venerdì 2 settembre 2022

Stato, rivoluzione, conflitto

 

«Quest'opera produrrà certamente, col tempo, una rivoluzione negli animi ed io spero che i tiranni, gli oppressori, i fanatici e gli intolleranti non abbiano a trarne vantaggio. Avremo reso un servigio all'umanità.»

Lettera di Diderot a Sophie Volland del 26 settembre 1762

Fra i primi teorici nella storia  di un programma di radicale intervento sociale, Denis Diderot, riferendosi all’ Encyclopédie, dimostrava di essere consapevole delle speranze, ma anche dei rischi che un  rivoluzionamento avrebbe potuto produrre.

Come tutti sanno, la società umana è stata improntata per millenni dal dominio di una classe aristocratica (dai signori della guerra, ai feudatari e ai  nobili grandi proprietari fondiari)  sul resto della popolazione,più o meno stratificata e asservita.

E’ con l’età tardo medievale e moderna che progressivamente avvengono importanti movimenti socio-economici, destinati a cambiare l’ordine esistente. Pensiamo all’esempio dei Comuni italiani e delle Fiandre, dove corporazioni  di artigiani assumono una nuova dignità, dove l’importanza del denaro promuove il ceto dei banchieri e finanzieri; o nel ‘500 all’impatto del messaggio religioso luterano-calvinista sulle società nordiche, per cui  la stessa aristocrazia s’avvia ad una posizione meno parassitaria, come segnato dalla rivoluzione inglese della metà del XVII secolo.

La sfida delle rivoluzioni contro i prevalenti sistemi mondiali è un motore della Storia, motore di distruzione , provocazione,  avanzamento, a seconda delle fasi.

Per le condizioni di reiterato sfruttamento e ingiustizia da parte della corte monarchica e per l’insegnamento delle idee illuministe, in Francia ,alla fine’700, matura la rivolta contro il predominio aristocratico,fondato sulla rendita, sullo sfruttamento della proprietà fondiaria attraverso la  servitù contadina e le tassazioni esorbitanti nei riguardi di commercianti, artigiani, borghesia media e piccola.

La Francia della Convenzione ecc. , dove per il contrasto fra rivoluzione e reazione  si manifestano  aspetti di estremismo e  terrore, diventa nemica dell’Europa.La società francese, rivoluzionata per una decina d’anni dagli eventi violenti, da guerre interna contro la reazione  ed esterna da parte delle monarchie europee,  trova una nuova dimensione intermedia con la dittatura di Bonaparte, che per una quindicina d’anni domina il Continente, fino a che la coalizione monarchico-aristocratica delle altre Nazioni europee lo sconfigge e restaura la Monarchia borbonica.

Questo andamento degli eventi  si è in certa forma ripetuto nella prima metà del XX secolo  per la Germania nazista  ,nei rapporti con l’Europa e il Mondo. Prime fasi interne violente nel procedere degli anni’30, con egemonia del nuovo gruppo di potere, poi una fase di dominio sull’Europa, e infine la sconfitta nella seconda grande guerra mondiale da parte della coalizione liberal-democratica e social-comunista.

Differente è stato  l’andamento degli eventi in relazione alla rivoluzione russa dei primi Novecento.

Se la rivoluzione francese , le idee illuministe e Bonaparte  avevano più che altro promosso l’avanzamento della borghesia, verso la metà del XIX secolo, con le dottrine di Marx e dei socialisti, era la classe dei lavoratori proletari ad essere indicata come necessariamente attrice di una rivoluzione sociale radicale e definitiva.

In Russia, nel corso della prima guerra mondiale, la rivoluzione bolscevica,ispirata dalle idee di Marx, si manifesta  contro l’aristocrazia interna, e, per via dei principi propugnati,  contro la borghesia capitalista mondiale che paventa il diffondersi del socialismo o comunismo, come accennatosi nel dopoguerra anche   in Germania, Austria e Ungheria,Italia.

Il bolscevismo, dapprima sotto la guida di Lenin, avvia un rivolgimento politico e  sociale destinato a mutare il corso della Storia, paragonabile per importanza  a quello dei rivoluzionari francesi, alle idee illuministe si sostituiscono quelle marxiste.

