lunedì 20 febbraio 2023

Un anno di guerra, congetture sulle possibilità di pace

Un anno fa con l’avanzata russa nel Donbass  esplodeva un conflitto,per altro già in atto perlomeno  dal 2014.

Nel’14, in Ucraina era  avvenuta la  svolta governativa antirussa,e da Mosca si procedeva all’annessione della Crimea, considerando ormai vanificata  la distensione fra  i  due Paesi com’era stata cercata  in quell’URSS degli anni’50 in cui Kruscev aveva destinato la penisola sul mar Nero al controllo di Kiev ,in tentativo di definitiva riconciliazione dopo i rapporti non certo positivi del periodo di Stalin.

La crisi ucraino-russa non era per altro risolta,poiché nell’area del Donbass la conflittualità permaneva,e gli accordi di Minsk proposero regole che non vennero rispettate dai due contendenti, non è chiarissimo in qual  misura da parte dell’una o dell’altra.

La crisi e le aggressioni reciproche nel territorio conteso si sono  trascinate per otto anni, fino al deflagrare del febbraio scorso, con l’avanzamento russo in territorio ucraino, e la riproposizione internazionale  di una situazione simile alla guerra di Corea degli anni’50, con coinvolgimento degli U.S. e dell’UE,    allarme diretto dei Paesi confinanti, baltici, Polonia, Moldavia e  forte preoccupazione da parte  degli scandinavi.

Dopo un anno di conflitto,il giudizio e le prospettive sull’esito rimangono incerte. Non mi propongo per l’ analisi di come proceda la guerra, dei suoi orrori, chi ne abbia interesse, chi abbia fatto troppo per inasprirla  o troppo poco  per fermarla ecc. quale possa essere l’esito, ma per altre considerazioni che hanno di mira ipotesi di risoluzioni più ampie.

Se i rapporti fra l’Impero russo e gli Stati occidentali non sono sempre stati pacifici, come dimostrò  la guerra di Crimea della metà del sec.XIX, che resta l’esempio diretto più prossimo all’attuale, è con la rivoluzione bolscevica che venne  a originarsi una divisione sistemica mai colmata e deleteria per le sorti del Continente.

Fin che si trattava d’Imperi e di dinastie regnanti, Romanov, Asburgo, Hoenzollern ecc.poteva esserci guerra, ma all’interno di un simile sistema di dominio era più facile trovare soluzioni.

Bolscevismo russo  e antibolscevismo internazionale  hanno operato di rimando per sostenere una nuova più profonda conflittualità  dal 1917 al 1941, quando poi oggettivamente il bellicismo nazista portò come conseguenza  un’alleanza fra URSS e Occidente, ribadita da operazioni di pacificazione nel dopoguerra , quali il trattato di Yalta, poi negli anni’70 con  l’Ostpolitk di Brandt, Scheel, Kosigin e Gromiko e ancora   vent’anni dopo il periodo  di Gorbaciov e della dissoluzione dell’URSS , e ancora fasi di distensione, già con Putin, agli  inizi del nuovo secolo.

L’opzione bolscevica, derivata da Karl Marx e dall’ipotesi socialista o comunista di realizzazione di condizione di maggiore o totale uguaglianza sociale ecc., intesa come missione di salvazione, procedeva anche, in un certo senso, sia pur sulle  linee  del materialismo storico , dall’eredità dell’impero cristiano bizantino di difesa dell’ortodossia  e della sua oikoumene .

Il culto della  terra russa, il concetto di panslavismo derivavano  tra il secolo X e XI  dalle origini della Rus’di Kiev e successivamente dall’affermazione dello Stato moscovita .

A seguire,l’espansionismo russo era inteso internamente come imperialismo difensivo, nozione già in uso presso l’antica Roma, l’avanzamento della frontiera con l’acquisizione di territori di confine in funzione difensiva e di protezione dello spazio russo. Il  sentimento nazionale russo ha acquisito forme messianiche e universalistiche, che sono state fatte proprie, in una versione rinnovata, anche dal marxismo sovietico.

La presa di potere dei bolscevichi in Russia pareva confermare  le prospettive di sovversione globale diffuse dalle Internazionali marxiste. Nei primi anni del potere leniniano l’obiettivo che il nuovo gruppo dirigente di  Mosca intendeva perseguire era la rivoluzione permanente e diffusa, come un momento decisivo di palingenesi della realtà russa e mondiale. Con Stalin questo progetto oltre che tornare  a ritrarsi sulla difensiva, come anche il patto con Hitler stava a significare, mostrò i terribili limiti di un governo totalitario repressivo di ogni pluralismo anche spirituale, culturale, religioso e ideologico, oltre che economico.

Quanto ciò fosse nel destino della coniugazione dell’ideologia marxista con i tratti sistematici russi, e quanto abbia influito l’ostilità e la bellicosità nei loro  confronti da parte occidentale,  non può avere una misura  certa.

