditi, avevano percorso le sabbie a sudovest dell’Eufrate, ma mai avevano portato minaccia a Tadmor .. come potevano portare minaccia dove c’era l’inferno della  più terribile prigione di Asad?
Il regime di Bashar era in difficoltà , attaccato e biasimato da varie  parti . Come si sospettava, con la rivolta era iniziata anche  l’attività di gruppi organizzati, estremisti e terroristi, molti provenienti da oltre confine, forze nemiche del regime. Si cominciò a sentire dei modi atroci in cui applicavano  la shari’ah .
A Rakka, più a nord, uno di questi gruppi, Daesh, aveva preso il controllo di un territorio non dappoco ,e avevano proclamato il Califfato, la legge islamica più integrale. I  tour, che già si erano diradati, cessarono del tutto…non si videro più le frotte di occidentali vocianti, i pullman, i baksheesh..Perchè ? chiedevo..Non è più sicuro, per americani, francesi ,occidentali ,mi rispondevano i tecnici con cui si era costruita negli anni familiarità..Ce ne andiamo anche noi,Ahmad, il rischio è grave…no, non credo voi corriate pericolo, questo patrimonio interesserà mantenerlo anche ai fanatici, caso mai arrivassero fin qui..Ma un altro invece era molto meno ottimista : Ricordati cos’è successo ai Buddha di Bamyan, in Afganistan, questi fanno la tabula rasa!
Lo stato d’animo, fra noi, divenne da guardingo,sempre più angosciato, sgomento. Un ingegnere italiano ci parlò di una storia , “Il deserto dei Tartari”, dove , diceva,” in un forte isolato dei soldati attendono una misteriosa invasione” . Rimasi molto colpito, da quella storia, mi sentivo in  un identico stato d’animo.  Molto spesso avevo l'idea che quel tempo sospeso  dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così il resto della  vita. Sarebbero arrivati per noi  rinforzi, come alla fortezza Bastiani?
Purtroppo non i rinforzi giunsero, ma arrivarono le camionette con le lugubri insegne nere  di Daesh, i miliziani si materializzarono come avvoltoi famelici, diavoli.
Non sono stato eroico, neanche un po’. Cosa potevo fare? Ero poco più di nessuno..ho indossato la tuta più logora, stando attento che non avesse qualche marca del mercato occidentale…pensate che un giovane, poco più di un ragazzo, era stato ucciso, solo perché portava dei calzoni corti, quelli che chiamano bermuda, e capelli sfumati,con un taglio all’occidentale!  continuavo a tenere  pulito, passando la ramazza, facendo finta di non capire, di passare inosservato, di non interessare a nessuno..
Se qualche sgherro mi chiedeva qualcosa, lo assecondavo subito… dicevo tutto quello che sapevo, ma cosa volete che sapessi? Ho aperto  qualche magazzino, tanto per risparmiargli la fatica di far saltare le serrature, ma c’erano arnesi, sacchi di cemento, piastrelle…mi chiedevano  perché lavoravo in quel luogo dove non c’era niente del vero Islam, dove erano aperte le porte per gli infedeli occidentali…ho risposto  che sono  cresciuto nella città, senza nessuno, e che mi hanno  portato lì a pulire, fin da ragazzo,  e solo  così non sono  morto di fame …Mi hanno messo a pulire la mensa, dove si cuocevano  cibi in abbondanza, c’erano molti avanzi, di montone, di grano, verdure, mi potevo nutrire a  sazietà..c’erano ambiti di divertimento, voci levate, risate, vedevo delle giovani che prese, spogliate, erano costrette a danze oscene, ad atti osceni… le rose e  lo scudiscio  …ma  le rose erano sparite   ..e poichè la sura IV, An-Nisa, consente di prender per mogli le schiave, ma non il libertinaggio, allora s’improvvisavano false  nozze....
Per Khaled, il Direttore, è stato terribile … violenze,  torture, ma  lui non rivelò mai ciò che i carnefici volevano sapere, e infine il corpo fu trovato, massacrato e decapitato.
Un uomo oltre gli ottant’anni, distrutto insieme alle meraviglie che aveva contribuito a tenere nel loro splendore, per tanti anni, e che ora erano diventate polvere di storia,null’altro. Lo hanno lasciato agli avvoltoi, ai corvi…
Dunque non erano  arrivati i rinforzi..erano arrivati i Tartari …l’ingegnere italiano che mi aveva raccontato questa storia era ormai lontano, per  sua fortuna, io volevo  chiedere a lui o  a chi l’ha scritta come sarebbe andata se il finale della storia fosse stato questo … forse mi direbbe che, come il tenente Drogo, anch’io avrò raggiunto uno scopo  se saprò sconfiggere la paura di morire.
Stavo lì, e tremavo . Non avevo  il coraggio di tentare la fuga, per dove? c’è deserto da ogni parte, c’è guerra da ogni parte.. aspettavo che il Sole inghiottisse la Luna, che la sua luce si spegnesse, le piante morissero fino alle loro radici e  la terra si squarciasse … stavo lì , nella mia vigliaccheria e vergogna … come un’eco muta, sentivo dentro di me orecchie assordate da urla di ogni parte.. pensavo di rifugiarmi  sotto la polvere per sfuggire ai diavoli del deserto, di farmi  una corazza con una corteccia  di sicomoro, come quella  dove dicono si fosse rifugiato Musa, prigioniero della gabbia numero 6…
E poi sono arrivati i russi e gli iraniani , con loro l’esercito di Bashar, risorto negli ultimi mesi…le rovine, dolenti, sfregiate, respirano,guardano un po’ stranite questi nuovi liberatori…mi ha telefonato l’archeologo italiano:” Ahmad, forse torniamo!”..lo spero, perché io sto tremando di nuovo, per il timore che qualcuno non mi denunci di aver collaborato con Daesh, di aver mangiato i loro avanzi!

Dario Varini






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