Come in Francia, in condizioni di dissesto economico e finanziario e carenza della dirigenza monarchica, un gruppo egemone  di politici rivoluzionari attua un colpo di stato che non solo solleva la  società nazionale, ma con il nuovo ordine si erge a minaccia di quello preesistente in altre Nazioni.

 Gli eventi iniziali si svolgono nel clima dell’economia di guerra; dai confronti bellici  con i vicini Imperi   la Russia è tratta con fatica, ma una volta terminato il primo grande conflitto mondiale  l’Armata rossa si trova ben presto a  sostenere la reazione delle Armate bianche sostenute  dai Paesi occidentali.

Il Governo sovietico origina riforme sociali d’importanza eccezionale, in relazione soprattutto alla proprietà privata. Lo Stato detiene immediatamente  quella relativa all’industrializzazione, mentre per più di dieci anni si mantiene  una relativa incertezza di organizzazione  rispetto a quella agricola.

Negli anni’20, già declinante il potere e la vita di Lenin, fra i leader rivoluzionari, Bucharin,  inizialmente appoggiato da Stalin contro Trotskij, ritiene utile mantenere la possibilità di una certa iniziativa e proprietà personale contadina

«Vi è una situazione per cui il contadino ha paura di farsi un tetto di lamiera perché teme di essere dichiarato kulak, se acquista una macchina cerca di fare in modo che i comunisti non se ne accorgano. Le tecnica avanzata è divenuta clandestina [...] oggi questi metodi ostacolano lo sviluppo economico. Oggi dobbiamo eliminare una serie di restrizioni per il contadino agiato da un lato e per i braccianti che vendono la propria forza lavoro dall'altro. La lotta contro i kulaki deve essere condotta con altri metodi, per altra via [...] A tutti i contadini complessivamente, a tutti gli strati di contadini bisogna dire: arricchitevi, accumulate, sviluppate le vostre aziende. Soltanto degli idioti possono dire che da noi deve sempre esserci povertà [...] Cosa otteniamo per effetto dell'accumulazione nell'economia contadina? Accumulazione nell'agricoltura significa domanda crescente di prodotti della nostra industria»

Con il "decreto sulla terra" del novembre 1917 le terre erano state tolte ai grandi proprietari , mentre era stata mantenuta una piccola proprietà,quella dei kulaki. Tuttavia il comunismo di guerra  deciso dai bolscevichi   comportava, tra le altre misure, il divieto di commercio privato e la requisizione forzata di tutto il grano eccedente le necessità di sopravvivenza e di semina dei contadini. Nel marzo del 1921 il comunismo di guerra fu accantonato per essere sostituito dalla Nuova politica economica,(NEP), che reintroduceva possibilità di profitto individuale e di libertà economica. Le requisizioni forzate di grano cessarono, per essere sostituite da un'imposta in natura; inoltre il contadino aveva la possibilità di vendere le proprie eccedenze. Questi provvedimenti favorirono la ripresa del ceto dei kulaki. Era un tempo in cui i fermenti rivoluzionari bolscevichi mantenevano una dinamicità sperimentale non del tutto ostile a certa liberalità .

Di altro avviso era Trotskij, sostenitore di scelte più radicali, per cui il mantenimento di una sia pur piccola proprietà, andava contro i principi comunisti della parità di ricchezza e  rappresentava una minaccia allo sviluppo della  rivoluzione. Per  cui era necessaria la soppressione  socio-economico delle classi aristocratica e contadino-proprietaria,i kulaki, anche per devolvere i proventi sottratti a favore del potenziamento dell’industria di Stato, settore in cui la Russia portava molto ritardo rispetto all’Occidente .

Stalin inizialmente parteggiò per Bucharin,in funzione antitrotskijsta.

Però, nel 1927 , avendo già i controllo del governo sovietico, in occasione di una crisi agricola, il leader georgiano  ripristinò le misure sulla requisizione di cereali tipiche del comunismo di guerra.

