Questo il racconto da me presentato:
LE
DISAVVENTURE DELLA VANITA’
Un
essere così aggraziato, dallo spirito certo agile eppure vano. Elegante, nelle
parole, volubile, forma scolorata come le ombre dei suoi dialoghi essi stessi
già ombre.
Si
metteva al riparo dall’infelicità, dal rischio, affrontando solo situazioni in
cui poteva godere di un vantaggio. E pretendeva questo vantaggio, creandosi
condizioni a misura per poter dirigere,
comandare, ostentando gentilezza, ma mirando sempre a persuadere gli altri che
la ragione fosse dalla sua parte.
Voleva
dimostrarsi creativo, s’infingeva passioni, s’immaginava di provare sentimenti,
ma le sue erano scolorite impressioni di un estetismo debole, artato, finto.
In
questo mondo di finzione, di
rappresentazione, c’erano persone che credevano a quelle passioni ostentate, a
quel gusto che voleva sembrare finezza; che diventava moda…sapeva crearsi un
entourage .
Mondano,
socievole, sempre in quella socievolezza
superficiale fatta di convenienza che
nega l’autentica socialità, profondità e
costanza di sentimenti, amicizie.
Trovava
però un limite alla sua ambizione. L’apparenza esteriore, anche fisica, non era
sostenuta da una forza interna adeguata, per cui doveva costantemente
economizzarsi per non incorrere in
qualche debolezza che l’avrebbe un po’ screditato, di fronte agli occhi delle
sue numerose ammiratrici, e di qualche ammiratore.
Contrasse
comunque un ottimo matrimonio, con una donna che aveva molti beni di fortuna, e
questo gli permise di abbandonare il lavoro e di dedicarsi alle arti che prediligeva
e che gli consentivano meglio, nel suo
stile, di apparire geniale, inventivo.
Con
i beni della moglie gli fu facile aprire
una galleria d’arte, unendosi qualche valido pittore o scultore, a dire il vero ben più dotato di
lui, che garantiva una certa qualità
della bottega, ma era pur sempre sottoposto alle sue decisioni ,in quanto
proprietario e direttore .
Cercava
nuove vie d’impegno, scelte d’arte che risultassero veramente novitarie, mai intraprese, tali da sbalordire gli appassionati, gli amatori.
Fu
così che non esitò quando ebbe ad incontrare la proposta per la biennale
d’Istanbul: il tema di un’abitazione sulla
quale la natura, gli elementi atmosferici o tellurici finissero per
predominare .
Questa
volta a Richard , perché era questo, lo diciamo adesso, il nome del nostro
ambizioso gallerista, parve di appassionarsi più che in ogni altra occasione.
Sospese
ogni iniziativa della Galleria, assunse qualche architetto di fama, esponendosi
anche un po’ più del dovuto finanziariamente, ma senza allarmare la moglie e il
suocero, che pure fin dall’inizio aveva guardato con una certa diffidenza ai
margini di parassitismo presenti nelle attività del marito di sua figlia. Con
orgoglio, fu l’unico artista italiano ad Istanbul ad avere un ruolo di spicco,
dopo Monica Bonvicini, l’artista già vincitrice del leone d’Oro alla Biennale
di Venezia del’99
Dopo
mesi di studio, si restrinsero a due i progetti più interessanti presi in
considerazione per la realizzazione.
L’uno,
ispirato ad una certa ironia, trovava ascendenze in Le Corbusier: si trattava di una casa il cui tetto a
terrazza veniva realizzato in un adeguato materiale poroso, per cui in caso di
pioggia si condensava un’umidità che creava un ambiente nebbioso all’interno
…”La casa della nebbia”, sarebbe stata questa la denominazione.
L’altro
progetto, decisamente ispirato ad una visione più catastrofica, avrebbe
realizzato su tempi più brevi, pressoché immediati, le previsioni che esperti, geologi, architetti e ambientalisti facevano a
proposito delle edificazioni massicce di Shangai, e cioè quei grattacieli
di 600 metri di altezza che sarebbero
destinati con i l tempo a
sprofondare nel terreno da pianura alluvionale, nel fango e sedimenti che, fra fiumi e mare (non a caso Shangai significa proprio”sopra il
mare”, anche se ora dista una quarantina di km.), risulta troppo soffice, inconsistente
.
I
costi dei due progetti erano molto differenti, ma Oliviero non ebbe alcun
dubbio ad orientarsi per la
realizzazione di quello più ardito, stupefacente
negli effetti che avrebbe provocato.
Il
costo sarebbe stato ingente … ma il gallerista
negli ultimi due anni aveva
cominciato a trovare un po’ limitante quel “successo di routine” provinciale
che l’entourage che si era costruito con
gli anni gli attribuiva, e ora vedeva l’occasione di ingigantire la sua
prospettiva nell’ardita operazione.
Fatti
i conti, Richard pensava di poter
rientrare rispetto a quello che si prospettava però come un esborso decisamente
allarmante, anche per le finanze acquisite
dal matrimonio.
Minimizzò
tuttavia, con i l suocero, con la moglie, tanta era la sua frenesia di non
trovare intralci all’impresa e si trasferì
con la squadra in un’ Istanbul
che appariva ferita dai recenti provvedimenti governativi, per cui erano
finiti in carcere migliaia di progressisti, uomini e donne della politica, della cultura ecc.