L’aggressione nazifascista all’Europa ebbe come conseguenza lo  scardinamento dell’unità occidentale di avversione all’URSS e portò ad una nuova dimostrazione di potenza della nazione russa. Con il secondo dopoguerra per l’URSS e  con il Trattato di Yalta  si rese possibile la creazione di una fascia di sicurezza alle frontiere occidentali , che passava per la sottomissione dei Paesi dell’est Europa fino a Berlino , sentita   come “un’eredità degli zar russi, che avevano avvertito il libero accesso al Mar Nero al sud e al Mar Baltico al nord indispensabile affinché la Russia potesse affermarsi come la maggiore potenza europea e potesse difendere le sue vulnerabili frontiere” ( Gabriel Gorodetsky).

Fu per altro un  processo totalitario per cui  stati europei, subirono  l'occupazione militare, parziale o totale, delle armate sovietiche . I popoli dei Peasi baltici, di Polonia,Germania est, Cecoslovacchiai, Ungheria, Romania e Bulgaria , come pure nei regimi nazionali in Albania e Jugoslavia  , si videro privare di possibilità di scelte, delle libere associazioni, dei partiti politici, delle Chiese, dei mass-media  indipendenti, una volta imposto il controllo da parte dei comunisti. I Regimi comunisti imposero il  controllo totale della vita degli individui, e la coercizione fu il mezzo praticato, tramite l'organizzazione di potenti apparati di polizia per praticare il terrore, il monopolio delle informazioni e l'a pianificazione dell'economia. La dominazione dello Stato prevedeva il bando degli altri partiti politici, delle società private, delle scuole private e delle associazioni giovanili.

Quando sul finire degli anni’80  questo sistema collassò, Gorbaciov ebbe a tentare un compromesso con la NATO che prevedeva una sottintesa cooperazione per mantenere almeno la  neutralità dei Paesi dell’est, che non ebbe però a durare.

Nell’ottica precedentemente descritta si può ritenere con quale preoccupazione da parte russa, una volta oltrepassate le difficoltà della transizione in un rinnovato sistema autoritario, si valutassero la dissoluzione dell’URSS, l’indipendenza dei Paesi dai baltici alla Romania, l’avanzamento della NATO. Finché nel momento in cui anche l’Ucraina si venne a prospettare  come nuova perdita di frontiera, c’è stata la risposta di Putin e quanto successo a seguito.

D’altra parte,in Europa occidentale e negli  USA, nell’ambito dei Paesi orientati  al liberismo economico capitalista, fin dall’ostilità al colpo di stato bolscevico e alla politica sovietica si svilupparono  risposte orientate a ostacolare e far cadere il nuovo regime,ad impedire l’espandersi delle idee e delle pratiche del marxismo-leninismo dove avessero incidenza, verso gli anni’20 in Austria,Ungheria, Germania, Italia, in seguito, dopo il ’36,  in Spagna.

L’anticomunismo divenne principio costante nella politica degli Usa   anche  nel secondo dopoguerra , caratterizzata da una diffusa paura dell'influenza di gruppi comunisti e anarchici  sulla società statunitense e delle loro  possibili infiltrazione spionistiche o politiche. Queste paure originarono investigazioni aggressive e la creazione della CIA (Truman,1946), preposta soprattutto in funzione di spionaggio e controspionaggio  antirusso. Medesimi principi, alternati come detto a politiche di distensione, furono presenti anche in Europa.

La guerra di Corea, quella del Vietnam la rivoluzione di Castro a Cuba,movimenti marxisti-leninisti in  Centro e Sud America,Africa, Asia, e quelli fra anni fra la fine dei ’60 e gli’80 in Francia, Italia, Germania, il ’74-’75 portoghese, la guerra d’Afghanistan, la dissoluzione della Jugoslavia , sono state le tappe del conflitto “freddo”fra i sistemi del  liberismo capitalista e quello sovietico e in generale comunista, fino alla dissoluzione dell’URSS.

Gli strascichi lasciati da quello che si può storicamente ritenere come il secondo crollo della Russia verso la fine degli anni’80,  dopo quello  dell’Impero degli zar, soprattutto con l’avanzamento della NATO, hanno condotto al conflitto attuale.

Ci possono essere stati fraintendimenti internazionali, fattori come la crisi economica, le stime degli effetti della pandemia, che hanno  forzato gli eventi. In occidente il partito della fermezza più rigida  nei confronti della Russia ritiene che “Putin ha avuto l’impressione, sia da Barack Obama sia da Donald Trump che gli Stati Uniti non si curassero più di tanto dell’Ucraina; così come ha avuto anche l’impressione da parte di Angela Merkel che le relazioni economiche della Germania con la Russia fossero molto più importanti dell’Ucraina”. (Anne Elizabeth Applebaum )

Se il presente parla di difficile risoluzione, tuttavia l’esito, benché non appaia prossimo, potrebbe porsi come fattore di una nuova svolta storica.