Abbandonate totalmente le tesi di Bucharin, e anzi entrato in contrasto con lui, Stalin introdusse una pianificazione integrale dell'economia. Questo portò alla collettivizzazione forzata delle terre, utilizzata come metodo per trasferire ricchezza dall'agricoltura all'industria: le terre vennero unificate in cooperative agricole, i Kolkhoz o in aziende di stato ,i Sovckoz, che avevano l'obbligo di consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo stato.

Molti kulaki si opposero fermamente alla collettivizzazione, nascondendo le derrate alimentari, macellando il bestiame ed anche imbracciando le armi. Stalin reagì ordinando l'arresto degli oppositori, che venivano condannati, a seconda della gravità dei loro atti, dai 5 ai 10 anni di internamento nei gulag .Secondo gli archivi ufficiali i kulaki internati totali nei gulag furono circa 2,5 milioni di persone, dei quali perirono in 600.000, la maggior parte tra il 1930 e il 1933.

«Per eliminare i kulaki come classe non è sufficiente la politica di limitazione e di eliminazione di singoli gruppi di kulaki [...] è necessario spezzare con una lotta aperta la resistenza di questa classe e privarla delle fonti economiche della sua esistenza e del suo sviluppo.»

(Iosif Stalin)

Nonostante le varie sfumature e la lotta personale per il potere, la nomenklatura  bolscevica disegnava  un sistema socio-economico che realizzava questa  forma di comunismo. Al di là di accenni momentanei, come nella Commune di Parigi, nella Storia era la prima situazione in cui si provava a praticare la teoria marxista.

Come detto ,questo avvenne originando di fatto  una sfida nei confronti dell’ordine mondiale dominante, basato sul liberismo economico, la proprietà e l’imprenditoria privata e le differenze di classi.

Il comunismo che derivò dalla rivoluzione bolscevica portò ad un livellamento popolare, che esprimeva la dimensione  della massa che divenne   l’interesse precipuo  del governo dei soviet, non gli individui. Questo dato di fatto era la conseguenza di un’idea di comunismo materializzata più dal punto di vista del dovere che da quello del diritto. Abbiamo il dovere di comunistizzare, di non avere più di un altro, come tutti quanti; invece che abbiamo il diritto di avere tutti un’alimentazione, un alloggio, mezzi di mantenimento ecc adeguati ad un’accettabile esistenza.

Con l’essere comune della massa, l’individualità finiva per essere vista come una diversione ,una devianza dal principio comune, gli individui che insistevano nei principi della singolarità e personalità, dovevano essere corretti, il loro principio   poteva essere sacrificato per il bene della collettività .

In nome di questo principio , era attuata l’emarginazione , abbandono o soppressione degli individui, quando ritenuti nemici o superflui per il buon funzionamento della macchina sociale-statale.

Per il singolo  integrato alla massa non sono ammessi  i contorni personali spirituali e di pensiero:deve essere ideologicamente ortodosso, preparato sui testi fondamentali, addetto in modo ligio alla mansione lavorativa che il soviet propone.

Di fronte all’ostilità generale delle Potenze mondiali, nell’unica Nazione comunista la preoccupazione prima del Governo dei soviet è che nella popolazione vi sia un’unità totale di principi e intenti intorno a quanto decisivo dal Politburo bolscevico.

Fa parte della massa positiva  chi accetta con manifesto entusiasmo questa adesione volta alla realizzazione del comunismo.

Il fine economico, fondamentale per la sopravvivenza e lo sviluppo del nuovo Stato, è l’aumento della produttività agricola, della crescita  industriale. La produzione serve soprattutto all’esportazione, di alimentari e manufatti,perché lo stato sovietico abbisogna di capitali per implementare la macchina industriale.

Per questo, pur lavorando, il cittadino sovietico vive in spazi ridotti, case collettive , con alimentazione razionata,in un livellamento egualitario minimo. Lo Stato non indirizza i proventi del lavoro ai fini del benessere immediato, ma propone una fase di accumulazione in vista di un benessere futuro.