Si
trattava di preparare anche con mezzi artificiali un terreno idoneo, e venne scelta un’area un tempo paludosa sul Bosforo, sponda asiatica
; la costruzione non sarebbe certo stata
alta 600 metri, come a Shangai, occorreva ridurre tutto in una scala
accettabile … il problema principale sarebbe stato quello di bilanciare con
esattezza i tempi, perché a seguito
dell’inaugurazione della Biennale, nel momento in cui l’evento era
previsto, si potesse assistere allo
smottamento del terreno, causa il negativo rapporto fra fragilità dello stesso
e peso dell’edificio.
La
squadra si mise all’opera: l’architetto ideatore del progetto, il geologo,
geometri, capimastri e muratori...nella periferia di Uskudar si lavorò il
terreno, si prepararono le fondamenta su cui avrebbero dovuto innestarsi
appositi e celati meccanismi decisivi per provocare a suo tempo il crollo, poi
via con l’erezione dell’edificio che s’ispirava, in forma stilizzata, alla
torre di Galata, giocando però con una certa affinità anche con quella di Pisa, per quanto
riguardava la pendenza...
Il
lavoro si svolse regolarmente fra inverno primavera ed estate, con ingenti
esborsi, per preparare l’evento previsto
proprio per l’inaugurazione, verso metà settembre.
L’attesa
crebbe , divenendo spasmodica in Richard che si stava accorgendo di essersi
spinto troppo oltre, al punto che se
qualcosa fosse andato storto, si sarebbe
trattato di una rovina finanziaria per la famiglia acquisita e ovviamente per
se stesso.
L’architetto
lo assicurava: ”Tranquillo, Richard, è
tutto sotto controllo, ovvio le strutture portanti sono state create deboli ad
arte, ma se non intervenissero i meccanismi preparati per procurare lo
smottamento o la frana artificiali, non ci sarebbe alcuna previsione allarmistica,
almeno su tempi brevi e medi!”
Il
geologo era invece apparso un po’ più dubbioso, a lavori in corso; riteneva che
nell’area scelta il ristagno d’acque fosse ancora troppo importante e che
l’architetto avesse giocato eccessivamente su un’instabilità iniziale, considerando che
in tempi brevi comunque tutto sarebbe stato fatto crollare.
Venne
settembre, si approssimarono i giorni dell’evento. Tutto predisposto, tutto
sotto controllo, assicuravano i macchinisti e i tecnici elettronici che
avvalendosi di strutture sotterranee e semi sotterranee predisposte al momento
opportuno avrebbero dovuto procedere con le scosse alle fragili fondamenta, provocato
lo smottamento del terreno troppo soffice
perché troppo velocemente e
parzialmente era stata bonificata l’area.
Infine,
venne l’inaugurazione. Il titolo di quell’anno era “La natura, un vicino importante ” e nel discorso introduttivo il
direttore volle sottolineare come la maggior
parte degli artisti avesse risposto in
modo molto personale.” Hanno scelto molti
approcci diversi per affrontare questioni come lo sviluppo urbano in rapporto
alla natura, il rapido cambiamento demografico nelle nostre metropoli, il
dislocamento forzato, l’inquinamento ecc.”.
L’evento che riguardava Richard era previsto per il giorno seguente, domenica alle 17. Il tempo s’era
fatto tuttavia minaccioso, annunciatore dell’imminente autunno, aria fredda ad
alta quota s’incanalò dal Mar Nero
attirando l’aria torrida della
lunga estate stanbulina risalente da
terra e originando un’energia di forte intensità che iniziò a dissiparsi per
cielo e per mare lungo il Bosforo, le
cui acque presero a mugghiare in modo inquietante.
Nell’avanzare della serata di sabato fu un primo nubifragio, che iniziò
ad allarmare il gruppo che festeggiava la vigilia dell’evento e dalle vetrate
della discoteca Anjelique, anziché la splendida vista panoramica, si prospettò
l’apparenza di una tregenda in avanzamento.
L’alluvione imperversò per varie ore notturne e
alle 5 del mattino l’area attrezzata nei
pressi di Uskudar era completamente
sommersa; le forti onde, il vento impetuoso , una bomba d’acqua, avevano
terminato di lavorare alla base l’ardita
istallazione che crollò rovinosamente.
Non ci fu rimedio possibile. Un cumulo di macerie
apparve alla vista dei primi operai della manutenzione nel mattino di nuovo
radioso, soleggiato. Impietriti, attoniti, senza alcuna possibile reazione, Richard
e la sua squadra osservavano come
un’allucinazione il cielo e il mare tersi e sereni e lo sfacelo delle rive e della macerie …
L’evento venne ovviamente annullato, l’operazione
biasimata dagli organizzatori per l’insipienza con cui era stata
allestita.
Richard si
trovò rovinato, il suocero poté rivalersi solo parzialmente rispetto ad un’assicurazione con cui ebbe lungamente a
disputare, poiché essa attribuiva alla
cattiva conduzione del progetto l’esito
catastrofico. La moglie, costretta a ridimensionare il tenore di vita, non lo volle più vedere.
Il
nostro visse per qualche anno in povere
stanze a Fatih, un affollato quartiere
d’immigrati, grazie a qualche prestito, e sopravviveva miseramente vendendo
poveri gadget ai visitatori di Sultanahmet . Li costruiva lui stesso, e rappresentavano”La
torre di Galata”, “La torre di Pisa”, e, ahimè, la “Casa-torre” precariamente
eretta a Uskudar e crollata la notte dell’inaugurazione. C’è chi dice di averlo
visto a volte prendere un modellino, e torcerlo con rabbia, scaraventandolo poi
nel Corno d’oro!
Poi
lo scorso anno il capocameriere me l’è venuto a raccomandare, dicendo che
comunque questo Richard aveva un certo
stile, e allora mi ha convinto ad assumerlo...e’così rientrato in patria!
Dario Varini, 2018