Credo che le migliori intelligenze, oltre che cercare strade per la risoluzione del conflitto in corso, abbiano necessità di perorare un progetto che attraversi la storia, cercando di oltrepassare soprattutto quella di un secolo che ha visto scavarsi un solco nei rapporti fra occidente e oriente d’Europa, come sopra descritto.

La Russia è stata nei secoli variamente alleata d’inglesi e germanici, prussiani e austriaci, contro Napoleone, di inglesi e americani contro il nazismo, la storia  può cercare di rintracciare le possibilità  presenti in questi frangenti d'intesa , positivi anche se limitati nel loro manifestarsi  dalla contingenza delle ostilità .

La distensione dei rapporti, mai veramente pregiudicata fra Russia e Paesi dell’Europa occidentale, dovrà certamente passare attraverso i confronti con i  paesi dell’area slava, dai baltici e Polonia all’Ucraina, i Paesi di confine, i più scettici, per non dire avversi, sulle possibilità d’intesa con la Russia, e se nel presente una nuova distensione  sembra un miraggio, un’allucinazione ottimistica, non deve venir meno la considerazione per  un futuro magari lontano, ma non improponibile,se ci saranno uomini rappresentativi e movimenti popolari in grado di spingere internazionalmente per una pacificazione .

Al momento si parte dalla realtà di manifestazioni come la  marcia straordinaria tra Perugia e Assisi che si svolgerà la notte tra il 23 e il 24 febbraio per chiedere il cessate e il fuoco e l’avvio di una seria trattativa per arrivare alla pace tra Russia e Ucraina, così molte le manifestazioni in Italia e nel Mondo. Solo in  Europa le iniziative sono numerose: molti gli  appuntamenti in Germania (tra cui Berlino, Francoforte, Amburgo) e Spagna (tra cui Barcellona, Madrid, Siviglia) e Portogallo. Più di 15 gli eventi confermati anche in Francia (compresa Parigi) e mobilitazioni programmate anche a Londra, Bruxelles e Vienna. Manifestazioni anche negli USA, come a metà gennaio a  a New York, nella centrale  Times Square e poi presso il People’s Forum.

L’importanza di questi movimenti non si traduce in una rappresentanza politica adeguata per numero e decisioni  interna ai Parlamenti nazionali ed Europeo,e questa è una dimostrazione del limite delle stesse democrazie, nel cui principio si esprimono i Governi occidentali contro le autocrazie dell’Oriente.

Ovvio che perché questo fermento per la pace portasse a sviluppi più consistenti, dovrebbe originarsi anche in Russia, diffondersi in Oriente,dove la repressione di queste istanze pacifiste  è pressochè totale. Questa enorme contraddizione è radicata nella differenza che diventa ostilità fra sistemi politici, culture  e religioni ecc.

E tuttavia esistono anche esempi positivi,possiamo riferirci a quello del Vietnam , dove dalla fine degli anni’80 , il governo, per quanto definito comunista,  ha avviato una serie di riforme economiche e politiche chiamate Đổi mới, che hanno aperto il Vietnam al libero mercato e all'integrazione nell'economia mondiale con la  Trans Pacific Partership, accordo commerciale multilaterale di libero mercato  che coinvolge una vasta area economica e geopolitica affacciata sul Pacifico, di cui fanno parte dodici Paesi, tra cui anche Giappone,Australia, Canada e Messico.

La differenze di identità, diproporzioni, di peso specifico internazionale ecc. rispetto alla Russia  sono ovviamente notevoli.Può interessare però che in Vietnam esiste da tempo una sorta di pluralismo, almeno religioso ed etico, basato sulla fusione  dei cosiddetti "tre insegnamenti" (Tam Giao):il Confucianesimo, il Buddhismo e il Taoismo.. La maggioranza dei vietnamiti si identifica generalmente come buddista, ma nell'ambito familiare e civico segue il Confucianesimo, la cui etica e pratica sono improntate alla volitività e determinazione che ne  hanno favorito lo sviluppo economico; mentre per ciò che riguarda l'interpretazione della natura e del cosmo segue il Taoismo. E con altri culti nazionali, anche il cattolicesimo è presente per un 10% che  in valore assoluto rappresenta la maggiore comunità asiatica, dopo le Filippine.

Come dire una funzione positiva della religione, a differenza di quanto avviene per i  fondamentalismi dell' Ortodossia e dell'Islam

L'altro esempio per prospettare una possibile convivenza interetnica nel Donbass, potrebbe essere quello,per quanto ancora embrionale e  difficoltoso, della regione serbo-kosovara. Similmente al Forum di dialogo nell'area a nord-est di Pristina, gli accordi di Minsk avevano prospettato per  il territorio del Donbass un governo ucraino, ma con rispetto dell'autonomia per l'etnia russa. Evidentemente non c'è stato funzionamento,nel frattempo il controllo di un'importante parte del territorio è passato alle neoproclamate  repubbliche di Donetsk e Lugansk filorusse.

Ma, conclusione scontata, in ogni caso  la strada della tolleranza reciproca  sarebbe l'unica praticabile oltre quella del conflitto continuato.