In questo il governo sovietico non faceva che continuare la condizione di miseria, soprattutto abitativa,in cui versavano da secoli le popolazioni dell'est, appena tratte dalla servitù della gleba. Anche nel senso del comunismo agricolo,l'organizzazione sovietica dei kolchoz esprimeva continuità con la struttura dell'obščina zarista, la lavorazione in comune delle terre, fino alla sua dimensione politica assembleare del mir.Il servo della gleba liberato non aveva mai trovato vera e propria indipendenza. La vera novità del nuovo ordine era la soppressione delle grandi proprieà fondiarie (e poi, come detto,a nche delle minori)passate ora allo Stato,(Sovchoz)

Il benessere futuro di una società senza classi, come preconizzato da Marx, sarebbe  anticipato nella modalità bolscevica da una società senza classi e senza benessere materiale, una società del sacrificio di almeno una generazione  in vista del benessere futuro, secondo uno spirito missionario che era da considerare il bene precipuo di quell'attualità..

Il governo sovietico simbolizza in Palazzi di Governo,in sedi dei Soviet,la grandezza possibile  del proprio  sistema:pochi edifici o costruzioni fastose, ereditate dalle proprietà nobiliati soppresse o di nuova costruzione secondo i dettami dell'architettura rivoluzionaria ( come a Mosca quella di Aleksej Shchusev, ideatore del Mausoleo Lenin, o di Konstantin Melnikov per i centri comunitari, o  Ivan Fomin nella ricostruzione di San Pietroburgo-Leningrado), che le masse ammirano e possono frequentare in occasione di riunioni, assemblee  o celebrazioni. Una casta burocratica privilegiata,la nomenklatura del PCUS, gode direttamente di questi privilegi, come esempi di quello che un giorno potrà spettare a tutti.

La premessa e promessa  bolscevica  è che dopo qualche decennio le condizioni miglioreranno per tutti, e il sistema socialista sovietico si affermerà, mentre quello capitalista,travolto da contraddizioni interne e dalla differenza di potere delle varie classi sociali, imploderà per una crisi irreversibile.

Le condizioni e la crisi generale degli anni’30 ,se da un lato pareva dimostrare la validità della tesi marxista, come accennava in USA la svolta del New Deal , dall’altro non portò giovamento al giovane sistema sovietico, costretto a sua volta a fare duri conti con la penuria generale, interna ed esterna.

Notevole nella nuova URSS era  anche la massa degli esclusi anche dalle condizioni minime d’integrazione. L’ideologia dominante  portava il cittadino militante a non provare pietà,compassione, verso chi si trovava negli stenti, nell’indigenza assoluta, verso chi veniva arrestato o soppresso, si ritiene siano residui aristocratici o kulaki, nemici del progresso sovietico, corrotti dall’ereditarietà o discendenza comportamentale e ideologica.

In trent’anni circa  di stalinismo, con l’aggravio di condizioni  della seconda grande guerra mondiale,il sistema e la società sovietica mantennero questa fisionomia. In politica estera dagli anni’30 si manifestarono mire espansioniste,non tanto nell’ottica trotzkista della rivoluzione permanente, quanto nell’egemonia di Mosca e della teoria del socialismo in un paese solo su etnie vicine, come quella degli ucraini,e dopo il patto con i nazisti, dei polacchi, dei baltici. Di fatto comportava uno sfruttamento di queste popolazioni,in ottica più imperialista che socialista.  La vittoria nella guerra consentì poi l’egemonia sull’intera Europa orientale e la formazione di una vasta area di  stati satelliti, dai baltici agli slavi sudorientali e romeni. La politica estera sovietica ebbe ingerenza in Africa, in Oriente ,culminata nel ’79, nell’era di Breznev, con l’invasione dell’Afghanistan, che comportava il perdurare, nonostante gli accordi di Yalta, di una sostanziale condizione di guerra fredda con l’altra grande potenza USA. Anche nell’America latina e nell’Europa occidentale, fra gli anni’60 e ’80, vi furono manifeste presenze sovietiche. Era ormai evidente che lo Stato comunista esprimeva una politica estera imperialista che riprendeva la tradizione zarista.

Con la fine degli anni’80 e l’implosione del sistema sovietico, nel periodo di Gorbaciov si sarebbe potuta produrre una distensione e avviare rapporti di miglior scambio e collaborazione .

Pare che l’accordo fra i l governo di Mosca e  Washington fosse che la rinuncia al controllo dei paesi dell’est dovesse condurre  questi ad uno stato di neutralità, che la Nato non avviasse una politica di espansione e controllo fino ai confini russi.

Ma già dopo Gorbaciov e i rivolgimenti torbidi interni, il nuovo successore Boris Eltsin aveva espresso chiaramente la sua preoccupazione. In un discorso del 1995 Eltsin affermava:“Coloro che insistono su un’espansione della NATO stanno commettendo un grave errore politico. Le fiamme della guerra potrebbero esplodere in tutta l’Europa.”

Il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton sembrava fargli eco:“Stiamo cercando di promuovere la sicurezza e la stabilità in Europa. Non vogliamo fare nulla che aumenti le tensioni

Questi propositi di distensione non vennero mantenuti .Al termine del XX secolo, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca entravano a far parte della Nato. Estonia, Lettonia e Lituania sono diventate membri nel 2004, insieme a Bulgaria, Romania, Slovacchia e Slovenia.

In effetti, i funzionari statunitensi avevano cambiato idea sulla questione alla fine degli anni ’90. Come ha osservato il vice segretario di stato degli Stati Uniti Strobe Talbott durante un discorso del 1997 a Stanford: “Senza mezzi termini, i russi devono superare la nevralgia su questo argomento”.

E’con queste premesse che si sono  progressivamente deteriorate le possibilità  di distensione e pace in Europa orientale.

Dal 2014, quando i l governo dell’Ucraina operò una svolta occidentale , nell’area di confine del Donbass si inasprirono i rapporti fra russi e ucraini, fino alla proclamazione di repubbliche separate  da Kiev. Nello stesso anno il Governo di Mosca sostenne l’annessione della Crimea ,da qui una progressiva escalation conflittuale fra ucraini e russi  fino all’incremento delle ostilità dal recente febbraio, con importante partecipazione di USA, Ue e Nato.

Definire approfonditamente le caratteristiche delle parti in causa, è il modo per mirare all’obiettività di giudizio,un’altra via che non quella di prendere, appunto,partito, la parte di questa o quella fazione.

Questo spirito, la necessità di prendere parte,  veniva istituzionalizzato nel VI sec.a.C. nell'Atene di Solone, con l'atimia,  la prescrizione appunto di schierarsi nella guerra civile, con la condanna dell'astensione e la perdita dei diritti civili per chi la praticasse. Rimane evidentemente  una sentita opzione umana, ma il trascorrere del tempo ha anche insegnato l'ipotesi di comprendere i conflitti nel senso della reciproca responsabilità dei contendenti.

E' il presente un caso in cui questo si rende oltremai necessario.

Come può essere definito lo spostamento ad est del confine da parte dell’organizzazione occidentale? Può essere vista come

-espansionismo Nato sotto l’egida degli USA  o  diritto a libera  scelta, da parte dei Paesi confinanti, di un’alleanza che garantisca contro il potente vicino imperialista,Russia

Come l’ostilità russa verso l’ avanzamento del sistema occidentale verso est?

-come diritto della Russia di difesa dei propri confini e insieme minacce da parte di Putin e del suo apparato di governo di rifondare la grande Russia o patria slava riassorbendo gli Stati confinanti .

Perché esiste questa difficoltà di rapporti  fra Russia e Paesi occidentali?

Ha origine in una  diversità del popolo russo. Derivante dal panslavismo storico-tradizionale ; dai 70 anni di comunismo e attuali .Questo osservando dal  punto di vista  occidentale  atlantico le ricorrenti fasi storiche di distanziamento e ostilità. Da parte russa viene espressa specularmente la medesima sensazione di diversità del mondo occidentale dominato dal modello americano, nel corso dei secoli vi sono stati fasi di avvicinamento (dagli zar Pietro e Caterina fino a Brandt, Gorbaciov ) e altre di distanziamento e avversione (da Nicola I a Putin da un lato, da Luigi Napoleone a  Biden dall'altro  ).